Una nave contro l’assedio di Gaza

Una nave contro l’assedio di Gaza

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Gaza. Si teme un intervento con la forza della Marina militare dello Stato ebraico

GERUSALEMME. Undici malati gravi, quattro studenti, due disoccupati, un medico e un infermiere ‎saliranno questa mattina a bordo di un peschereccio malandato di Gaza e ‎proveranno a prendere il largo, diretti verso Cipro, o la Turchia, magari l’Europa. La ‎meta in fondo conta poco. L’importante è segnalare al mondo la volontà della gente ‎di Gaza di spezzare l’assedio che dura da 12 anni. Sanno però che il loro viaggio ‎terminerà subito, già davanti alla costa di Gaza dove saranno certamente intercettati ‎e bloccati con la forza dalle motovedette della Marina israeliana che attua un rigido ‎blocco navale del piccolo territorio palestinese. Il loro destino è la detenzione in ‎Israele. Ma le cose potrebbero andare molto peggio. «Ci auguriamo che gli ‎israeliani non facciano uso della forza contro ammalati e civili che vogliono solo ‎rappresentare la popolazione di Gaza che chiede la libertà», ci diceva ieri Adham ‎Abu Silmiya, portavoce del Comitato nazionale contro l’assedio di Gaza, già ‎promotore della “Grande Marcia del Ritorno” in corso dal 30 marzo a ridosso delle ‎linee con Israele.‎

‎ Per il governo Netanyahu non ci sono dubbi. Anche questa iniziativa contro il ‎blocco sarebbe una manovra del movimento islamico Hamas per continuare la ‎guerra di attrito con Israele e per compiere attacchi. «Sono accuse false» ha spiegato ‎Abu Silmiye «nel nostro comitato sono incluse tutte le forze politiche palestinesi, ‎dentro c’è anche Hamas ma non è una iniziativa solo di Hamas. È tutto il popolo di ‎Gaza che lotta lungo i confini terrestri e ora anche marittimi per spezzare l’assedio. ‎È una lotta di persone comuni contro l’ingiustizia e per aprire un canale di ‎comunicazione con il resto del Mediterraneo. Per questo ci aspettiamo che il mondo ‎vigili e impedisca a Israele di usare domani (oggi) violenza con la nostra nave, come ‎fa ogni giorno contro i pescatori di Gaza».‎

‎ Nessuno può prevedere come andranno le cose questa mattina quando ‎l’imbarcazione palestinese salperà dal piccolo porto di Gaza, nei giorni scorsi preso ‎di mira dall’aviazione israeliana per distruggere presunte barche «della marina di ‎Hamas». Israele intanto si prepara a costruire un nuovo “muro”, questa volta in ‎mare. Sarà eretta una barriera sottomarina, tra le acque territoriali dello Stato ‎ebraico e quelle di Gaza. Per i comandi militari israeliani spegnerà qualsiasi ‎presunta velleità di Hamas di compiere attacchi dal mare, così come quella di ‎cemento armato e acciaio in costruzione intorno a Gaza metterà fine, sostiene, alla ‎costruzione di gallerie sottorranee da parte del movimento islamico. Il rischio più ‎concreto è che questa barriera sottomarina più che «impedire gli attacchi» finisca ‎per chiudere Gaza ancora di più nella morsa del blocco.

‎ La partenza oggi di una forse più imbarcazioni palestinesi, coincide con l’ottavo ‎anniversario dell’assalto in acque internazionali da parte di un commando israeliano ‎al traghetto “Mavi Marmara” diretto a Gaza, in cui rimasero uccisi dieci attivisti ‎turchi. Ankara lo denunciò come un “atto di pirateria” e ruppe le relazioni con ‎Israele riallacciandole solo dopo un deciso intervento Usa. Relazioni che stanno ora ‎vivendo una nuova lacerazione a causa delle tensioni causate dal trasferimento ‎dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. In queste settimane inoltre è ‎in corso una nuova missione della Freedom Flotilla (FF) che sta inviando una nave ‎a Gaza, la Awda, sempre allo scopo di rompere il blocco navale israeliano. La Awda ‎per il momento resta lungo le coste europee e dovrebbe tentare di raggiungere Gaza ‎verso la fine di luglio. Anche in questo caso è scontato un atto di forza della Marina ‎israeliana. Da parte sua la FF annuncia che altre tre navi seguiranno la Awda.‎

‎ Quattromilacinquecento paia di scarpe «per portare la tragedia di Gaza alle porte ‎del Consiglio europeo» è l’iniziativa tenuta ieri a Bruxelles da Avaaz – rete che ‎accoglie petizioni da oltre 47 milioni di attivisti online – in occasione del Consiglio ‎Affari esteri dell’Ue. Da ogni parte d’Europa hanno donato un paio di calzature per ‎ogni palestinese di Gaza e 425mila cittadini europei hanno sottoscritto la petizione ‎globale che chiede ai leader del mondo e ai ministri degli esteri di sanzionare Israele. ‎‎«Quello che sta succedendo in Palestina è una moderna apartheid»,‎‏ ‏ha scritto ‎Christoph Schott, responsabile della campagna. Intanto ieri la 117esima vittima a ‎Gaza negli ultimi due mesi. In un bombardamento israeliano contro una presunta ‎postazione di Hamas è stato ucciso Ahmed Rabea, di 25 anni. ‎

FONTE: Michele Giorgio, IL MANIFESTO



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