Pozzallo, finalmente sbarcati i migranti della Diciotti
Nove giorni di navigazione dal naufragio, gli ultimi tre al largo di Malta in attesa della comunicazione del porto italiano in cui sbarcare, martedì sera la decisione: di notte, intorno all’una, i 509 migranti (incluse 71 donne, 6 incinte, e 38 minori) a bordo della nave della Guardia costiera Diciotti sono approdati a Pozzallo.
Dieci erano erano stati evacuati nel pomeriggio per motivi medici. Nel gruppo c’erano anche i 42 superstiti del naufragio del 12 giugno al largo della Libia soccorsi dalla nave della marina Usa Trenton: il gommone su cui viaggiavano aveva circa 117 persone a bordo, 12 i cadaveri avvistati in mare, in 63 si aggiungono all’elenco dei dispersi. Per 48 ore a bordo della Trenton la loro sorte è rimasta incerta, conseguenza della stretta imposta dal ministro Matteo Salvini agli sbarchi, poi il trasbordo sulla Diciotti e poi ancora una settimana prima di avere da Roma l’autorizzazione all’approdo. «I numerosi giorni trascorsi in mare – spiega il team di Medici per i diritti umani presente a Pozzallo – hanno esasperato le condizioni di disagio fisico e psichico, con una sintomatologia post-traumatica in gran parte dei superstiti, spesso in stato di shock».
All’ospedale di Ragusa è stato portato un uomo con ustioni da idrocarburi, un altro aveva una frattura con fissatore esterno, due avevano cicatrici di ferite da arma da fuoco, 70 i casi di scabbia. È approdato anche il cadavere di un giovane che viaggiava da solo, morto dopo essere stato salvato dal mercantile Vos Thalassa. «L’assegnazione di un porto sicuro è un imperativo umanitario e deve avvenire nel più breve tempo possibile – ha spiegato Marco Rotunno, dell’Unhcr Italia -. Molte persone attraversano il deserto in viaggi lunghi, subiscono torture, stupri, violenze. Dopo il soccorso, anche le cure sono urgenti».
Tra i 509 approdati in Sicilia un bambino eritreo di appena 8 anni: i genitori non avevano soldi sufficienti per tre e hanno scelto di farlo partire da solo. Ha lavorato nei paesi che ha attraversato per continuare a finanziarsi il viaggio fino alla Libia, dove è stato sei mesi prima di finire su un gommone per l’Italia.
Lucilla Garufi di Intersos ha raccolto le testimonianze dei superstiti del naufragio del 12 giugno: «Il gommone ha ceduto: si è creato un buco al centro che ha inghiottito parte di loro, inabissandosi prima da un lato e poi dall’altro. Due sorelle gemelle di 19 anni hanno visto un’altra sorella annegare. Hanno visto una mamma con il suo bambino, molto piccolo, perdersi nel mare». Sono rimasti aggrappati ai cadaveri per rimanere a galla. L’équipe psicologica di Medici senza frontiere li ha accolti allo sbarco: «Non avevo mai visto occhi così impauriti e traumatizzati» commenta Teo di Piazza. «Il viaggio sulla nave della Guardia costiera ci è sembrato durare un anno» hanno raccontato. Mentre venivano avviati all’hot spot di Pozzallo è arrivata la notizia di un nuovo naufragio al largo della Libia: sei corpi decomposti spiaggiati sulla costa all’altezza di Janzur.
FONTE: Adriana Pollice, IL MANIFESTO
photo: By https://www.flickr.com/photos/80267103@N03/ ARPAT [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons
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