Dopo 6 anni nell’ambasciata a Londra, l’Ecuador è pronto a scaricare Assange

by ENRICO FRANCESCHINI * | 23 Luglio 2018 9:21

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LONDRA. Dalla prigionia volontaria nell’ambasciata che gli dà asilo politico a detenuto effettivo in un carcere britannico, in attesa di estradizione negli Stati Uniti? Potrebbe essere la svolta imminente nella vicenda di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks rifugiatosi sei anni or sono nella sede diplomatica dell’Ecuador a Londra. Secondo indiscrezioni pubblicate da Intercept, il sito di giornalismo investigativo del reporter inglese Glenn Greenwald ( autore dello scoop sul ” Datagate” di Edward Snowden sul Guardian), il presidente ecuadoregno Lenin Moreno, ufficialmente in Inghilterra per partecipare a un summit sulla disabilità globale, in realtà sta trattando in segreto con il governo di Theresa May la soluzione del caso. Uno sviluppo già nell’aria da tre mesi, quando il governo di Quito tolse ad Assange l’accesso a internet, limitandone le comunicazioni con l’esterno, in risposta alle proteste della Spagna per i suoi tweet a favore della Catalogna.

Nel 2012 il fondatore del ” sito delle soffiate” andò a nascondersi nell’ambasciata londinese dell’Ecuador per sfuggire un mandato di estradizione in Svezia, dove era perseguito per abusi sessuali nei confronti di due donne. Pur negando le accuse, Assange ha sempre sostenuto che sarebbe andato a Stoccolma a rispondere delle imputazioni, se non fosse stato per il timore di essere successivamente estradato negli Usa, dove verrebbe incriminato per violazione di segreti di stato a causa dei dossier sulla guerra e sulle torture in Iraq e Afghanistan pubblicati da Wikileaks. Una possibilità resa più concreta da quando alla Casa Bianca c’è Donald Trump, la cui amministrazione ha lanciato svariati segnali in tal senso. Dopo una lunga diatriba giudiziaria, recentemente la giustizia svedese ha chiuso l’indagine nei suoi confronti. Ma a questo punto Assange teme di essere estradato negli Usa direttamente dalla Gran Bretagna.

Contro di lui resta un possibile reato che ne richiederebbe l’arresto immediato: la violazione dei termini della libertà vigilata che gli era stata concessa mentre era in corso a Londra il processo per l’estradizione in Svezia. Un’infrazione minore, che comporta un massimo di tre mesi di carcere e i suoi avvocati chiedono che il tempo trascorso come ” prigioniero di fatto” nell’ambasciata gli venga riconosciuto a tale fine. Ma secondo Greenwald rischia un’incriminazione più grave per ” vilipendio della corte”, con una pena fino a due anni. Appena arrestato, affermaIntercept, scatterebbe comunque l’immediata richiesta di estradizione.

Sulla questione peserebbero vasti equilibri politici, dal desiderio di Moreno di avere migliori rapporti con Washington fino alla necessità di Theresa May di negoziare un patto di libero commercio con Trump mentre cerca di sopravvivere alla Brexit. Sullo sfondo emerge un paradosso, quello della parabola di Assange stesso: un tempo visto come paladino della libertà d’informazione, oggi considerato dai suoi critici un complice oggettivo di Trump nella campagna presidenziale per la pubblicazione delle email di Hillary Clinton su Wikileaks. « Cosa succederà poi? » , si chiede il sito di Greenwald. Non si esclude un’altra mossa in questo “grande gioco” geopolitico: la consegna a Trump di Edward Snowden, l’ex agente della Nsa e della Cia, il fuggitivo nascosto dal 2013 a Mosca fra le braccia di Putin, che potrebbe portarlo “in dono” al presidente Usa se il summit autunnale a Washington diventerà realtà. Una cosa è certa. In questi giorni Assange e Snowden, le due “primule rosse” della libertà digitale, non dormono sonni tranquilli.

* Fonte: ENRICO FRANCESCHINI, LA REPUBBLICA[1]

photo: By wl dreamer [CC BY-SA 3.0 ], from Wikimedia Commons

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  1. LA REPUBBLICA: http://www.repubblica.it/

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