Al senato traballa la maggioranza per i dissidenti grillini

by Andrea Fabozzi * | 15 Novembre 2018 11:17

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Giallobruni. Il nodo dei numeri e dei «dissidenti»: l’ombrello del partito di Berlusconi consente a otto senatori grillini di smarcarsi dal governo. E Di Maio non può correre ad espellerli

La condizione della maggioranza al senato, e in particolare dei 5 Stelle, è ben descritta dal ministro dei lavori pubblici e trasporti Toninelli. Non da quello che dice, da quello che fa. Tenutosi (o tenuto) lontano dal dibattito sul «suo» decreto Genova per tutto il corso dei lavori, prima alla camera e poi in commissione al senato, è comparso ieri in aula a palazzo Madama. Inutilmente le opposizioni lo avevano chiamato a dire la sua nel mese e mezzo che il decreto ha passato in parlamento. Lo hanno visto apparire solo ieri, seduto ai banchi del governo, ma muto alle spalle del sottosegretario Crimi che nel frattempo lo ha sostituito (lui che nel governo ha la delega per l’editoria). Perché Toninelli, nel momento in cui il decreto Genova è arrivato nell’aula di palazzo Madama, è tornato a essere importante. Non come ministro, ma come senatore. Era lì per votare. La maggioranza – in particolare il Movimento 5 Stelle – non può permettersi di perdere neanche un voto.

Come Toninelli e Crimi, anche altri componenti del governo nelle prossime settimane saranno chiamati agli straordinari, a non perdersi le votazioni importanti. Sono nove in totale i senatori al governo, di cui cinque grillini. La non allegra coalizione giallobruna ha ancora otto seggi di margine sulla maggioranza assoluta (fissata a 159 voti). Ma proprio per questo non può permettersi di perdere a cuor leggero i cosiddetti «dissidenti» del gruppo grillino. Martedì sera il governo è finito in minoranza per la prima volta nella legislatura. È successo sul condono per Ischia nel decreto Genova, è successo nelle commissioni riunite dove il margine si restringe proporzionalmente.
A conti fatti adesso Di Maio potrebbe rimpiangere di aver troppo velocemente escluso dal gruppo qualche senatore (Martelli, ad esempio, è stato anche lui decisivo nel voto in commissione). Anzi, probabilmente è proprio per questo che contro i «dissidenti» più in là delle minacce non è ancora andato. L’espulsione può essere un autogol e non a caso l’invito (senza speranze) è a «tornarsene a casa». Liberando un posto per un altro grillino.

L’elenco dei «dissidenti» è noto. Oltre a De Falco e Nugnes (il primo in commissione ha votato a favore dell’emendamento anti condono, la seconda non ha partecipato al voto) ci sono Elena Fattori, che ieri ha parlato di «clima di terrorismo psicologico», c’è la senatrice La Mura e c’è il senatore Mantero: tutti e cinque non hanno votato la fiducia al decreto Salvini. Poi c’è il caso del senatore De Bonis e del senatore Ciampolillo, entrambi usciti allo scoperto contro la decisione del governo sul Tap in Puglia. De Bonis dovrebbe essere espulso anche per le regole etiche interne al Movimento (una condanna dalla Corte dei conti). Ciampolillo ancora ieri era all’offensiva con due emendamenti sul condono per Ischia che la maggioranza ha bocciato, ma che secondo lui erano l’unica garanzia per evitare un condono tombale.

Eppure proprio il decreto Genova e il modo in cui è stato velocemente condotto in porto ieri pomeriggio (solita conduzione sprint di Calderoli) testimonia che queste preoccupazioni della maggioranza non vanno neanche sopravvalutate. Qualche nuovo incidente non si può escludere, ma è quasi impossibile che il governo possa andare sotto in passaggi decisivi. Perché i numeri che sembrano davvero risicati – ripetiamolo, otto voti di margine sulla maggioranza assoluta, sette senatori grillini individuati come «dissidenti», nove senatori impegnati al governo e dunque spesso lontani dall’aula – non contemplano tutti i soccorritori esterni e occasionali dei giallobruni. Ce ne sono tra gli autonomisti altoatesini, ce ne sarebbero probabilmente tra i senatori di Fratelli d’Italia che non di rado hanno votato con la maggioranza. E ce ne sono già stati proprio ieri, quando il gruppo di Forza Italia – ottenuta sul condono la libertà di voto, come fosse una questione di coscienza – ha appoggiato in massa la maggioranza. Respingendo il suo stesso emendamento approvato in commissione. L’ombrello berlusconiano ha consentito così ad altri quattro senatori grillini – Bogo Deledda, Turco, Giarrusso e Vaccaro – di non partecipare al voto, senza fare danno. Senatori che non si può ascrivere alla pattuglia dei «dissidenti», Giarrusso ad esempio è uno dei più allineati e forse era solo dispiaciuto per non essere stato eletto presidente dell’antimafia.
Su Ischia si è tornati al punto di partenza. Il decreto Genova che oggi il senato convertirà in legge, esattamente tre mesi dopo il crollo del ponte Morandi, è tornato a essere quello del condono

* Fonte: Andrea Fabozzi IL MANIFESTO[1]

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