All’improvviso, il respiro della storia

All’improvviso, il respiro della storia

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La gente pensa che la storia abbia un respiro lungo ma la storia, in realtà, ti si para davanti all’improvviso. È la riflessione illuminante di Nathan Zuckerman in Pastorale Americana di Philip Roth, che si prende carico di scrivere la biografia dello «svedese».

Così, con queste parole, lo scrittore rappresenta la tragedia improvvisa (la figlia terrorista) che cambia l’intera vita del personaggio principale del libro.

Un uomo (lo «svedese») che d’improvviso si ritrova in mano le carte sbagliate per la partita da giocare. Assolutamente impreparato a ciò che sta per abbattersi su di lui; la tragedia dell’uomo impreparato alla tragedia: cioè la tragedia di tutti.

Ma è anche una metafora della «caduta», il crollo dell’utopia dei giusti, il trionfo della rabbia cieca e innata dell’America.

Oggi quella riflessione appare più che mai attuale per rappresentare un mondo, l’Occidente, e in particolare lo scenario italiano, di fronte al dramma degli immigrati. Una storia che sembra venir fuori dalle tenebre della civiltà europea, come lo fu l’irrompere del nazifascismo a metà del ’900 (ma quello, almeno, era in gran parte annunciato).

E una storia gloriosa, quella della sinistra, spazzata via letteralmente in poco tempo come se fosse stata una grande illusione o un inganno, un fuoco di paglia destinato a bruciare tutto nel giro di una stagione.

I più, tra i compagni, hanno rinunciato a capire; altri aspettano che i nuovi arrivati al governo diano forfait perché la sinistra possa tornare in gioco, altri ancora tentano nuove coalizioni politiche che dovrebbero riavviare la nascita di una nuova e diversa sinistra. Ma tutti sembrano soccombere a questo ribaltamento improvviso di valori: la salvezza in mare, la vita delle persone non erano acquisiti per sempre? O forse no?

La Fortezza Europa, con i suoi balletti e le sue divisioni interne, si avvita sempre di più in una interminabile discussione su come contenere il flusso di arrivi senza perdere definitivamente la sua tradizione di civiltà.

Altri paesi, e l’Italia in testa, decidono che quel mondo dei dannati della terra – un mondo dal quale tutti i paesi europei hanno per decenni sottratto risorse e ridotto alla schiavitù i loro popoli – debba essere abbandonato alla propria sorte, che significa alla sorte dei loro tiranni di turno. Come se questa «loro sorte» non fosse la stessa dei dominanti. Che se si realizzasse, quell’altro mondo (l’Occidente), vecchio e stanco, non fosse condannato anch’esso a una lenta agonia.

È quanto mai triste che la sinistra non abbia elaborato per tempo una visione all’altezza della situazione: la storia le si è parata davanti all’improvviso con il suo carico di umani disperati, di bambini, donne, giovani che fuggono da terre insanguinate da guerre o sconvolte dai cambiamenti climatici che continuiamo a ignorare.

La sinistra rischia di estinguersi alla stessa stregua di tante specie non adatte al cambiamento o come i dinosauri incapaci di fronteggiare la catastrofe.

È imbarazzante vedere alla televisione Martina balbettare sulle scelte fatte dal Pd, senza alcuna autocritica severa, attento agli equilibri e alle lotte interne al partito, come i suonatori dell’orchestra sul Titanic che affonda.

Eppure c’è un’opportunità unica, per l’Europa e per il nostro Paese in questo sbarco di migranti.

Guido Viale non si stanca di ricordarcelo dalle pagine di questo giornale.

C’è un futuro diverso e nuovo nell’accoglienza, un mondo di speranza fatto di convivialità, convivenza, solidarietà e di un’economia riconvertita, finalizzata a una stabilità degli ecosistemi di supporto alla vita, attualmente danneggiati in maniera quasi irreversibile.

Non è una dolce e ingenua utopia per anime belle: è ciò che solo ci resta; come non vedere questo futuro come il solo auspicabile per L’Europa? E i Salvini, i Di Maio e con loro la classe dirigente del continente europeo che si affanna a tenere fuori dai propri confini i «barbari» come se non fossero proprio i “barbari” a rappresentare la salvezza del continente malato. Quei volti giovani di uomini e donne pieni di energia e di speranza.

Gli stati europei difendono la propria effimera sovranità che non li salverà dalla catastrofe ecologica, politica, economica.

In molte città, in tanti paesi sperduti dell’Italia, si manifestano ormai durature forme di vita antagoniste che nemmeno guardano più alla politica, lontana dai loro bisogni. Che sono bisogni di stare insieme, di fare comunità, cultura e sperimentazione di nuove economie.

Ancora una volta la storia si presenterà davanti all’improvviso e chiederà conto dei misfatti che stiamo compiendo verso la specie umana e il suo ambiente.

* Fonte: Enzo Scandurra, IL MANIFESTO



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