by Mario Sensini * | 13 Agosto 2018 17:04
ROMA L’analisi costi-benefici, garantisce il ministro, procede in maniera «seria e obiettiva», ma nonostante questo Danilo Toninelli continua a perdere la pazienza sulla Tav, l’alta velocità Torino-Lione. A far infuriare nuovamente il ministro grillino titolare delle Infrastrutture, ieri, è stata la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di una delibera del Cipe del 26 aprile scorso, quando a Palazzo Chigi c’era ancora Paolo Gentiloni.
Anche se il testo prevede una lunga serie di garanzie per i Comuni della Val Susa, Toninelli ha accusato il vecchio governo di essersi «comportato come una sanguisuga sulla carne viva del popolo italiano» varando quelle norme «nonostante la batosta elettorale che lo obbligava ad agire solo per gli affari correnti, cioè per quasi nulla».
La delibera incriminata è del 26 aprile, quando Giuseppe Conte non aveva ancora ricevuto l’incarico, e riguarda l’adozione di ben 151 prescrizioni a carico della Società Tunnel Euralpin, che realizza il progetto. Vincoli e obblighi concordati con i Comuni e il ministero per tutelare l’ambiente e i beni culturali, la flora e la fauna, dalle regole da seguire in caso di ritrovamenti archeologici, al reimpianto della vegetazione, fino alla modifica e lo sviluppo dei sentieri di montagna. Tutte cose che «non comportano variazioni di costo dell’opera, né alcun ulteriore onere» chiarisce la stessa delibera del Cipe, pubblicata solo ora in Gazzetta perché ha dovuto passare prima l’esame della Corte dei Conti.
Che nella delibera ci fossero cose «inoffensive» lo ammette lo stesso Toninelli. «Non è nulla che possa influire in modo decisivo sulla analisi costi-benefici che stiamo conducendo» spiega, per poi alzare subito il torno, assicurando che la guardia resterà altissima. «Teniamo gli occhi sul cantiere e considereremo come atto ostile ogni decisione faccia avanzare il Tav prima della scelta politica del governo» va giù duro il ministro.
La verifica dei costi è dunque in corso, ma avvolta dal totale riserbo. Non si sa ufficialmente chi siano gli esperti della Commissione, quale sia il suo metodo, le opere sottoposte allo scrutinio o i tempi delle decisioni. Né è chiaro come concilierà il suo lavoro con quello della Commissione del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sulle infrastrutture già finanziate, che il Tesoro vuole rilanciare per stimolare la crescita.
* FONTE: Mario Sensini, CORRIERE DELLA SERA[1]
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