Il ministro Tria lancia l’allarme spread sui mutui, incerti «reddito» e «quota 100»

Il ministro Tria lancia l’allarme spread sui mutui, incerti «reddito» e «quota 100»

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Nella corsa verso il baratro per vedere chi si ferma per ultimo – il gioco del pollo \[chicken game\] – evocato dal ministro dell’economia Giovanni Tria per descrivere il conflitto tra Roma e Bruxelles sulla legge di bilancio, l’importante è prendere tempo, anche quando il percorso è segnato. L’intervento di Tria al question time di ieri al Senato, capitato il giorno dopo della bocciatura della manovra da parte della Commissione Ue e a 13 giorni dalla possibile ratifica di una procedura di infrazione da parte dei ministri dell’economia dell’Ecofin, ha reso visibile la difficoltà di esercitare una simile tecnica maturata in corsa, nelle ultime settimane.

TRIA HA RIBADITO che se l’aumento dello spread tra Btp e bund tedeschi persisterà gli effetti sui mutui bancari potrebbero risultare più pesanti. Il messaggio è stato inizialmente rassicurante: le banche tengono, anzi sono «resilienti» e dispongono della liquidità necessaria perché dispongono di una capitalizzazione superiore rispetto al passato. Ma certo, ha aggiunto, se le tensione continuerà «la traslazione sui tassi praticati dalle banche potrebbe risultare più significativa». Il tentativo di Tria è cercare di dimostrare che lo strumento principale usato per lavorare ai fianchi il governo «populista» – «spread» è sinonimo di «mercati» considerati alla stregua del giudice ultimo, superiore alla stessa Commissione Ue e all’Ecofin – non reagisce solo alle scelte politiche di Roma ma anche all’evoluzione del quadro globale dell’economia.

IN QUESTO QUADRO Tria ha inserito il rallentamento della crescita che interessa l’Eurozona, ma in particolare l’Italia, e sembra preparare una «terza recessione devastante» ha detto. La manovra bocciata per una crescita del Pil nel 2019 (1,5%) giudicata troppo ottimistica sarebbe per il ministro lo strumento «espansivo» adatto per «contrastare» un simile rischio che puà riguardare anche altri paesi europei. Questi ultimi, a cominciare dai presunti alleati nel fronte «sovranista» come Austria o Ungheria, non sembrano essere persuasi da questo scenario al punto da avere isolato Roma nel giorno del giudizio. E tuttavia Tria ha ribadito davanti ai senatori che nel «dialogo con la Commissione» l’obiettivo è «di arrivare a una soluzione condivisibile».

QUALE SIA QUESTA, di preciso, questa «soluzione» non è ancora dato sapere. In vista della «cena» di sabato prossimo con il presidente del Consiglio Conte e quello della Commissione Ue Juncker, alla quale parteciperà lo stesso Tria, le parti restano convinte delle proprie ragioni: Roma non arretra dal 2,4% di deficit nel 2019, e dal 2,1 nel 2020, mentre Bruxelles lo prefigura al 2,9% già nel 2019, e al 3,1% nel 2020. Le opzioni di mediazione, se esistono, restano nel frattempo rigorosamente coperte. Ma se si prova ad andare più a fondo delle percentuali, interrogando il ministro sul dettaglio delle misure, in particolare sulle poste in gioco del sussidio di povertà detto impropriamente «reddito di cittadinanza» e sulla «quota 100» detta altrettanto impropriamente «riforma della legge Fornero», non è possibile ottenere risposta.

ANZI, LA NEBBIA è molto alta. In aula al Senato Tria ha confermato che «il disegno delle misure principali della manovra è ancora in via di definizione, per garantire la massima efficacia in termini di occupazione e sviluppo». A chi, poco dopo, tra i giornalisti, ha chiesto lumi, Tria ha risposto che «le novità ci saranno quando ci sarà la trattativa».

QUESTA INCERTEZZA anche sulla natura delle misure che hanno fatto crescere la spesa (il «reddito» è pari a 9 miliardi all’anno, la «quota 100» a 6,7) dipende dal fatto che, al momento, il governo non ha reso ancora noti i dispositivi normativi delle misure. Nel caso del «reddito di precarietà» l’ha rimandati a «dopo Natale» quando la manovra dovrebbe essere approvata. Questa decisione rende surreale anche la discussione sul presunto impatto che queste misure, insieme agli investimenti pari allo 0,2% del Pil e a fantomatiche privatizzazioni pari addirittura a 18 miliardi di euro in un triennio, dovrebbero avere sulla crescita all’1,5%. In compenso Tria ha confermato l’unico elemento certo: il controllo dei conti pubblici sarà assicurato, anche in caso di fallimento delle stime del governo, da un monitoraggio trimestrale. Se l’andamento deluderà le attese dei «populisti» il team «mani di forbice» entrerà in azione. Un’austerità auto-inflitta. Forse è questo l’esito ultimo del gioco del pollo.

* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO

 

image: Metropolitan Museum of Art [CC0]



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