Salvini e Di Maio soffiano sull’emergenza, qualche imbarazzo tra i 5 Stelle
Non più solo le opposizioni di sinistra, ma anche associazioni nazionali e internazionali, qualche voce da Forza Italia e persino dagli altrimenti allineati 5 Stelle avverte Matteo Salvini che non può continuare a soffiare sul fuoco del razzismo. Dopo mesi di propaganda leghista la reazione del paese è chiara, l’aggressione di cui è stata vittima l’atleta che indossa i colori della nazionale è solo quella più eclatante, non la più tragica né la più violenta. Ma per il ministro dell’interno il clamore è solo l’occasione per confermare il successo della sua strategia di comunicazione, in massima parte affidata ai social. Di fronte alla denuncia di Daisy Osakue, l’unico barlume di umanità di Salvini è nascosto in un formale comunicato stampa – le fa gli auguri e dice che vorrebbe andarla a trovare -, su twitter e facebook la musica è diversa. La solita: «La sinistra sconfitta usa ogni mezzo pur di attaccarmi e non mollare il potere #ionomollo».
Emergenza razzismo come invenzione della sinistra, citazione del boia chi molla appena un po’ travisata, come lo slogan mussoliniano «molti nemici molto onore» citato quasi alla lettera il giorno prima. E poi la foto con la maglietta simbolo dell’ultradestra, venduta accanto a simboli nazifascisti che il ministro dell’interno dovrebbe preoccuparsi di sequestrare più che esibire. Su twitter e facebook gli allarmi per le aggressioni ai neri sono «sciocchezze», l’unico dolore di cui si trova traccia è quello per il pastore tedesco anti terremoti avvelenato all’Aquila. Ma Salvini – che pensa che «di certo l’immigrazione di massa permessa dalla sinistra negli ultimi anni non ha aiutato» – al governo non è affatto isolato.
La dichiarazione di Di Maio, perfezionata nel corso della giornata e dunque studiata con cura, è un capolavoro di benaltrismo. «Non credo che in questo paese ci sia un allarme razzismo. Qualcuno per sentirsi un po’ di sinistra, perché non lo è più, deve attaccare Salvini», dice il pluriministro al mattino. E poi in serata «solidarietà a Daisy Osakue, ma non si usino questi episodi per attaccare il governo». Per chiarezza il vice premier junior aggiunge nella stessa riflessione altri due omaggi alle campagne leghiste: «Il sovranismo non è un reato, sovranità è una bella parola» e «la riforma della legittima difesa non è una liberalizzazione delle armi».
La novità è che aumentano le voci contrarie tra i 5 Stelle. Non più solo le abituali prese di distanza del presidente della camera Fico – «qualsiasi episodio di razzismo, fosse anche uno solo, va combattuto senza se e senza ma» – dagli avamposti grillini c’è chi individua il problema che Di Maio non vuol vedere: le responsabilità di governo. «Tutti noi, a partire dal mondo politico, abbiamo la responsabilità di creare un argine a questi inaccettabili quanto vili episodi. Dobbiamo farlo, in primis, smettendo di soffiare sul fuoco attraverso slogan e spauracchi, che appartengono a periodi bui della nostra democrazia» scrive il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora, pure assai vicino a Di Maio. «In Italia c’è un’emergenza razzismo come c’è stata in passato – aggiunge il sottosegretario all’istruzione Lorenzo Fioramonti -, chi ricopre incarichi istituzionali deve pesare le parole perché creano effetto sdoganamento e imitazione». «C’è una responsabilità politica per quanto sta accadendo, il continuo dipingere il diverso come causa di ogni male per avere qualche voto o vendere qualche copia in più dà coraggio a questi razzisti», scrive su facebook il senatore M5S ligure Matteo Mantero, esponendosi agli attacchi dei suoi «amici».
Il presidente della Repubblica affronta il tema solo indirettamente, parla della «nuova schiavitù» di cui sono vittima i migranti. Ma è la terza dichiarazioni di seguito con la quale Sergio Mattarella propone una pedagogia opposta a quella del ministro dell’interno. Interviene anche la magistratura, prima la corrente di sinistra Area: «Il razzismo non è un’opinione, è un crimine». Poi l’intera Associazione nazionale magistrati per esprimere «grande preoccupazione e massima attenzione». Persino il leghista, non salviniano, Roberto Calderoli testimonia «sdegno» verso «i cretini e i violenti che discriminano solo per il colore della pelle».
Apprezzabile ravvedimento, se non solo una strategia processuale: a settembre dovrà essere giudicato per aver paragonato l’ex ministra Kyenge a un orango.
* Fonte: Andrea Fabozzi, IL MANIFESTO
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