by Alessandra Abbona | 14 Giugno 2018 9:03
Che cosa hanno in comune un agronomo che ha piantato un milione di alberi in Islanda, un gastronomo che conduce un’azienda agricola biologica in Molise e un attivista nato in un campo profughi della Somalia che si occupa di potenziare l’agricoltura locale?
Tutti e tre stanno spendendo le proprie energie per un comune obiettivo: praticare un modello di agricoltura sostenibile che sia produttivo e che sia veicolo di cambiamento ambientale, economico, sociale.
Come potrebbero essere più diversi, Eymundur Magnússon, Nicola Del Vecchio e Mohamed Abdikadir, così come le terre dalle quali provengono: eppure rappresentano una speranza o forse, con una metafora un po’ gradassa, un esempio di come si possa tirare il freno d’emergenza al treno della produttività lanciato ad alta velocità verso un binario mozzo.
Eymundur inizia a fine anni 70 a voler cambiare il volto di una remota valle dell’Islanda nordorientale. Per proteggere dal vento e dalle intemperie i vasti campi della regione, ha l’idea geniale di utilizzare gli alberi. Piante e arbusti frangivento, piantumati, nell’arco di 30 anni, anche grazie all’aiuto di fondi governativi. Oggi, Mister 1 milione di alberi, nella sua tenuta biologica di Vallanes coltiva considerevoli quantità di orzo, verdura e frutti che trasforma per la vendita e utilizza per la sua struttura agrituristica.
Il Molise è la casa di Nicola, una terra dove essere agricoltore è affare per coraggiosi. Con la compagna Michela Bunino, entrambi laurea in Scienze Gastronomiche in tasca, sono partiti da zero in una vecchia fattoria di famiglia, avviando un’azienda biologica multifunzionale: si lavora sulla filiera corta e si da valore agli scarti. Ulivicoltura, allevamento di galline allo stato brado, produzione di formaggi, orticoltura. La giornata è lunga e piena per i due giovani gastronomi che iniziano a raccogliere buoni frutti.
Mohamed Abdikadir viene da un paese, la Somalia, che non conosce la pace da 30 anni: praticamente la sua stessa età. Nato letteralmente sotto un albero e cresciuto in un campo profughi, Abdikadir ha la stoffa per farcela: studia, diventa formatore, poi attivista nel campo della promozione del cibo sostenibile. Incontra Slow Food e ne diventa il coordinatore locale, avviando il progetto degli Orti in tutto il suo paese. Ora, grazie a una borsa di studio, frequenta un Master all’ateneo di Pollenzo con l’obiettivo di tornare in Somalia.
Tre storie di straordinaria creatività che saranno premiate all’interno dell’evento Coltivare e Custodire[1], il 22 e 23 giugno prossimi, organizzato tra Pollenzo ed Alba dall’Università di Scienze Gastronomiche e dalle Aziende Vitivinicole Ceretto. Due giorni di incontri, laboratori didattici su orti, semi e buone pratiche, aperitivi e pranzi «green». La nostra Rivoluzione comincia dall’orto.
FONTE: Alessandra Abbona, IL MANIFESTO[2]
photo: l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo By Georgius LXXXIX [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html), CC-BY-SA-3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/) or CC BY-SA 2.5 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5)], from Wikimedia Commons
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