Migranti, centri di detenzione libici vicini al collasso: «Serve accogliere in Europa»

by Adriana Pollice | 7 Luglio 2018 8:58

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Bruxelles: l’Italia non può spostare i 42 milioni dell’accoglienza ai rimpatri, sono fondi comunitari

Il sistema dei centri di detenzione per migranti in Libia è a rischio collasso: nei siti dove vengono riportati i naufragi dalla Guardia costiera di Tripoli, monitorati dall’agenzia delle Nazioni unite Unhcr, attualmente ci sono oltre 52mila rifugiati e richiedenti asilo.

Per evitare che i rimpatri assistiti saltino è necessario che i paesi europei accolgano quote di profughi. È quanto ha spiegato ieri a Roma Roberto Mignone, responsabile Unhcr per la Libia. A Niamey, in Niger, dove è operativo un centro di rimpatrio per 1.500 profughi, si è creato un «collo di bottiglia» e l’unico modo per riportare la situazione sotto controllo è alleggerire la pressione: «L’Europa ha offerto di accogliere 4mila migranti bloccati in Libia nel 2018, ma nei primi sei mesi ne ha presi poco più 200. Noi possiamo evacuare dalla Libia al Niger mille persone al mese, ma ognuno dei paesi Ue dovrebbe prendere 200, 300 profughi».

L’Unhcr sta trattando con i paesi del Sahel, tra cui Sudan, Ciad e Burkina Faso, per ospitare centri simili ma il problema, sottolinea Mignone, non si risolve con l’impegno dei soli stati africani.

Dall’avvio del programma, alla fine del 2017, sono 1.474 le persone tornate in Niger attraverso l’Unhcr, 312 sono state portate in Italia, undici in totale gli Stati che hanno accolto quote di migranti liberati in Libia. Le condizioni dei centri di detenzioni gestiti da Tripoli sono drammatiche, solo 17 sono attivi e il sovraffollamento è oltre il limite: «L’aumento degli sbarchi da parte della Marina locale peggiora la situazione, che rischia di diventare esplosiva» prosegue Mignone.

Tra circa venti giorni sarà inaugurato a Tripoli un «centro per il trasferimento in sicurezza di mille richiedenti asilo» gestito in collaborazione con il ministero dell’Interno libico: «Ci andranno le persone più vulnerabili tra quelle riportate a riva in modo che non finiscano negli altri centri, dove non ci sono le condizioni per assisterle».

Sul ruolo delle ong, l’Unhcr dà torto al ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini: «Un morto in mare ogni 38 migranti nel 2017, un morto ogni sette nel 2018. La riduzione della capacità di salvataggio sta causando un aumento dei decessi», ha spiegato Carlotta Sami, portavoce dell’agenzia Onu. È ancora Mignone a sottolineare: «È difficile che la Guardia costiera libica possa gestire da sola il flusso dei migranti. Per questo è importante che ci siano anche le ong».

Bocciata dall’Unhcr anche la politica dei porti chiusi: «C’è bisogno di una maggiore concentrazione e coordinamento delle attività di soccorso e c’è bisogno che le persone sbarchino in porti sicuri – prosegue Sami – Molti paesi dovrebbero collaborare di più per sbarchi veloci ed efficienti».

Tra i «porti sicuri» non c’è la Libia: «In molte zone manca la governance – ha sottolineato il rappresentante dell’Unhcr Felipe Camargo –, andrebbe concesso a tutte le imbarcazioni di sbarcare nel posto sicuro più vicino».

La prossima settimana ci sarà un incontro tra rappresentati dell’agenzia delle Nazioni unite e Salvini per discutere dei richiedenti asilo, dopo la circolare del Viminale che impone una stretta sui permessi di soggiorno umanitari: «Chiederemo di continuare a offrire opportunità di protezione internazionale», conclude Camargo.

Ieri il presidente della Camera, Roberto Fico, ha precisato: «Per i richiedenti si deve rispettare la legge». Ma Salvini ha già annunciato che 42 milioni saranno spostati dall’accoglienza ai rimpatri. Anche se dall’Ue avvisano: se si tratta di fondi comunitari, sono vincolati allo scopo per cui sono stati assegnati.

Il Consiglio europeo ieri ha comunicato di aver stanziato 90 milioni per i programmi relativi alle migrazioni, risorse da impiegare per tenere i migranti dall’altro lato del Mediterraneo: saranno destinati infatti alla gestione delle frontiere marittime, alla protezione dei migranti in Libia, allo sviluppo del mercato del lavoro in Africa.

FONTE: Adriana Pollice, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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