Le promesse mancate di Di Maio, serve ripristinare la cassa integrazione tolta dal Jobs act
Se il decreto Dignità doveva essere «la Waterloo del Jobs act», ad incidere molto di più sulla riforma del lavoro firmata Matteo Renzi sarebbe il mantenimento della promessa fatta da Luigi Di Maio ai lavoratori della Bekaert di Figline Valdarno. Il ritorno della cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività non salverebbe solo i 318 lavoratori dell’ex Pirelli che la multinazionale belga vuole mandare a casa per delocalizzare la produzione.
Sono stati proprio i lavoratori e i sindacalisti fiorentini ad avere l’idea e a scrivere il testo di un possibile decreto prima che il vicepremier annunciasse l’idea, «ma sapevamo benissimo che questo provvedimento servirà anche a tante altre aziende che stanno chiudendo i cui lavoratori non hanno più i due anni di cig tolti dal Jobs act», spiega Daniele Calosi, segretario Fiom di Firenze.
Un caso simile alla Bekaert è quello della Tecno di Gualtieri (Reggio Emilia), azienda produttrice di cucine bloccata da un passaggio di proprietà che si trascina da mesi con una cessazione di fatto della produzione da luglio. Molto a rischio è anche la situazione di Condotte, il gigante romano delle costruzioni con 3 mila dipendenti in amministrazione straordinaria e con tre commissari appena insediati per tentare di trovare un compratore.
Per quanto riguarda la Bekaert dopo la visita-concerto a sorpresa di Sting al presidio dove i lavoratori per tutto agosto si sono assicurati che l’azienda non portasse via i macchinari – un classico dell’agosto per migliaia di operai lungo la penisola negli anni scorsi – anche i sindacati si stanno muovendo per trovare un compratore. Hanno deciso di scrivere una lettera per chiedere a Prysmian, azienda italiana specializzata nella produzione di cavi. «Il ceo di Prysmian è Valerio Battista che lavorava in Pirelli: conosce la professionalità dei dipendenti Bekaert, la produzione di rinforzi in acciaio per pneumatici, lo steel cord, simile ai cavi che costruiscono loro».
È una vera corsa contro il tempo. La proroga per la chiusura concessa da Bekaert dopo una lunga serie di «no» scade il 3 ottobre. «Per quella data il decreto promesso da Di Maio dovrà essere pubblicato, diversamente i lavoratori saranno in mezzo una strada», ricorda Calosi.
Esiste però un’altra emergenza ammortizzatori legata al Jobs act. Che coinvolge – secondo le stime dei sindacati – decine di migliaia di lavoratori. Perché oltre alla cancellazione della cig straordinaria per cessazione, il Jobs act ha tagliato la durata di tutta la cassa integrazione, oltre a renderla meno conveniente per le aziende, alzando la loro aliquota. L’introduzione del cosiddetto «quinquiennio mobile», il periodo di riferimento per utilizzare la cassa ordinaria o straordinaria – ha dimezzato i periodi: 24 mesi per riorganizzazione aziendale; solo 12 mesi per crisi.
Nemmeno l’alternarsi di queste causali – pratica in teoria non prevista dal Jobs act – mette al riparo dal licenziamento i lavoratori Fca di Mirafiori, Pomigliano, Modena, Pratola Serra (Avellino)e perfino nel «gioiello delle Jeep e delle 500» Melfi.
Altre multinazionali sono nella stessa situazione. Alla Whirpool alle prese con la riorganizzazione del 2015, i lavoratori a rischio sono ben 800. Lo stabilimento più in difficoltà è quello di Fabriano, il più grande in Italia, ex Indesit dei Merloni. La multinazionale americana non ha un piano e il ritorno dei lavoratori in fabbrica lunedì è stato molto teso.
Situazione simile alla Electrolux, dove a Solaro sta scadendo il contratto di solidarietà, anch’esso tagliato dal Jobs act Per non parlare dei 144 tavoli di crisi aperti al Mise che coinvolgono 189mila lavoratori.
Per tutte queste ragioni da parte sindacale si chiede a gran voce di utilizzare il decreto Bekaert per rimettere non solo la cassa integrazione straordinaria per cessazione, ma anche per «almeno allungare la Cigs per tutte le altre causali».
Vedremo – a brevissimo – se il ministro Di Maio darà veramente un colpo da Waterloo al Jobs act.
* Fonte: Massimo Franchi, IL MANIFESTO
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