Diritti Lgbti. Il Roma Pride si fa resistente, con le famiglie arcobaleno

by Eleonora Martini | 10 Giugno 2018 10:43

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Hanno risposto con la solita festosa allegria alla perversione bigotta di chi vorrebbe ingabbiare l’amore tra il diavolo e l’acqua santa. Un lungo corteo chiassoso e colorato con centinaia di migliaia di persone (ci vuole un’ora e mezza per vederlo sfilare tutto) che ballano al ritmo dei diciotto sound system lungo le vie del centro, dove qua e là spuntano tristi manifesti affissi da Militia Christi di cui pochi si accorgono.

Ma la parola «Resistenza» è tornata, nel Pride che come in molte altre città d’Italia e del mondo si è tenuto ieri anche a Roma, aperto da un camion dedicato alla neoconiata «Brigata arcobaleno» su cui viaggiano due partigiani dell’Anpi, Tina Costa e Modesto Di Veglia. Ci hanno messo la faccia anche loro, a 90 anni suonati, perché «la Liberazione continua», come recita lo slogan dell’orgoglio Lgbti nell’«era Fontana», il neo ministro della famiglia che ha il merito di aver fatto tornare la politica nel Pride.

«L’articolo 3 della Costituzione dice che ognuno deve vivere la sua vita come crede, bisogna dirlo ai nuovi governanti che vogliono rinchiuderci ancora nei ghetti e nei forni crematori: non siamo disponibili», afferma Tina Costa che mantiene tutta la grinta di quando era ragazza, nella convinzione che «la libertà conquistata allora se non la innaffiamo tutti i giorni muore».

Le fa eco un’altra “innaffiatrice”, la Radicale Emma Bonino, sempre più minuta, che sotto il sole arriva ben prima della delegazione capitolina, in compagnia del consigliere della Regione Lazio di +Europa, Alessandro Capriccioli. Di «resistenza», Bonino trova che ce ne sia proprio bisogno: «Sono molto contenta se anche tanti altri si svegliano, sebbene un po’ tardi. Mi preoccupa molto questo clima di estrema chiusura alle diversità che si respira e che rimanda alle politiche illiberali di Orban e Putin. Abbiamo una classe politica che si richiama alla nonviolenza e che invece sta sottovalutando tutto questo. Dobbiamo reagire almeno adesso, esigere che a contare non siano “prima gli italiani”, ma “prima le persone”».

Ad aprire il corteo, ci sono, tra gli altri, anche la leader della Cgil Susanna Camusso (il camion del sindacato spara: «Sull’amore non sindachiamo»), il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il suo vice Massimiliano Smeriglio, e una piccola delegazione di consiglieri comunali del M5S i in fascia giallo-rossa capitanata dal vicesindaco Luca Bergamo che si prende anche qualche fischio al posto di Virginia Raggi («non è presente perché è fuori Roma», la giustifica) durante i comizi dal palco di piazza Madonna di Loreto dove confluisce il Pride. Nella piazza arrivano anche il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina e Monica Cirinnà, la promotrice della legge sulle unioni civili.

«Le dichiarazioni del ministro Fontana non sono rincuoranti, così come non lo è avere un Ministero della famiglia, al singolare. Significa non avere la percezione di com’è la società. Aprano le finestre, si guardino intorno», esorta Camusso che al manifesto spiega: «Richiamarsi alla Resistenza sarebbe stato giusto anche senza il nuovo governo, perché si riaffacciano organizzazioni fasciste e xenofobe. Ma ci sono idee come la flat tax e la liberalizzazione delle armi che fanno alzare il campanello d’allarme».

Tempi bui, dunque, per la democrazia? «Spero di no – risponde Nicola Zingaretti – ma adesso sono loro che devono dimostrare ai cittadini che non c’è nulla di cui avere paura, che le libertà e i diritti non si toccano».
«La nostra presenza dimostra che non c’è nulla da temere dal M5S – è la risposta al manifesto di Luca Bergamo – Che esista ancora in Europa e nel nostro Paese una sacca di omofobia è un fatto, e allora ci mettiamo la faccia per difendere i diritti. Non si può tornare indietro nel riconoscere che le relazioni umane sono multiple e che non ha senso parlare di famiglia al singolare. Il compito delle istituzioni è stare nei luoghi come questo dove si difendono i diritti».

Dietro di lui sfilano decine di migliaia di persone e le mille associazioni che da decenni difendono i diritti Lgbti, in un Paese che ancora non ha una legge e un reato specifico contro l’omofobia. E adesso, con il ministro Fontana, torna un concetto caro agli orban di casa nostra. «Il governo dice che esiste una sola famiglia – urlano dal palco, prima che inizi la festa dell’amore – Noi esistiamo, non riporterete indietro questo Paese».

FONTE: Eleonora Martini, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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