A Roma sgombero di un centro d’accoglienza con 100 rifugiati

by Giuliano Santoro | 6 Luglio 2018 9:35

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Roma. E due giorni fa, una sentenza della seconda sezione del tribunale civile di Roma, ha sancito un principio allarmante: il ministero dell’interno dovrà risarcire i proprietari di Metropoliz, ex salumificio sulla Prenestina che ospita Il Museo dell’Altro e dell’Altrove (Maam) occupato dal 2009 per quasi 30 milioni di euro. L’istituzione sarebbe responsabile della «carente attività di prevenzione» e della «altrettanto carente attività di repressione delle occupazioni abusive»

Roma si è svegliata ieri mattina con uno sgombero che alimenta la tensione palpabile attorno alle occupazioni abitative e ai temi dell’accoglienza. Ne fanno le spese un centinaio di rifugiati provenienti soprattutto dal Sudan che vivono da anni in un palazzo a ridosso della via Tiburtina, a est della capitale. Nel 2013 il progetto che li ospitava aveva cessato di esistere. Da allora i rifugiati autogestiscono il cento di accoglienza. «Per anni abbiamo pensato a tutto noi stessi – spiega Akhmad, 44 anni – Ci facciamo da mangiare, facciamo le pulizie. Perché proprio ora ci fanno questo? Dove dovremmo andare?».

LUI E I SUOI COMPAGNI hanno deciso di accamparsi per strada, davanti all’edificio di via Scorticabove che per anni è stato la loro casa. Li appoggiano cittadini solidali, sindacati di base e gli attivisti di Baobab Experience. Aboubakar Soumahoro, dell’Usb, sottolinea l’assenza delle istituzioni: «Avevamo chiesto un tavolo di confronto al comune di Roma, senza ricevere alcuna risposta.

La sindaca Virginia Raggi deve venire qui, prendersi le sue responsabilità e confrontarsi con noi». «Procrastinano da anni – dice Federica Nunzi responsabile immigrazione dell’Unione Inquilini – Nonostante gli annunci di rinnovamento da parte del M5S non vediamo nulla di nuovo: siamo davanti ad uno sgombero disumano, come lo era stato quello di via Curtatone». Il parallelo con gli eventi di un anno fa, quando un altro grande palazzo occupato da rifugiati eritrei venne sgomberato senza che venissero offerte soluzioni alternative, rimanda alla definitiva rottura del rapporto di fiducia tra l’amministrazione comunale grillina e la Roma dei movimenti e delle associazioni antirazziste.

RAGGI SI SCOPRÌ IN LINEA con l’allora ministro dell’interno Marco Minniti, che predispose un codice di condotta per i futuri sgomberi. Da allora circola una lista delle prossime occupazioni abitative sotto attacco: una parte dei diecimila romani accolti in spazi conquistati dai movimenti di lotta per la casa rischia di trovarsi in mezzo alla strada. E da mesi Raggi blocca i fondi regionali di cui dispone per la costruzione di nuove case popolari perché rifiuta di riconoscere un posto in graduatoria ai tanti che provengono dalle lotte per la casa.

ADESSO AL VIMINALE c’è Matteo Salvini. Ieri la sindaca ha confermato la sua adesione alla linea dura del governo gialloverde in un’intervista al Fatto Quotidiano. E proprio due giorni fa, una sentenza della seconda sezione del tribunale civile di Roma, ha sancito un principio allarmante: il ministero dell’interno dovrà risarcire i proprietari di uno stabile occupato dal 2009 per quasi 30 milioni di euro. L’istituzione sarebbe responsabile della «carente attività di prevenzione» e della «altrettanto carente attività di repressione delle occupazioni abusive».

«L’OCCUPAZIONE ABUSIVA non lede i soli interessi della parte proprietaria – prosegue il dispositivo – Lede anche il generale interesse dei consociati alla convivenza ordinata e pacifica e assume un’inequivoca valenza eversiva». Ci sarebbe da chiedersi come tutto ciò sia compatibile con l’articolo 42 della Costituzione, che limita il diritto alla proprietà privata alla sua «funzione sociale».

PARADOSSO ULTERIORE, e ulteriore contraddizione che ricade l’amministrazione capitolina, il fatto che la sentenza si riferisca all’occupazione di Metropoliz, ex salumificio sulla Prenestina, non lontano da quella Tor Sapienza che ospitò assalti ad un centro di accoglienza ormai due anni fa. Questa occupazione, invece, ospita centinaia di uomini e donne e accoglie anche il progetto del Maam, museo underground curato da Giorgio De Finis.

Lo stesso esperto scelto dal vicesindaco e assessore alla cultura Luca Bergamo come curatore del Macro, istituzione dell’arte contemporanea romana. La sentenza, peraltro, si allarga a valutazioni generali ardite: «L’esecuzione degli sgomberi forzati – afferma il giudice -può certamente determinare immediati, ma evidenti e limitati, turbamenti dell’ordine pubblico. Ma la tolleranza delle occupazioni abusive, al contrario, può determinare situazioni di pericolo meno evidenti ma decisamente più gravi nel medio e nel lungo periodo». Un macigno sul fragile equilibrio che regge molte occupazioni.

FONTE: Giuliano Santoro, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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