In Europa scontro totale sui migranti, tensioni con la Francia
Delitto d’asilo. Lezioni ipocrite»: palazzo Chigi valuta l’annullamento del vertice Conte-Macron di venerdì. Alza il tiro anche la Spagna
La crisi dell’Aquarius diventa un incidente diplomatico di prima grandezza, tanto da far mettere addirittura in forse il vertice italo-francese tra Macron e Conte di venerdì a Parigi. La tensione è tanto alta da allarmare al massimo Angela Merkel: «Se la Ue non riesce a rispondere in modo unitario sull’immigrazione esplode». La voce su una possibile scelta deflagrante di Conte parte da palazzo Chigi, dopo lo scambio di accuse tra Parigi e Roma oltre i confini dell’insulto. Il 5S Toninelli ammette: «Io confermerei il vertice ma decide Conte». Alla fine, quasi certamente, il vertice ci sarà. Ma in un clima tesissimo, un incendio sul quale cerca di gettare acqua il ministro Savona: «Macron sta giocando un ruolo importante. Se troviamo un punto d’incontro rilanciamo l’Europa».
ALL’ORIGINE DELL’INCIDENTE due improvvidi attacchi partiti dalla Francia. Prima Gabriel Attal, portavoce di En Marche, il partito di Macron, definisce «vomitevole» il blocco dei porti deciso dall’Italia. Attal, almeno, è critico con la linea dura adottata anche dal suo Paese. Ma il secondo attacco parte direttamente dall’Eliseo: mette all’indice «il cinismo e l’irresponsabilità» del governo italiano. L’accusa non è infondata ma il pulpito non potrebbe essere peggiore. In materia la Francia è sempre stata infatti molto meno generosa dell’Italia.
E’ un fuoco incrociato. In contemporanea con l’affondo di Macron alza il tiro anche la Spagna, con la ministra della Giustizia Dolores Delgado che minaccia possibili «responsabilità penali internazionali» per l’Italia. Anche la Spagna negli anni scorsi si è distinta per la sua chiusura totale sul fronte immigrazione, ma a Madrid, a differenza che a Parigi, c’è almeno un nuovo governo che può scindere le proprie responsabilità da quelle del passato.
LA REAZIONE NON SOLO della maggioranza ma anche di Fi e FdI è immediata e durissima. Il Pd, dopo un attimo di esitazione, affida a Martina una critica severa per Macron: «Le scelte sbagliate del governo portano indietro l’Italia ma non accettiamo lezioni dalla Francia». Il livello dello scontro è troppo altro perché non si faccia sentire anche palazzo Chigi. Conte fa sapere di essere «fortemente irritato». Poi la presidenza del consiglio dirama un comunicato bellicoso: «Abbiamo accolto un inedito gesto di solidarietà della Spagna, che non è arrivato invece dalla Francia che ha più volte adottato politiche ben più rigide e ciniche in materia di accoglienza». Infine minaccia, sia pur informalmente, di annullare il vertice di venerdì.
LA SPARATA FRANCESE rafforza la posizione di Salvini. Da Di Battista a Di Maio l’intero M5S fa quadrato intorno al governo e alle sue scelte. Toninelli rivendica la «condivisione totale all’interno del governo» e replica a muso duro: «Nessuno deve permettersi di etichettare l’Italia e il governo come xenofobi e disumani». Il leader leghista può inoltre vantarsi di aver posto la questione al centro dell’agenda europea, provocando nell’Unione spaccature inedite. Se da un lato arrivano le bordate franco-spagnole, dall’altro il vicepremier tedesco Seehofer invita l’omologo italiano a Berlino, a conferma di quanto alto sia l’allarme tedesco. Se il leader dei socialisti europei Bullman definisce il leghista «un poveretto», il commissario Ue all’immigrazione Avramopoulos si dice invece ansioso di lavorare con lui. Oggi al Senato sarà Salvini e non Conte a informare l’aula sulla vicenda, sfruttando l’occasione per una nuova passerella.
In serata Salvini risponde di nuovo ai francesi, sfidando Macron ad accogliere i 9mila profughi che si era impegnato a ospitare, e agli spagnoli: «Loro hanno sparato alle frontiere, cosa che io non farei mai». Ma allo stesso tempo il leghista attenua i toni: «Non tutte le Ong potranno attraccare in Italia». Cosa diversa da «nessuna Ong».
LA REALTÀ È CHE SALVINI, a differenza dell’M5S, non punta a una modifica del trattato di Dublino: obiettivo poco realizzabile e che lo farebbe entrare in rotta di collisione con i suoi principali alleati in Europa, i Paesi di Visegrad. Punta su una strategia diversa, articolata da un lato sulle prove di forza in mare ma dall’altro su un potenziamento della strategia già adottata da Minniti: un accordo con i capibastone libici perché si occupino del lavoro sporco, e stavolta senza nemmeno prendere in considerazione quel pochissimo di diritti umani che ancora Minniti esigeva. Per questo entro la fine del mese sarà in Libia. Ma i costi dell’operazione, il saldo dovuto ai ras libici, vuole che vada tutto a carico della Ue.
FONTE: Andrea Colombo, IL MANIFESTO
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