La destra della Cgil contro Camusso: retromarcia su Landini o sfiducia

La destra della Cgil contro Camusso: retromarcia su Landini o sfiducia

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La Cgil sull’orlo di una spaccatura senza precedenti. Il direttivo di oggi rischia di tramutarsi in una conta dall’esito incerto con conseguenze nefaste per l’organizzazione sociale più rappresentativa del paese con i suoi oltre 5 milioni di iscritti.


LE FEDERAZIONI E I TERRITORI
 che appoggiano la candidatura di Vincenzo Colla hanno deciso di chiedere a Susanna Camusso una retromarcia totale: annullare l’indicazione di Maurizio Landini come suo successore fatta dalla segreteria la notte fra l’8 e il 9 ottobre scorso. Una scelta appoggiata dalla stragrande maggioranza dei segretari confederali – 7 (o 8) su 10 – con la sola opposizione dello stesso Colla e di Roberto Ghiselli, ex segretario delle Marche.Il parlamentino della Cgil è convocato per le 9,30 a Corso d’Italia e la questione «segretario generale» non è al primo punto dell’ordine del giorno.

Da settimane va avanti una costante e sempre più dura contestazione del «metodo» usato da Camusso. Un metodo rivendicato il giorno dopo in un messaggio video a tutti gli iscritti che spiegava così la scelta: «L’individuazione del compagno Landini a segretario generale risponde a quei principi di autonomia e di tenuta dell’organizzazione, di capacità di costruire processi unitari e di squadra di cui crediamo si abbia un grande bisogno».

IN QUESTI GIORNI VARI esponenti (Miceli, Genovesi, Tola) – che in questi otto anni di segreteria hanno sempre appoggiato Susanna Camusso in ogni decisione – sono diventati improvvisamente critici. Preparando il terreno sui social media – strumento che fino a ieri veniva considerato come orchestrato dal silente Landini – in vista dello scontro di oggi.

SI CITA LO STATUTO, l’articolo 6.1.1 che definisce «l’elezione dei segretari generali delle strutture». Le proposte di candidatura in Cgil avvengono tramite proposta del «centro regolatore» che «valuta se avanzare» utilizzando «la fase di ascolto». Camusso sostiene di aver avanzato la candidatura Landini dopo aver sondato i territori. A conferma di questo ci sarebbero molti casi di segretari delle camere del lavoro eletti con impliciti endorsement per Landini in questi giorni: Lucca, Cuneo, Ravenna.

LA QUESTIONE È PERÒ eminemente politica. La destra della Cgil contesta al segretario generale di aver imposto una successione figlia di «un patto di potere». E che questa successione non abbia il consenso della maggioranza dell’organizzazione. Specie perché in aperta rottura con il Pd o quello che ne rimane – non a caso parecchi esponenti renziani e non hanno criticato la scelta di Landini.
Da parte sua Landini continua nella «strategia del silenzio». Sta rifiutando ogni invito ad interviste o apparizioni televisive e si limita a partecipare ai congressi rappresentando la confederazione e dimostrando quel tratto unificante che è la sua caratteristica più inaspettata per i detrattori.

IL PARADOSSO di questa situazione è che il congresso è a mozioni e entrambi i contendenti rappresentano e appoggiano il documento «Il lavoro è» votata dal 97 degli iscritti.

OGGI A PARLARE PER PRIMA sarà comunque Susanna Camusso. La linea fino a ieri era quella di non andare ad un voto che cristalizzerebbe la spaccatura. I pontieri – specie da parte dei pensionati dello Spi – erano all’opera e tenteranno ancora questa mattina di evitare la spaccatura. Proponendo che sia una commissione di saggi ad individuare la figura con maggiore consenso, senza escludere che alla fine sia Landini stesso.
Nel direttivo del 29 maggio si evitò la conta. Lavorando ad un percorso condiviso. Definito nel documento votato da tutti: «È in questo contesto che potrà e dovrà essere gestito il percorso che porterà all’individuazione della proposta per l’elezione del nuovo segretario generale, respingendo qualunque strumentalizzazione e condizionamento il cui fine è solo dividere e indebolire la Cgil».

La mossa della destra – che non esclude di sfiduciare il segretario generale – va dunque oltre le ragioni politiche e di programma. La questione è diventata personale: in primis contro Camusso. Non un bel quadro per l’organizzazione che in questi anni ha rappresentato l’unico faro a sinistra. Soprattutto per i lavoratori – specie i più deboli e precari – che votando nelle assemblee hanno espresso un desiderio di rinnovamento.

* Fonte: Massimo Franchi, IL MANIFESTO



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