Nuovo barcone di migranti rifiutato: «È nel mare di Malta». Ma dirotta sulla Sicilia

Nuovo barcone di migranti rifiutato: «È nel mare di Malta». Ma dirotta sulla Sicilia

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Stipati sul ponte, e non si sa quanti nella stiva, donne e bambini sono stati avvistati da un aereo fin dalle otto del mattino, ieri. La segnalazione del barcone alla deriva risale addirittura alle 4 e mezzo, nel cuore della notte. Partito dalla Libia, forse dal porto di Zuwara, con circa 450 migranti a bordo, è una stima per un vecchio e malmesso peschereccio di legno di almeno una decina di metri di lunghezza intercettato a largo di Malta.

Sono loro, questo carico di disperazione, – «con minori in condizioni di necessità urgente», dice la segnalazione – il nuovo fiore all’occhiello del ministro «plenipotenziario» italiano (Interni, Esteri, Difesa, Trasporti, fa tutto lui) che con i suoi twitter ha «promesso» che questi proprio no, non li farà attraccare nei porti italiani. Dopo lo smacco della nave Diciotti della Marina italiana attraccata, dopo l’intervento del capo dello Stato Mattarella, a Trapani, questa volta vuole «rifarsi», cioè lasciarli a Malta: «Lo sappiano gli scafisti, i buonisti di tutta Italia e di tutto il mondo», ha twittato con la sua tipica ormai modalità aggressiva.

E questa volta, ma non è una novità, anche il ministro delle Infrastrutture – e quindi dei porti – il pentastellato Danilo Toninelli è in linea con il leghista. Anche lui ha ribadito con i suoi cinguettii solo nella forma meno brutali che pur essendo a conoscenza che «da ore un’imbarcazione con 450 persone a bordo naviga nell’area Sar» (la zona search and rescue) di competenza di Malta, non intende far nulla, perché «per la legge del mare è Malta che deve inviare proprie navi e aprire il porto». E l’Italia al massimo con la sua Guardia costiera «se serve, potrà agire in supporto».

Dunque il peschereccio è lasciato a vagare in quella zona di mare solcata da navi da crociera, da diporto, yatch , petroliere, porta container e rimorchiatori davanti alle spiagge dei turisti.
«Non è la prima volta che c’è una situazione di questo tipo da quando è iniziata la crisi dei porti, e Malta non ha mai aperto agli sbarchi tranne che, eccezionalmente, il mese scorso, dopo molte traversie, alla nave Lifeline», ricorda al telefono Sophie Beau, co- fondatrice e direttrice dell’ong Sos Méditerranée che gestisce la nave Aquarius. «Noi siamo pronti con équipe mediche di supporto quando queste persone sbarcheranno da qualche parte, ma al momento non possiamo che attendere che sbarchino, e chissà se e quanti saranno ancora in vita quando troveranno un porto».

Anche Sophie Beau ammette che «barche così grandi, di legno, in effetti non si vedevano da anni». Segno che qualcosa è cambiato nella strategia operativa dei trafficanti oppure che stanno mandando un segnale a qualcuno. È quanto meno da notare che un barcone così grande sia sfuggito ai controlli della Guardia costiera libica, che pur non avendo un centro di coordinamento marittimo né radar sufficientemente potenti dal 28 giugno scorso ha ottenuto la concessione di un’ampia zona Sar da pattugliare, «libera» dalle navi delle ong umanitarie, nonostante il governo di Tripoli non abbia sottoscritto né la convenzione di Amburgo sulle regole per la ricerca e il salvataggio marittimo né le convenzioni Onu successive (Unclos) che Toninelli chiama «leggi del mare».

Proprio un paio di giorni fa però i vertici della Guardia costiera libica si sono incontrati con quelli della Guardia costiera italiana per approfondire la collaborazione. Fino all’anno scorso era infatti la nostra Guardia costiera nel Centro di coordinamento marittimo di Roma che si occupava di gestire tutte le operazioni di ricerca e soccorso dei naufragi e delle navi in difficoltà nell’area del Mediterraneo centrale. Ancora ieri è stato il Maritime Rescue Coordination Center italiano a dare l’allarme del peschereccio alla deriva in acque Sar maltesi e a dare l’avvio alle ricerche.

In serata anche la Farnesina, «in una nota verbale», ha chiesto che autorità maltesi «adempiano con la massima urgenza alle proprie responsabilità inviando le proprie navi di soccorso. A Malta (circa mezzo milione di abitanti) la vicenda dell’imbarcazione senza nome non ha fatto neanche tanto notizia. Il Times of Malta segnala il silenzio del governo de La Valletta e ricorda come, dopo una settimana di peregrinazione la Lifeline è stata alla fine accettata solo con una spartizione europea dei suoi 230 migranti. La nave è stata poi sequestrata e il suo comandante trattenuto anche senza alcuna ipotesi di reato.

In serata comunque il peschereccio ha dirottato su Lampedusa in acque italiane.

FONTE: Rachele Gonnelli, IL MANIFESTO



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