Diciotto milioni di italiani a rischio povertà, record nel Sud

by il manifesto | 7 Luglio 2018 9:16

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Oltre 18 milioni di italiani risultano a rischio povertà o esclusione sociale, il 30% della popolazione, quasi uno su tre. In Europa stanno peggio solo in Bulgaria, Romania, Grecia e Lituania, ma la situazione sociale italiana è molto lontana da quella francese di Francia (il 18,2% è a rischio «esclusione»), Germania (19,7%) e Regno Unito (22,2%). è il risultato del monitoraggio sui 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile contenuti nell’Agenda 2030 (Sustainable Development Goals – SDGs).

Per la strategia Europa 2020 l’Italia dovrebbe far uscire 2,2 milioni di persone dalla condizione di povertà ed esclusione sociale, rispetto al 2008 quando 15 milioni si trovavano in questa situazione. In poco meno di due anni si dovrebbe fare quello che non è accaduto in dieci. La povertà sta invece crescendo. Nel Mezzogiorno è a rischio di povertà quasi la metà della popolazione (46,9%) contro uno ogni cinque del Nord (19,4%). Nel 2017 si stima siano 5 milioni e 58mila gli individui a trovarsi in una condizione di difficoltà estrema (8,4% in «povertà assoluta»), mentre peggiora la condizione dei giovani e degli anziani, i più esposti in questo processo dove non manca la povertà di reddito e la grave deprivazione materiale. Va ricordato, come emerso chiaramente nel rapporto Istat che le più malmesse sono le famiglie degli stranieri residenti che vivono e lavorano: il 27% di quelle povere nel nostro paese, oltre una su quattro, più di un terzo sul totale degli indigenti.

Ieri l’Istat ha evidenziato una nuova decelerazione della crescita. I consumi crescono solo sul web. Cibo e bevande esclusi, a maggio, sono ferme le vendite della grande distribuzione e in caduta libera quelle dei piccoli negozi (-2,3%). Confesercenti ha definito i dati Istat «una tragedia». I saldi 2018 saranno «i più scontati degli ultimi anni» con riduzioni del 30-40% sul prezzo di cartellino. L’insieme dei primi cinque mesi dell’anno, poi, mostra un quadro di consumi in caduta, dello 0,2% in valore e dello 0,6% in volume. Nel commercio tradizionale, solo le grandi catene alimentari crescono (+1% da gennaio) sulla spinta dei discount.

L’agenzia S&P Global Ratings ha tagliato le stime sulla crescita all’1,3% nel 2018 (dall’1,5%) e ha lasciato invariato all’1,2% quella del 2019. Come si legge in una nota, «la più alta inflazione, in parte collegata al rialzo dei prezzi dell’energia, peserà sui consumi, specialmente perché la crescita dei salari deve ancora prendere piede».

FONTE: IL MANIFESTO[1]

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