New York. « Comportati bene o ti fanno la puntura». Diego Magalhaes, 10 anni, l’ha capito subito: nel “ rifugio” di Chicago dove è rimasto per 43 giorni, era meglio seguire le regole. Arrivato in America con la mamma a maggio dopo un lungo viaggio in pullman iniziato in Brasile è stato separato da lei appena passato il confine. È un bravo bambino e non ha avuto paura: « Ho pulito i gabinetti, raccolto l’immondizia. Dormivo con altri due brasiliani: e siccome ci comportavamo bene potevamo giocare ai videogame. Mica come Adonias…». Piangeva e buttava tutto a terra il guatemalteco Adonias. « Il dottore veniva in classe a fargli la puntura. E lui cascava addormentato » . Ora un tribunale di Chicago ha restituito Diego alla mamma, Sirley Paixao: « Le ho detto che non ho mai pianto, come avevo promesso».
È passata una settimana da quando il giudice federale Dana Makoto Sabraw ha imposto all’amministrazione Trump le deadline per riunire i piccoli migranti ai genitori, dopo che lo stesso presidente era stato costretto a fare un passo indietro sulla sua politica di “tolleranza zero” verso chi passa il confine con i figli. Passata la scadenza del 10 luglio, che riguardava 103 bimbi sotto i 5 anni, di cui solo 57 sono stati restituiti mentre la sorte degli altri 46 resta nel limbo — mamme e papà già deportati o non ritracciabili — la nuova scadenza riguarda i più grandicelli. Ben 2.800 ragazzini che, al ritmo di 200 al giorno, devono riabbracciare le famiglie entro il 26 luglio, «termine inderogabile » come dice il giudice Sabraw: «Non un’enunciazione programmatica».
Le riunificazioni sono dunque cominciate. E il New York Times ha chiesto direttamente ai ragazzi come hanno affrontato la vita nei centri dove sono stati rinchiusi. Luoghi che non sono tutti uguali: in base alla fortuna, si può finire nel bucolico rifugio di Yonkers, nello stato di New York, immerso nel verde e con piscina. O nell’inferno delle gabbie di McAllen, in Texas. Bene o male che vada, però, una cosa è uguale per tutti: la vita militarmente organizzata secondo regole che sono ovunque le stesse. Le luci si accendono alle 6 e si spengono alle 9: e in quelle ore bisogna lavare i gabinetti, finire la pappa, seguire le lezioni anche se non sempre sono in spagnolo. « E poi devi metterti in fila per qualunque cosa » , racconta Leticia, 12 anni, arrivata dal Guatemala con la mamma e il fratellino Walter di 10, rinchiuso con lei in un centro di San Antonio, Texas. «Maschi e femmine sono separati. Non si possono avere contatti fisici nemmeno se fratelli. Così non ho mai potuto abbracciare Walter per consolarlo ».
Il giorno più difficile di Victor Monroy è stato il 24 giugno: « Compivo 11 anni. Ma nessuno ha cantato per me come faceva la mamma. Ho detto agli adulti che era il mio compleanno. Feliz Cumpleños dicevano: e mi voltavano le spalle » . Guatemalteco anche lui, ha trascorso 41 giorni nel centro Casa Guadalupe nel Bronx, New York, insieme alla sorella Leidy di 9 anni. «La vedevo mezz’ora al giorno, a ricreazione. Avevamo paura: per un mese non abbiamo avuto notizie di nessuno». Finché Linda, l’assistente sociale non ha rintracciato il papà a cui ora sono affidati: « Franklin, il mio compagno di stanza, l’ultima notte non ha dormito: era triste che lo lasciavo » . I più piccoli, naturalmente non parlano: ma fioccano le denunce sulle loro condizioni. Olivia Caceres, arrivata dal Salvador ha ritrovato Mateo, di 1 anno, dopo 85 giorni: «Puzzava e aveva i pidocchi. Come se nessuno lo avesse lavato per tutto quel tempo». E chissà se anche lui ha imparato a non piangere mai: per non rischiare la puntura.
Milano, la procura blocca beni per tre milioni e mezzo: serviranno per le spese processuali dello Stato. Maxi-sequestro alla ‘ndrangheta. La procura: serviranno per le spese processuali. L’inchiesta della Boccassini portò in carcere 160 persone
Contro il veto opposto dal presidente Obama, il Congresso Usa ha approvato la legge Justice against sponsor of terrorism act, che consente alle famiglie delle vittime di fare causa agli Stati stranieri considerati complici dell’attacco terroristico più grave subito dagli Stati uniti, quello dell’11 settembre 2001