Linea Salvini, è il turno della nave Lifeline: «In porto solo se vuota»

Linea Salvini, è il turno della nave Lifeline: «In porto solo se vuota»

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Questa volta la prova di forza del ministro Salvini, che voleva spedire in Olanda la nave Lifeline della ong tedesca con 224 migranti a bordo salvati al largo della Libia, non è riuscita. Per ore l’imbarcazione è stata costretta a fermarsi in mare perché l’Italia, come aveva fatto con l’Aquarius di Msf poi scortata fino a Valencia per l’intervento della Spagna, non aveva concesso un porto sicuro per l’approdo, chiedendo ai Paesi bassi di farsi carico della nave: «Questo carico di esseri umani ve lo portate in Olanda, fate il giro un po’ largo», le parole sprezzanti del vice premier. Ma Amsterdam ha chiuso subito il dialogo comunicando al Viminale che Lifeline, anche se battente bandiera olandese, non è riconosciuta dal loro Paese.

UN RIMPALLO di competenze con le diplomazie insofferenti, mentre la ong tedesca invitava le autorità competenti «a reagire rapidamente in funzione del loro obbligo di designare un luogo di sicurezza», richiamando «il diritto internazionale».

Con Salvini sugli scudi a difesa della linea intransigente, a farsi carico dello stallo che si stava consumando ancora una volta sulla pelle dei migranti soccorsi c’ha pensato il ministro 5stelle per le Infrastrutture. «Nonostante siamo in mare libico ci assumiamo noi la responsabilità di portarli sulle navi della nostra Guardia costiera, la nave la porteremo in Italia dove dovrà fermarsi, perché la sequestreremo: è una nave apolide che non può navigare in acque internazionali».

POCO DOPO era il Viminale ad annunciare una modifica sostanziale alla soluzione indicata da Danilo Toninelli: della prima accoglienza dei migranti a bordo della Lifeline dovranno farsi carico Malta e Libia, a quel punto, una volta svuotata, la nave potrà attraccare in un porto italiano – ma sempre per essere posta sotto sequestro.

Stessa sorte si prospetta per un’altra nave, la Seefuchs, che non è intervenuta in questa operazione, ma per la quale l’Olanda, sostiene il ministro Toninelli, «ha affermato di non avere elementi sufficienti per dire che è registrata da loro». «Noi – aggiunge l’esponente 5stelle – siamo per il salvataggio delle vite, ma in sicurezza e legalità, prima di qualsiasi ideologia. È da irresponsabili trovarsi in mare libico a incentivare le partenze dei barconi della morte e poi non avere competenze e caratteristiche tecniche per intervenire».
Ma la ong Lifeline contesta le parole del ministro. La nave, spiegano i responsabili, era «il mezzo più attrezzato per soccorrere i migranti, bisognava dare una risposta immediata al naufragio». Anche perché, denuncia la ong, «le navi della guardia costiera libica intervenute nella zona del naufragio dei gommoni, non sono dotate di sufficienti attrezzature, come i giubbotti di salvataggio, e a bordo non c’è personale medico».

«Abbiamo ripetutamente chiesto agli stati europei di assumersi le proprie responsabilità e di inviare risorse – accusa la ong – ma non è successo nulla. Per cui il nostro equipaggio non aveva altra possibilità che quella di fare il proprio dovere, perfettamente in linea con il diritto internazionale».

LA ONG ESORTA I GOVERNI europei «a non violare il principio del salvataggio in mare a causa delle tensioni tra stati in materia di sbarco», perché «il momento per discutere la solidarietà europea non è quando le imbarcazioni con le persone in difficoltà arrivano nelle coste dell’Unione europea», ma «la priorità assoluta deve essere quella di offrire loro un accesso immediato al porto più sicuro». Mission Lifeline, secondo quanto si legge nel sito della ong tedesca, è stata costituita nel maggio del 2016.

A SETTEMBRE di quell’anno ha comprato per 200 mila euro la nave che porta il suo nome: 32 metri di lunghezza, 8 di larghezza, bandiera olandese. Lo scafo fu completato nel 1968 nel cantiere navale Hall, Russell & Company ad Aberdeen. In origine era un peschereccio utilizzato come nave da ricerca per l’industria della pesca britannica. Nel 2015 l’acquistò la ong Sea-Watch e la trasferì ad Amburgo, dove nei cantieri navali di Pella Sieta fu convertita in scialuppa di salvataggio. Ribattezzata Sea Watch 2, a marzo del 2016 fu trasferita a Malta per essere operativa del Mediterraneo. Nel 2016 l’acquisto da parte di Mission Lifeline.

FONTE: Alfredo Marsala, IL MANIFESTO



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