La tedesca Thyssenkrupp si fonde con l’indiana Tata e lascia l’acciaio per l’hi-tech

La tedesca Thyssenkrupp si fonde con l’indiana Tata e lascia l’acciaio per l’hi-tech

Loading

« Duro come l’acciaio Krupp » era uno dei motti adorati da Adolf Hitler. A Essen, nella Villa Huegel della potentissima famiglia di industriali del metallo, dei discendenti del mitico Alfred Krupp, il Fuehrer era di casa, esattamente come lo era stato l’imperatore Guglielmo II. E persino dopo la riabilitazione post-nazista, dopo che i Krupp erano finiti a Norimberga sul banco degli imputati, la dimora della famiglia celebrata anche da Luchino Visconti continuò ad essere meta adorata da molti capi di Stato che passavano per l’allora capitale tedesca Bonn. I Krupp continuarono ad essere una sorta di ministero degli Esteri ombra, quando erano guidati da Berthold Beitz, il Gianni Agnelli tedesco.

Adesso quel leggendario cognome sarà separato per sempre dal destino dell’”oro” della Ruhr – troppo instabile, troppo esposto alla concorrenza internazionale e, più di recente, ai dazi di Donald Trump. Insieme a un altro cognome legatissimo all’acciaio nell’aristocrazia industriale tedesca, Thyssen. Ieri il gruppo nato dalla fusione dei due imperi tedeschi, Thyssenkrupp ha formalizzato il merger con l’indiana Tata. Dopo due anni di negoziati serrati, è nato ufficialmente il secondo colosso europeo del settore dopo ArcelorMittal, un gruppo da 48mila dipendenti sparsi in Germania, nel Regno Unito e nei Paesi Bassi.
Tuttavia Thyssenkrupp ha fatto sapere che parteciperà con il 50% al nuovo gruppo che avrà il suo quartier generale ad Amsterdam e che si sgancerà quasi del tutto dall’acciaio per concentrarsi sulla produzione di ascensori, componentistica auto, sottomarini e impianti industriali. Per la Germania, è la fine di un’era.
La sfida della fusione con Tata e l’allontanamento dal core business è stata lanciata del numero uno del gruppo Heinrich Hiesinger, che già al suo arrivo, nel 2011, aveva messo in chiaro che l’acciaio avrebbe perso rilevanza. Negli anni successivi Hiesinger ha imposto una cura dimagrante all’azienda rimpicciolendola da 180 mila a 157 mila dipendenti, ma dopo aver visto branca americana inghiottire miliardi di perdite, Hiesinger ha cominciato a vendere. Prima, nel 2013, si è liberato dell’acciaio americano, quattro anni dopo di quello brasiliano. L’inizio della fine di una lunga tradizione.

Fonte: Tonia Mastrobuoni, LA REPUBBLICA

photo: By Dortmund2008 [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html) or CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], from Wikimedia Commons



Related Articles

G20 a Venezia. Multinazionali: per le ONG serve una tassa minima al 25% e non al 15%

Loading

Si allarga la protesta contro l’accordo fiscale. L’aliquota minima al 15% è troppo bassa e tardiva, penalizza i paesi poveri e rischia persino di non tenere conto delle grandi aziende. Da Gabriel Zucman, coordinatore dell’Osservatorio fiscale europeo a Oxfam le ragioni per il 25%. In 10 anni l’Italia otterrebbe 110 miliardi in più per rifinanziare il Welfare

Più tempo ai Caf per presentare il 730 Autonomi, reddito medio a 28 mila euro

Loading

I dati 2014 sui contribuenti soggetti agli studi di settore. Dichiarazioni, si va al 22 luglio

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment