Cresce il debito pubblico, le riforme Lega-5Stelle pesano sui bilanci
Debito pubblico da brivido, fuga di capitali da paura. E’ questo l’ultimo verdetto di Bankitalia sulle condizioni di salute della nostra economia: il debito pubblico ha toccato la vetta impressionante di 2341,7 miliardi. Un quadro macroeconomico che potrebbe esplodere da un momento all’altro se, come ha osservato Draghi, non ci sarà un messaggio univoco del governo agli investitori che ci hanno prestato quella montagna di quattrini.
Il ministro dell’Economia Giovanni Tria fa di tutto per evitare che si cada nel baratro di una spesa in deficit ma i vice presidenti del Consiglio Luigi di Maio e Matteo Salvini, con i loro annunci roboanti su Reddito di cittadinanza, Flat Tax e Riforma della legge Fornero fanno capire chiaramente che loro delle compatibilità di bilancio non ne vogliono sapere, senza mai spiegare quali sono le coperture finanziarie per realizzare le tre riforme che costano circa 100 miliardi.
Ieri Luigi di Maio a questo proposito è stato perentorio: «Il reddito di cittadinanza
deve essere nella legge di bilancio, per il Movimento 5 Stelle è imprescindibile. Facciamo il reddito di cittadinanza. Fateci fare la legge di bilancio, il tema vero è che in questi anni ci hanno detto che non c’erano i soldi e poi invece uscivano per banche e altri gruppi».
Ma torniamo alle crude cifre di Bankitalia. Dopo le bacchettate di Mario Draghi, ieri il governatore della Banca d’Italia Vincenzo Visco ha fatto parlare i numeri. Eccoli nel dettaglio: a luglio il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato di 18,4 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.341,7 miliardi.
L’aumento è dovuto all’incremento delle disponibilità liquide del Tesoro (31,6 miliardi, a 80 miliardi), che ha più che compensato l’avanzo di cassa delle Amministrazioni pubbliche (15,1 miliardi); gli scarti e i premi all’emissione e al rimborso, la rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e la variazione dei tassi di cambio hanno complessivamente incrementato il debito di 1,9 miliardi.
Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, spiega Bankitalia, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 20,4 miliardi e quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 2 miliardi; il debito degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato.
Lo spettro del debito in continua crescita, spiegano ancora a via Nazionale, ha messo in allarme gli investitori stranieri e italiani. Che si fidano sempre di meno della solidità dei nostri titoli di Stato e della solidità della nostra economia e quindi se la danno a gambe levate verso altri lidi finanziari.
E’ quello che è accaduto nel mese di giugno e luglio. Se a questo si aggiunge uno spread sempre in zona rischio si capisce perché il presidente di Bce, sbilanciandosi come mai aveva fatto in passato, abbia lanciato un monito assai severo al governo italiano.
In queste condizioni è assai difficile immaginare di poter realizzare le riforme annunciate. Carlo Cottarelli lo ha detto chiaramente a proposito di Reddito di Cittadinanza e legge Fornero: «Sono cose che non ci possiamo permettere. Qualche aggiustamento sulle pensioni e sul reddito d’inclusione si può fare ma spendere 10 miliardi l’anno è troppo rischioso per l’Italia. Per la tenuta dei conti».
«Il governo italiano – spiega ancora Cottarelli – ha ventilato la possibilità di aumentare il deficit su livelli molto elevati superando il 3% o sfiorando il 3% e lo abbiamo pagato con un aumento dello spread. Non c’è nessuna congiura contro di noi». In effetti il conto dello spread è piuttosto salato.
I tecnici del Sole 24 ore hanno fatto due conti: «Secondo il Def di aprile l’Italia avrebbe dovuto spendere in interessi 62,5 miliardi quest’anno e 63 il prossimo, con un aumento dello 0,8%. Dopo le fiammate partite con la crisi istituzionale della fine di maggio e continuate con le discussioni dei primi tre mesi di governo, entrambi i numeri sono da aggiornare. I calcoli ufficiali arriveranno con la Nota di aggiornamento, ma la spesa da mettere in conto quest’anno viaggia verso i 63,5 miliardi, e quella dell’anno prossimo può puntare a quota 68. La differenza, in questo caso, sarebbe del 7%, cioè più del doppio rispetto alla crescita del Pil nominale messa in programma sempre dal Def di aprile».
* Fonte: Bruno Perini, IL MANIFESTO
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