Minacce al Mef, il ministro Tria difende i suoi. Conte difende Casalino
Nella scombiccherata gerarchia del Movimento 5 Stelle la comunicazione è l’unico punto fermo. Ecco perché chi muove le leve del rapporto coi media diventa figura apicale. Ed ecco perché nei giorni scorsi Rocco Casalino ha evocato scenari da notte dei lunghi coltelli, giocato alla caccia del nemico interno e fatto capire di essere molto più di un semplice «portavoce». Al punto che, nel momento delicatissimo della trattativa sul Def e di fronte all’impasse dettato dall’attivismo leghista, il M5s ha affidato proprio a lui la missione di gettarsi nella mischia per mostrare determinazione e palesare i dissensi con la macchina burocratica del ministero dell’economia.
SOLO IN SECONDA BATTUTA, alla seconda giornata di polemiche sull’audio col quale Casalino promette vendetta contro i tecnici del Mef, Giuseppe Conte interviene. Lo fa per sedare le polemiche interne, per negare ogni tensione ma soprattutto per ribadire i pieni poteri di Casalino: «Ribadisco la piena fiducia nel mio portavoce», dice il presidente del consiglio. Poi arriva la gelida velina col quale Giovanni Tria: «esprime piena fiducia ai dirigenti e alle strutture tecniche del ministero dell’economia e della finanza e apprezzamento per il lavoro che stanno svolgendo a sostegno dell’attuazione del programma di governo».
CONTE SMENTISCE MA TRIA tiene la posizione. Lo scontro è tutto politico. Perché l’«Ing. Rocco Casalino» (così, con punteggiatura fantozziana, lo qualifica oggi Conte nel comunicato che probabilmente ha vergato Casalino stesso) è emblema dell’organizzazione verticistica del M5S. Rappresenta il modo col quale la sventolata «trasparenza» viene sostituita dalla messa-in-scena.
Gianroberto Casaleggio pescò il suo curriculum tra quello degli aspiranti candidati alle elezioni regionali lombarde del 2013. Sapeva di avere a che fare con un uomo agguerrito e scafato, passato sotto le forche caudine dei media (dagli allori del Grande fratello alla trafila delle ospitate in televisioni locali). Ma probabilmente non aveva immaginato che questo «Bel Ami» dell’epoca postmoderna avrebbe impiegato la propria voglia di riscatto per scalare la creatura di Beppe Grillo e per condurre i 5s fino alla soglia di Palazzo Chigi, come lui stesso ha rivendicato per giustificare il suo stipendio. Nel palazzo del governo è entrato ormai cento giorni fa dalla porta principale, assieme alla mamma e seguito dal codazzo dei trenta comunicatori che gestiscono la filiera transmediale che dai social arriva ai principali telegiornali e alla carta stampata.
A LUI PER CINQUE LUNGHI ANNI, nella scorsa legislatura, si sono devotamente affidati i grillini in cerca di spazio sui media. Ha il potere di fare apparire e scomparire, decidendo chi e come possa rilasciare interviste. Il cronista chiede una dichiarazione, gli eletti dal popolo rispondono con un messaggio che contiene soltanto una parola: «Casalino».
IL CERIMONIERE che ha il potere di stabilire quale parlamentare assurga alla agognata notorietà adesso svolge un lavoro ancora più delicato. È difficile credere che il messaggio audio con il quale il gatekeeper dell’informazione grillina annuncia le purghe al ministero di Tria non sia stato confezionato per raggiungere più orecchie possibili. Casalino è molto consapevole. Da questa estate circola in rete un video che risale al 2004 nel quale risponde senza filtro alle domande degli allievi di un corso di giornalismo.
Sa di essere ripreso da una telecamera ma è schietto e provocatorio. È all’apice della sua carriera televisiva, fa il suo mestiere di opinionista e personaggio televisivo dopo la partecipazione alla prima edizione del Grande Fratello, quella con Pietro Taricone a spadroneggiare. Casalino vuole svincolarsi da quel marchio, non ne può più di essere associato al reality show e a storie di diciott’anni fa. Ma quando un’osservatrice attenta come la sondaggista Alessandra Ghisleri riconosce il senso politico di quel programma, è impossibile non associarlo a Casalino: «Il Gf copriva un periodo di campagna elettorale – ha detto a La Verità – fu un evento di costume, dirette 24 ore su 24. Iniziai a farmi domande su come quell’overdose di protagonismo cambiava la percezione della politica». In quel video Casalino fa sfoggio di cinismo, mostra di disprezzare la politica (soprattutto l’ipocrisia della gente di sinistra), racconta di quando faceva l’ingegnere e delle frustrazioni del lavoro salariato.
DICE DI SAPERE BENE che il suo lavoro è quello di recitare una parte. Si prende gioco dei giovani interlocutori, aspiranti giornalisti che rivendicano la dimensione etica della comunicazione. «Se va bene guadagnerete 1.000 euro al mese, io invece faccio una vita bellissima», spiega. E conclude: «Conosco un sacco di gente importante, forse un giorno sarò il vostro capo».
* Fonte: Giuliano Santoro, IL MANIFESTO
photo: Di Presidenza del Consiglio dei Ministri (http://www.governo.it/il-presidente) [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], attraverso Wikimedia Commons
Related Articles
LA STRADA STRETTA DI BERSANI
LA MISSIONE che oggi il Capo dello Stato affiderà a Bersani è ai limiti del temerario. Costruire la Terza Repubblica su una piccola maggioranza «da combattimento» e due grandi minoranze «di blocco». Il leader del Pd deve tentare un «governo strano», che per nascere ha bisogno di non essere sfiduciato dal Pdl e per durare ha bisogno di non essere impallinato dall’M5S.
“Valterino”, Bisignani e Milanese è il network massone dei faccendieri
Dossier e affari. E i lobbisti trovano sponde in Vaticano. L’ex direttore dell’Avanti! si è fatto largo anche grazie a Cicchitto, tesserato della P2 Oltretevere il nome emergente è quello di Simeon, vicino a Bertone, ora ai piani alti della Rai
Il Professore ai suoi “Lasciatemi riflettere”
ALLA vigilia della decisione più importante della sua vita politica, il premier s’arresta sulla soglia. È preda di dubbi, «è tormentato», riferiscono. I leader del centro — da Casini a Montezemolo — hanno provato ieri a sondarlo ma non ne hanno tratto altro che una frase ancora vaga, troppo vaga: «Mi prendo Natale per riflettere». A Giorgio Napolitano, congedandosi, ha soltanto detto: «Missione compiuta presidente!».