L’europa boccia la manovra gialloverde: «Sul deficit seria preoccupazione»
Manovra. La commissione indica una «deviazione significativa dal percorso di bilancio indicato dal Consiglio Ue», e chiede che la manovra sia «in linea con le regole comuni»
La «deviazione è significativa», la preoccupazione pertanto «è grave». Il problema chiave è il rischio di un «deterioramento strutturale» del deficit dello 0,8%. La risposta della Ue alla lettera inviata ieri dal ministro Tria è arrivata a stretto giro. E chiede «alle autorità italiane di assicurare che la manovra sia in linea con le regole comuni», altrimenti potrebbe essere respinta al mittente. Come ampiamente previsto è una bocciatura secca del Def. Il governo se l’aspettava senza preoccuparsene troppo.
L’Italia è Too Big To Fail, in fondo è su questo che la compagine gialloverde conta sin dall’inizio. Ma le dimensioni dell’economia e del debito dell’Italia sono un’arma a doppio taglio. L’Italia è anche troppo grande per essere salvata e, nonostante sul colloquio viga il massimo riserbo, tutto lascia pensare che proprio questo abbia detto al capo dello Stato, mercoledì a pranzo, il presidente della Bce Mario Draghi.
LA VISITA, HANNO assicurato ieri le «fonti del Quirinale», era prevista da tempo e se il Colle non ha diffuso la notizia è solo perché non comunica tutti gli incontri del presidente. In effetti il Quirinale non ha reso noto neppure il colloquio di alcuni giorni fa con il governatore di Bankitalia Visco, e se a far filtrare la notizia non fosse stata proprio la Bce sarebbe andata così anche per l’incontro di mercoledì.
Ma il colloquio, come quello precedente con Visco, tutto è stato tranne che di routine. La preoccupazione di Draghi è già oltre il semplice allarme rosso. Nelle cancellerie europee la disposizione d’animo è drastica e unanime: se l’Italia decide una manovra fuori dalle regole europee, benissimo. Però in questo caso non può aspettarsi, in caso di crisi finanziaria vicina al tracollo, l’aiuto europeo, l’intervento del Fondo salva Stati, l’uso da parte della Bce delle Omt, neppure in cambio di un commissariamento.
LE OMT, Outright Monetary Transactions, sono lo strumento finale a disposizione della Bce per evitare il tracollo di uno Stato. Consistono nell’acquisto illimitato sul mercato secondario dei titoli di Stato a breve termine da parte di Eurotower. Draghi non è mai stato costretto a usare questa arma e pare che l’Europa non sia affatto propensa a metterla a disposizione di un Paese accusato di violare le regole.
E’ dunque possibile, anzi probabile, che il presidente della Bce abbia prospettato al capo dello Stato italiano una situazione forse senza alternative e nella migliore delle ipotesi con due opzioni entrambe pesantissime. Il commissariamento, sempre che si riescano a convincere Germania e Paesi nordici, in cambio del salvataggio oppure, più probabilmente, l’abbandono. I mezzi della Bce, incluse le Omt, verrebbero in quel caso adoperati solo per coprire il resto della Ue cercando di evitare il contagio. L’Italia dovrebbe cavarsela da sola, adottando provvedimenti che definire da lacrime e sangue è un pallido eufemismo.
CHE LE COSE STIANO COSÌ e che questo sia stato il messaggio consegnato a Mattarella da Draghi è suggerito anche da un’altra notizia circolata ieri, pur se ovviamente non confermata. Quello di mercoledì non sarebbe infatti il primo incontro “discreto” fra Draghi e Mattarella. Il presidente della Bce sarebbe volato a Roma già a fine agosto, quando nel corso del braccio di ferro sulla nave Diciotti Di Maio aveva minacciato di interrompere il pagamento dei contributi italiani alla Ue. In quell’occasione Germania e Paesi nordici insistevano per una reazione durissima ove l’Italia avesse dato corso alla minaccia: sospendere il Quantitative Easing per i titoli italiani. Poi la tensione si stemperò in pochi giorni ma la logica era identica: chi non accetta le regole dell’Europa non può poi sperare nell’aiuto dell’Europa.
CERTO, PERCHÉ QUESTO scenario apocalittico si prospetti davvero è necessario che l’Italia del salvataggio abbia bisogno. Deve cioè determinarsi una crisi sui mercati che al momento non c’è. La sfiducia nelle prospettive di crescita ipotizzate dal governo è palese e lo spread è salito a 285 punti. Ma non si tratta ancora di una situazione fuori di controllo. Quanto alla Ue, è molto difficile che una commissione in scadenza opti per la soluzione drastica e mai verificatasi prima del rinvio della legge. Dovrebbe invece procedere, come d’uso, con la richiesta di modifiche, poi, eventualmente, con l’avvio della procedura d’infrazione. Il detonatore dunque è altrove: nel verdetto delle agenzie di rating, prima S&P poi Moody’s, entrambe nell’ultima settimana di ottobre. Il rischio che entrambe decidano il downgrad c’è. A quel punto la situazione sui mercati potrebbe incendiarsi davvero.
* Fonte: Andrea Colombo, IL MANIFESTO
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