I rischio sulle strade: sono 3.300 i trasporti di carichi pericolosi
Nel 2015 (dati Eurostat) ci sono stati 29.982 trasporti di merci pericolose in Europa, contro i 3.315 in Italia. Un traffico imponente. Se in Italia il 2015 si chiudeva con zero incidenti, nello scenario europeo se ne contavano 31, ed erano passati appena tre anni dall’anno orribile dell’Europa (il 2012, con 61 incidenti).
Ma che cosa si intende per merci pericolose? Il riferimento è la normativa Adr, un documento firmato a Ginevra nel 1957 e ratificato in Italia nel ’62 che classifica le sostanze e detta le condizioni di imballaggio, la struttura dei veicoli, i requisiti per il trasporto e l’abilitazione dei conducenti.
Le sostanze vengono divise in nove classi: 1) materie e oggetti esplosivi; 2) gas; 3) liquidi infiammabili; solidi infiammabili, materie soggette ad accensione spontanea, materie che a contatto con l’acqua sviluppano gas infiammabili; 5) materie comburenti (possono innescare una reazione di combustione) e perossidi organici (termicamente instabili); 6) materie tossiche e infettanti; 7) materiali radioattivi; 8) materie corrosive; 9) materie e oggetti pericolosi diversi.
In Italia circolano soprattutto i liquidi infiammabili, seguiti da gas e materie corrosive. Le merci più trasportate sono i carburanti (gasolio, benzina, cherosene, gpl), pitture e vernici, solventi, rifiuti inquinanti, prodotti corrosivi. Il trasporto potrebbe avvenire anche su rotaia, ma non c’è gara: «La modalità stradale da noi è cinque volte superiore a quella ferroviaria — spiega Filippo Busolo, consulente —. Ed è interessante come la vocazione al trasporto su gomma sia in controtendenza rispetto a Paesi come la Germania o l’Olanda, in cui le due opzioni si equivalgono».
Sono adatti al traffico?
L’autocisterna incendiatasi a Bologna era un veicolo adatto al trasporto di gpl. L’allestimento, montato su autotelaio o su rimorchio con motrice, rende possibile il carico di grandi quantità di combustibile (spesso 48 mila litri), reso liquido dall’elevata pressione di stoccaggio. Prima di essere venduti questi mezzi devono soddisfare la norma Uni En 12493, che specifica i requisiti minimi per materiali, progettazione, costruzione, procedimenti di lavorazione e prove dei serbatoi di acciaio saldato. La norma «rispecchia — sottolinea l’Uni — l’eccellenza della tecnica europea». Resta, oltre al problema della manutenzione, quello della compatibilità con il traffico stradale, soprattutto in caso di tamponamento. Secondo uno studio dei Vigili del Fuoco, la fuoriuscita del combustibile dipende dalla posizione del veicolo dopo l’incidente e dai danni al serbatoio. A Bologna potrebbero essersi verificate due delle situazioni peggiori: lo scoppio per «pool fire», cioè per accensione di una pozza di gas liquefatto, e quella del «jet fire», in cui una perdita di vapori viene accesa da altre fiamme e provoca lo scoppio di tutto il serbatoio.
Del resto la materia è così delicata che i camionisti da trasporto pericoloso sono un’élite, formatasi con estremo rigore e certificata dal «patentino Adr», ottenuto con diversi esami e conservato con periodici aggiornamenti. La legge li obbliga a verificare l’efficienza del mezzo e che la sistemazione del carico prevenga dispersioni o cadute, e sopporti i guai del traffico (brusche frenate, curve a gomito, irregolarità del fondo). Nessun passeggero può essere trasportato su questi veicoli.
L’innovazione tecnica
L’assistenza alla guida sta colonizzando le auto. Con un pari spiegamento di elettronica anche sugli autocarri, si sarebbe potuto evitare il disastro di ieri? «Non è il caso di speculare, le condizioni in cui è avvenuto l’incidente devono essere approfondite, ma è un fatto che l’automazione alzi la soglia di sicurezza», risponde Michele Crisci, presidente di Volvo Italia (marchio storico dell’autotrasporto) e dell’Unrae (l’associazione dei produttori esteri di auto in Italia).
«Le ultime generazioni di trucks e auto marciano in parallelo. Dispositivi anticollisione, controllo predittivo della velocità, monitoraggio della pressione delle gomme, frenata automatica (che compensa quell’attimo di distrazione o un malore del conducente), mantenimento della corsia e della distanza di sicurezza…». In effetti la guida autonoma sembrerebbe fatta su misura per i camion, il cui habitat è l’autostrada. «Terreno di gioco» più agevole di quello delle auto, che si avventurano soprattutto in città. Il regno dell’imprevedibile.
* FONTE: Roberto Iasoni, CORRIERE DELLA SERA
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