Trump e la caduta dell’impero

by Paul Krugman | 20 Giugno 2018 17:45

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Il governo Usa sta strappando i bambini dalle braccia dei genitori per chiuderli in aree recintate. Il presidente Usa sta imponendo alle forze dell’ordine di smettere di indagare sui suoi collaboratori per mettersi a dare la caccia ai suoi avversari politici. Sta insultando gli alleati democratici ed esalta i dittatori sanguinari. Oltre a ciò, una guerra commerciale globale appare sempre più probabile.
Che cosa hanno in comune questi avvenimenti? Chiaramente sono tutti collegati alla personalità dell’uomo che siede alla Casa Bianca, senza dubbio l’essere umano peggiore che abbia mai occupato la sua posizione. Si deve tener presente, però, anche un contesto molto più ampio, che non riguarda soltanto Donald Trump. Ciò a cui stiamo assistendo è un ripudio sistematico dei valori americani invalsi da tempo, proprio i valori che hanno fatto grande l’America. Il nostro ruolo nel mondo si è sempre basato su qualcosa di più dei soldi e delle armi: si è basato anche sugli ideali. L’America incarna qualcosa di ben più grande, i principi universali della libertà, dei diritti umani e della legalità. La Pax americana era una sorta di impero: è innegabile che l’America è stata prima inter pares per molto tempo. Ma, rispetto ai parametri storici, è stata un impero straordinariamente benevolo, tenuto insieme dal soft power e dal rispetto, più che dalla forza.
Se foste mai indotti a considerare qualcosa di completamente distaccato gli accordi commerciali internazionali, sappiate che non è così. Anzi, gli accordi commerciali erano stati concepiti proprio per rendere l’America più ricca, ma fin dall’inizio implicavano qualcosa di più dei dollari e dei centesimi. In verità, il moderno sistema commerciale internazionale in buona parte è figlio non di economisti o di interessi affaristici, bensì di Cordell Hull, il segretario di Stato che servì a lungo nell’amministrazione di F.D. Roosevelt e che credeva che “gli scambi commerciali redditizi tra le nazioni” fossero presupposti indispensabili per dar vita a “una pace duratura”. Così, tutto quello che sta accadendo oggi è parte di un tutt’uno. Commettere azioni spietate alla frontiera, scagliarsi contro la legalità interna, insultare i leader democratici elogiando invece i delinquenti e violare gli accordi commerciali sono tutti quanti modi per porre fine all’Eccezionalismo americano. Ripudiare i nostri ideali non ci renderà più forti. Ci renderà più deboli. Eravamo leader di un mondo libero, una forza tanto morale quanto finanziaria e militare. Adesso, invece, stiamo gettando tutto ciò alle ortiche.
C’è anche dell’altro: tutto questo non tornerà utile ai nostri interessi.
L’America non è neanche lontanamente una potenza dominante come 70 anni fa. Trump farnetica se crede che gli altri paesi faranno marcia indietro davanti alle sue minacce. Se poi ci indirizzeremo davvero verso una guerra commerciale in piena regola, sia lui sia i suoi elettori resteranno sconvolti da come andranno le cose: alcune industrie ci guadagneranno, ma milioni di lavoratori saranno trasferiti altrove. Da tutto ciò consegue che Trump non sta facendo di nuovo grande l’America. Sta soltanto distruggendo una volta per sempre tutto ciò che ci rendeva grandi sul serio, trasformandoci in uno dei tanti bulli.
Tuttavia, si tratta di un bullo le cui prepotenze sono di gran lunga meno efficaci di quello che egli immagina.

Fonte: Paul Krugman, LA REPUBBLICA[1]

Paul Krugman, economista Usa, collabora con il New York Times
Traduzione di Anna Bissanti
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Endnotes:
  1. LA REPUBBLICA: http://www.repubblica.it/

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