Daisy Osakue: “Questo Paese è cambiato, c’è un clima di odio”
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TORINO «Quei codardi hanno trovato la persona sbagliata». È arrabbiata Daisy Osakue, discobola della nazionale azzurra, 22 anni, quando esce dall’ospedale con un occhio bendato e la diagnosi di «abrasione alla cornea».
Domenica sera, mentre tornava a casa a Moncalieri, alle porte di Torino, è stata colpita da un uovo lanciato da un’auto in corsa.
«Questa cosa è accaduta proprio a me, non so se sia un segno, ma mi spinge a continuare a smuovere le coscienze», attacca. E d’altra parte il suo sindaco Paolo Montagna l’ha già coinvolta come testimonial per una serie di incontri di educazione civica nelle scuole: lei che è nata in Italia da genitori nigeriani, ha avuto la cittadinanza a 18 anni e da quando studia in Texas si sente «cittadina del mondo». Daisy gesticola nervosa quando parla della raccomandazione dei medici di non fare sforzi per almeno due giorni. Proprio a lei che si sta allenando per gli Europei assoluti in cui dal 9 agosto gareggerà nel disco e nel peso. Ma è una preoccupazione che archivia in fretta: «Farò di tutto per essere a Berlino». Quello su cui invece insiste è «il clima di odio che genera episodi come questo».
Perché hanno scelto lei come bersaglio?
«Non voglio usare né la carta del razzismo né del sessismo, però a mio avviso stavano cercando una persona di colore: quella è una zona frequentata da prostitute e sono stata scambiata per una di loro. Non hanno preso me per caso visto che a qualche decina di metri c’era altra gente: l’ho detto anche al premier Giuseppe Conte, che è stato molto gentile e mi ha chiamato. Come gli ho detto che mi preoccupa è il pregiudizio, l’ignoranza. Sono tornata in Italia dopo 10 mesi all’estero e ho trovato un Paese diverso, è triste da dire ma si sente la tensione in giro. Stavolta è stato un uovo, ma un’altra volta potrebbe essere un sasso, una bottiglia o chissà».
Cosa è accaduto esattamente?
«Stavo tornando a piedi a casa, era mezzanotte e un quarto. Mentre attraversavo sulle strisce ho visto una macchina che accelerava verso di me. Sono salita in fretta sul marciapiede e in quel momento il Fiat Doblò si è affiancato. Saremo stati a un metro di distanza».
Ha visto chi c’era a bordo?
«Due ragazzi. Il passeggero teneva il braccio alzato, come per reggersi alla maniglia sopra il finestrino.
Invece stava prendendo la mira. Ma non ho capito subito quello che era accaduto. Ho sentito un fortissimo dolore all’occhio e mi sono accorta che c’era qualcosa di liquido. Ero spaventatissima, non sapevo che cosa fosse. Dal dolore che avevo ho pensato che potesse essere acido.
Invece a terra c’era un uovo».
L’hanno insultata?
«Non hanno detto nulla. Non so se definirli vandali, bulli, ma secondo me sono codardi perché non si sono neanche fermati. Ovviamente era una cosa premeditata, uno non gira con delle uova fresche in macchina e se non le avessero tirate a me, forse le avrebbero tirate contro qualcun altro. Ma credo volessero prendersela con una prostituta».
I carabinieri hanno riferito che da una stessa auto qualche giorno prima erano state lanciate delle uova contro un gruppo di donne bianche. E anche per questo gli investigatori pensano di non contestare l’aggravante della discriminazione razziale.
«Non so se sia razzismo quello che è accaduto a me, ma certamente il clima di violenza diffusa che vedo mi spaventa. Uno deve poter camminare tranquillo per strada senza aver paura che gli accada qualcosa».
Le era mai accaduto qualcosa del genere?
«Insulti purtroppo ne ho ricevuti, ma finché dici una cosa io posso rispondere. Così invece è molto più grave».
È accaduto a scuola, nello sport?
«No, a scuola c’era gente da ogni dove: sono stata anche eletta rappresentante d’istituto. E anche a livello sportivo invece non ho mai avuto problemi. Nell’atletica è tutto più tranquillo, c’è veramente accoglienza, siamo in tanti ad arrivare da Paesi diversi ma gareggiamo tutti per l’Italia. Credo che l’ignoranza sia fuori».
C’è razzismo in Italia secondo lei?
«Il razzismo è in tutto il mondo. Ma non capisco perché ultimamente in Italia si tenda a dare delle colpe a qualcuno e trovare un pretesto per le cose che non vanno. Non vorrei esagerare ma lo aveva già fatto Hitler. Adesso diranno che uso parole forti, ma sono queste cose qua che creano le guerre che abbiamo tutti studiato. E in questo i media hanno un potere pazzesco: le persone stanno sempre attaccate alla televisione e se tu gli dai odio, l’unica cosa che ottieni è odio.
Quindi se chi va in tv lancia messaggi contro gli immigrati, presentandoli come un pericolo, chi costantemente sente queste parole reagisce come un giustiziere».
Ci sono state molte reazioni alla sua aggressione?
«Ho avuto la solidarietà di molte persone, nella mia città, nel mondo dell’atletica e della politica. Sono felice che in molti si stiano accorgendo che la situazione non sta peggiorando lentamente, è già al limite».
Qual è stato il suo primo pensiero quando è stata colpita?
«Gli Europei, temevo che mi venisse cancellata questa opportunità.
Dovrò stare a riposo due giorni ma già dopo il prossimo check-up dovrei poter riprendere gli allenamenti».
Già ha dovuto patire troppe rinunce quando non aveva ancora la cittadinanza italiana?
«È stata una grande sofferenza quando non ho potuto gareggiare alle Gymnasiadi di Brasilia nel 2013 perché non ero ancora cittadina italiana. Ma con il senno di poi quelle privazioni mi hanno dato ancora di più la carica».
E la gioia di cantare l’Inno di Mameli?
«Lo so a memoria da quando sono bambina ed è stato un sogno che si è realizzato . L’ho cantato quando ho vinto i Giochi del Mediterraneo a Jesolo: non mi sono sentita più italiana per questo, ma è stata un’emozione che i compagni cantassero l’inno grazie a una mia vittoria».
Cos’è la sua vita, oltre all’atletica?
«L’atletica è un amore nato alle medie, prima con gli ostacoli poi con il disco, ma prima c’era stato il tennis: lo sport è sempre stato di casa perché i miei genitori sono sportivi e anche i miei fratelli. Ma un giorno smetterò».
E sa già cosa vorrebbe fare?
«Ho tanti interessi: la politica per esempio, da anni sono iscritta ai Giovani democratici. E mi piacerebbe lavorare alle Nazioni unite. Adesso in Texas all’università sto seguendo corsi di Criminal justice».
Com’è arrivata negli Stati Uniti?
«Grazie a una borsa di studio che mi è stata offerta proprio per i miei risultati sportivi: un’opportunità che in Italia praticamente non esiste».
* Fonte: FEDERICA CRAVERO, LA REPUBBLICA
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