Spagna, il governo Rajoy al capolinea per lo scandalo corruzione nel Pp
Inizia una settimana di fuoco per la politica spagnola. Vada come vada, dopo la disastrosa sentenza per corruzione del che ha colpito decine di esponenti del Pp la settimana scorsa, e che ha condannato lo stesso partito, Rajoy sembra spacciato. Anche se con una vecchia volpe come don Mariano non si può mai dire.
DI CERTO C’È che la mozione di sfiducia presentata dai socialisti in fretta e furia, sembra in un gesto di autorità di Pedro Sánchez persino prima di consultare i «baroni» del partito, verrà discussa giovedì e venerdì. Allora si saprà se Sánchez sarà riuscito a scalzare Rajoy.
La presidente del Congresso Ana Pastor, che con la mozione presentata da Podemos un anno fa, impiegò 25 giorni a convocare la seduta, stavolta ha deciso di fare in fretta. Rajoy ha svuotato l’agenda di impegni per la settimana, quindi non esistono ragioni ostative «istituzionali». E d’altra parte, in molti nel Psoe e nel Pp preferiscono dare poco tempo a Sánchez per negoziare con i nazionalisti catalani o baschi, i cui voti sono cruciali. Il leader socialista ha già fatto sapere che accetterà i voti di tutti – è già una novità rispetto al passato – ma che non negozierà con nessuno. I suoi critici all’interno del partito vigilano sulle trattative con i partiti nazionalisti, una qualsiasi timida apertura rispetto alla questione catalana, per esempio, potrebbe costare l’esplosione del Psoe.
LA MOZIONE di sfiducia richiede la maggioranza assoluta, 176 voti. Ferma l’opposizione di Ciudadanos, e considerato l’appoggio promesso da Podemos (almeno prima del nuovo referendum fra gli iscritti, vedi articolo a fianco), per potercela fare Sánchez deve avere dalla sua tutti gli alleati di Podemos (Izquierda Unida, Marea, Compromís, Catalunya en comú) – e questa è la parte facile; ma anche tutti e tre i principali partiti nazionalisti (i catalani di Esquerra Republicana e del PdCat, e i baschi del Pnv, che hanno appena appoggiato la finanziaria di Rajoy in cambio di sostanziose contropartite economiche). Peraltro, perché la finanziaria entri davvero in vigore manca ancora il voto del senato – simbolico perché in mano al Pp e senza potere effettivo, ma necessario. Se votasse contro, il Congresso dovrebbe approvarlo di nuovo, e se ci fosse una nuova maggioranza potrebbe riaprirsi la questione.
Nessun partito per ora si è sbilanciato, ma l’ambiguità sia del Psoe – che formalmente non vuole negoziare ma «tende la mano per costruire un nuovo accordo nazionale per la rigenerazione democratica, per chiudere questa tappa nera e aprirne una nuova con un governo con tre obiettivi chiari, sfiducia, stabilità ed elezioni» – sia dei nazionalisti, nessuno dei quali si fida di Sánchez, non lascia ben sperare.
INTANTO CIUDADANOS ha dato l’ultima martellata alla bara politica di Rajoy. Con tre dei condannati per corruzione già in carcere (tra cui l’ex tesoriere del Partido popular Bárcenas) per la gravità delle condanne – per gli altri il tribunale decide mercoledì – Albert Rivera ha detto che «la corruzione ha liquidato la legislatura» e «il patto di investitura» che Ciudadanos aveva votato. Rivera chiede al presidente del governo di convocare subito elezioni anticipate – cosa che può fare solo se i socialisti ritirano la mozione. «Nessuno capirebbe» se Sánchez non la ritirasse qualora Rajoy promettesse lo scioglimento delle camere. Ma se invece Rajoy si «arroccasse», Rivera propone di presentare una nuova mozione «strumentale» con un per ora ignoto candidato di consenso «indipendente» e «senza ansie di potere» il cui compito sia solo quello di convocare elezioni in autunno. Un po’ come in Italia. In questo modo Rivera vorrebbe evitare i voti degli odiati «populisti» e «separatisti». Prima di venerdì c’è ancora spazio per le sorprese.
FONTE: Luca Tancredi Barone, IL MANIFESTO
photo: By European People’s Party (European People’s Party) [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)], via Wikimedia Commons
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