by Roberto Ciccarelli * | 22 Settembre 2018 17:18
Il vicepremier ministro del lavoro e dello sviluppo Luigi Di Maio (Cinque Stelle): «È impossibile fare il reddito di cittadinanza senza sapere qual è la platea ed è ovvio che si deve restringere ai cittadini italiani». Al milione e 600mila persone straniere residenti in Italia, poveri assoluti, potrebbero aggiungersene molti più “poveri relativi” e il totale supererebbe 4 milioni di esclusi. Il vicepremier ministro dell’Interno Matteo Salvini (Lega) si è detto «soddisfatto».
Un milione e 600mila persone straniere residenti in Italia (su 5 milioni e 58 mila famiglie, il 32% dei nuclei di soli stranieri) considerate «povere assolute», saranno escluse dal sedicente «reddito di cittadinanza». La stessa sorte toccherà ad almeno 2,7 milioni considerati in «povertà relativa» (su 9 milioni e 368 mila famiglie, il 34% di nuclei di soli stranieri). Per il vicepremier ministro del lavoro e dello sviluppo Luigi Di Maio (5 Stelle), almeno 4 milioni di persone in Italia – cittadini europei residenti e cittadini extra-europei con permesso di soggiorno regolare che lavorano precariamente, sono disoccupati e pagano le tasse – saranno esclusi in futuro dal sussidio minimo (massimo 780 euro, al netto del reddito Isee e altre entrate) che il governo vorrebbe istituire sin dalla prossima legge di bilancio. Per la precisione, quello in discussione non è un «reddito di cittadinanza», erogato a tutti i cittadini nati e residenti, ma un sussidio condizionato alla scelta obbligatoria di un lavoro in cambio di un’attività gratuita per lo Stato per otto ore alla settimana da parte di persone considerate povere sia in termini assoluti (a partire da una capacità di spesa familiare di 651 euro) sia relativa (1.061 euro).
È QUANTO RIBADITO IERI da Di Maio che si è sentito in dovere di rispondere a una precisa richiesta del vicepremier gemello Matteo Salvini (Lega) che, l’altro ieri, aveva chiesto agli «amici cinque stelle» di riservare il «reddito di cittadinanza» ai soli cittadini italiani[1]. La condizione era nota sin dalla stipula del «contratto di governo» nel quale i 5s avevano già rinunciato al criterio costituzionale e alle sentenze della Corte europea di giustizia, un pacchetto di norme di diverso livello che impongono la parità di trattamento tra soggetti di nascita diversa ma che risiedono, e lavorano, sullo stesso territorio nazionale.
*** Il «reddito di cittadinanza» che mette al lavoro i precari[2]
QUESTO PRINCIPIO era presente nel progetto di legge depositato dai 5s nel 2014, come ha ricordato il ministro dell’economia Giovanni Tria in un question time due giorni fa al Senato. Di Maio ha confermato che è stato cancellato successivamente, sull’altare dell’alleanza per il governo con la Lega. «È impossibile in questa situazione fare il reddito di cittadinanza senza sapere qual è la platea ed è ovvio che si deve restringere ai cittadini italiani» ha detto. La discriminazione della nazionalità dei poveri residenti potrebbe comportare un risparmio sul costo complessivo della misura. Rispetto ai 17 miliardi di euro annui previsti dall’Istat nel 2015[3], il costo potrebbe essere più contenuto. Il “reddito di cittadinanza” in salsa leghista potrebbe ammontare a 12,7 miliardi di euro annui secondo una stima di Massimo Baldini e Lorenzo Lusignoli pubblicata su La Voce, anche se la stima considera l’esclusione degli stranieri poveri assoluti e non anche quella dei poveri relativi. La cifra potrebbe anche contenere i circa 2 miliardi necessari per la “riforma” dei centri per l’impiego. In mancanza di numeri certi oltre, al momento, non si può andare. Sarà necessario attendere i dati che potrebbero essere contenuti in un collegato alla legge di bilancio.
*** Come funzionerà il nuovo sistema del lavoro gratuito[4]
PER GIUSTIFICARE UNA POSIZIONE incostituzionale, xenofoba oltre che iniqua, il vicepremier pentastellato ha confuso la situazione di coloro che risiedono in Italia, e sono poveri secondo i criteri stabiliti dall’Istat, con i «flussi migratori», gli sbarchi, i rifugiati e tutti coloro che hanno uno status giuridico diverso. Una sovrapposizione che sembra anticipare una selezione dei beneficiari di un sistema di workfare (work to welfare) – e non «assistenzialistico» come invece si sostiene, equivocando gravemente la proposta – che obbligherà milioni di italiani poveri, precari e disoccupati ad accettare un lavoro qualsiasi, in maggioranza precario, in cambio di un sussidio di povertà, erogato attraverso la partecipazione a corsi “attivanti” presso i centri per l’impiego che il governo gialloverde promette di riformare ispirandosi al sistema tedesco dei «mini-Jobs».
RISPETTO AD ALTRE MISURE restrittive adottate negli ultimi anni dai paesi europei, concepite per bloccare la mobilità intra-europea di cittadini europei e stranieri sul Welfare, il «reddito di cittadinanza» risulterebbe una delle norme più punitive nel panorama continentale. Si sta sancendo l’esclusione su base etnica e nazionale da milioni di persone da un sistema diseguale che mira all’inclusione differenziale dei poveri e dei precari in base ai meccanismi contingenti di un mercato del lavoro caratterizzato dal dilagare del precariato, del lavoro «grigio», sottopagato e informale.
SALVINI HA INCASSATO un nuovo successo nazional-populista e ha rafforzato la sua posizione di forza in un esecutivo dove ieri il ministro Tria – che in Senato aveva ricordato l’antica proposta di legge M5S – è stato di nuovo contraddetto e smentito. «Quella di Di Maio è una precisazione che, come Lega, abbiamo accolto positivamente». «Sul contratto di governo è scritto nero su bianco: cittadini italiani. Per cui verba volant, scripta manent» ha aggiunto il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli (Lega).
A PARLARE DI «rischio incostituzionalità» è il presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli secondo il quale «i cittadini comunitari quindi non possono essere discriminati, così come non possono essere discriminati su questa misura le persone che hanno un permesso di lungo soggiorno mentre bisogna capire se il sussidio dovrà essere dato anche agli altri stranieri legittimamente presenti sul territorio». Per il presidente del Cnel e ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu «È inaccettabile, secondo il diritto europeo, che una prestazione assistenziale come il reddito di cittadinanza possa essere data solo agli italiani».
* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO[5]
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