by Fabrizio Caccia | 11 Giugno 2018 9:58
«Questa è una nave che può ospitare al massimo 500-550 persone, perciò siamo oltre il limite. Abbiamo cibo, medicine e coperte ancora per pochi giorni, non più di 2 o 3. Poi non so che accadrà…». Aloys Vimard è il capo progetto di Medici Senza Frontiere a bordo della nave Aquarius. Parla con gli uffici di Roma, riferisce tutte le difficoltà adesso che arriva la notte, la seconda notte in mezzo al mare della nave ancora senza certezze, senza un approdo sicuro. «Per noi — sospira il dottore — la salvezza dei rifugiati dovrebbe venire prima di ogni considerazione politica…».
Dal coordinamento della Guardia Costiera italiana, intanto, prima di mezzanotte arriva l’ultima indicazione al comandante Aleksandr Kuzmichev: rimanere in standby, in questa posizione, trentacinque miglia nautiche dall’Italia e ventisette da Malta. In attesa che i governi si parlino e l’Europa infine trovi una soluzione per i 629 migranti a bordo. E Kuzmichev, russo di Sebastopoli, che lavora da anni per la Jasmund Shipping, la compagnia che affitta il natante alle due ong Msf e Sos Méditerranée per i soccorsi in mare, subito obbedisce: stop ai motori, la nave si ferma.
Seicentoventinove migranti, tra cui 123 minori non accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte. Tutti soccorsi l’altra notte in acque libiche nel corso di sei distinte operazioni portate a termine dalla nave Aquarius in collaborazione con altri tre mercantili e tre motovedette della nostra guardia costiera. «Quando sono saliti a bordo — racconta Aloys Vimard — erano evidenti su molti di loro i segni del lungo viaggio, della fuga dalla Libia, delle violenze subìte dai trafficanti di uomini. Erano tutti disidratati, ma ora li abbiamo nutriti, reidratati e stanno abbastanza bene. Non ci sono casi gravi, per ora».
Vimard è a capo della struttura Msf in missione sull’Aquarius, composta da un medico urgentista , due infermieri e un’ostetrica, il cui ruolo risulta spesso decisivo: come due settimane fa, il 26 maggio, quando la dottoressa Amoin Soulemane, in acque internazionali, fece nascere Miracle, un nome dato mica a caso, figlio di una donna dell’Africa subsahariana soccorsa due giorni prima da una nave della marina militare e poi trasferita sull’Aquarius. Miracle pesava 2,8 chili. Oggi il bambino chiamato Miracolo è al sicuro in Italia sulla terraferma.
Negli anni scorsi, quando ci fu la grande emergenza degli sbarchi in Italia, Aquarius arrivò a contenere fino a mille migranti in un solo giorno. Le Ong sono solite ospitare anche dei cronisti a bordo per documentare le difficoltà del lavoro: in questo momento, sulla nave in standby, ci sono un inviato del quotidiano El Paìs e le troupe di Euronews e della radio spagnola. Quelli di Sos Méditerranée, l’altra Ong internazionale che si serve di Aquarius per la ricerca e il soccorso dei migranti, sono coordinati invece da un giovane italiano, Nicola Stalla. L’equipe è formata da 12 marinai di origini diverse: italiani, francesi, inglesi. «L’altra notte ce la siamo vista davvero brutta — è il racconto di Stalla dalla nave —. Quando con Aquarius ci siamo avvicinati ai gommoni, i migranti, presi dall’ansia di salvarsi, si sono buttati tutti in mare, erano una quarantina e alcuni hanno rischiato di affogare. La situazione ora a bordo dell’Aquarius è sotto controllo, ma bisogna far presto perché le persone sono rimaste tutto il giorno ammassate sul ponte sotto il sole che picchiava. Ho visto anche alcuni con ustioni di benzina sul corpo. Ci sono sette bambini che hanno meno di 5 anni, per fortuna sono con le loro mamme, ma hanno bisogno d’aiuto. Tutti hanno bisogno al più presto di un porto sicuro».
FONTE: Fabrizio Caccia, CORRIERE DELLA SERA[1]
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