by Simone Pieranni | 25 Maggio 2018 10:29
L’uomo dei tweet fa saltare lo storico incontro con Kim Jong-un previsto per il 12 giugno a Singapore, con una lettera. Il riassunto è il seguente: potevamo fare la storia, ma per colpa vostra non si può fare. Ma, aggiunge Trump, se ci ripensate sono qui. Come se a disdire il meeting fosse stata Pyongyang.
Secondo il segretario di Stato americano Mike Pompeo, nell’audizione al Senato, negli ultimi giorni gli Usa avrebbero tentato ripetutamente di mettersi in contatto con la Corea del Nord sulla logistica del vertice di Singapore fra Trump e Kim, ma non avrebbero ricevuto risposta.
Sarà ma poco dopo l’invio della lettera trumpiana, è emerso un dettaglio ancora più inquietante: l’alleato degli Usa, la Corea del Sud, non ne sapeva niente: «Stiamo cercando di capire quale sia l’intenzione del presidente Trump e il suo esatto significato», ha affermato il portavoce dei Moon Jae-in, Kim Eui-kyeom, mentre alla Casa blu veniva convocato un gabinetto di emergenza.
Si tratta di un esito – al momento pare definitivo – di una distensione nella penisola coreana che è durata poco meno di un mese: dopo i giochi olimpici invernali, l’incontro del 27 aprile tra Moon Jae-in e Kim Jong-un al confine tra i due paesi aveva fatto credere un po’ a tutti che ci fossero davvero le possibilità per sbloccare la situazione. Lo voleva Seul, sembrava volerlo Pyongyang, lo voleva di sicuro la Cina, sembrava volerlo Trump.
Nella sua letterina, invece, il presidente americano parla di «straordinaria rabbia ed enorme ostilità» («The Donald» ha una evidente passione per il termine tremendous) dimostrata dalla Corea del Nord nei confronti degli Stati uniti. A cosa si riferisce? Secondo i media americani si riferirebbe alla vice ministra degli esteri nordcoreana Choe Son-hui che aveva definito il vice presidente degli Stati uniti, Mike Pence, «una stupida marionetta politica» (dopo le frasi sul destino della Libia e di Gheddafi associate a Pyongyang e Kim Jong-un).
Solo nella mattinata di ieri la carrellata di notizie al riguardo è stata devastante: la Corea del Nord ha sostanzialmente ufficializzato lo smantellamento del proprio sito nucleare (e a quanto è dato sapere ad assistere alla distruzione erano presenti anche giornalisti americani e sudcoreani), poi ha rilasciato un comunicato abbastanza duro nei confronti degli Stati uniti mettendo in dubbio il summit di Singapore a fronte degli atteggiamenti ostili degli Usa (le esercitazioni con Seul e le parole di Trump dopo il meeting con Moon di qualche giorno fa).
Poi Trump alla Fox aveva detto di essere pronto «a fare la storia», infine la missiva; quest’ultima non sfuma nel nulla solo l’incontro di Singapore, ma riporta l’orologio della crisi coreana a un punto morto. Dubbi sulla possibilità reale di avere un confronto tra Kim e Trump erano già arrivati nei giorni scorsi: è parso come se – improvvisamente – l’amministrazione americana si sia resa conto che in una negoziazione non si può solo pretendere, ma anche essere disposti a negoziare. Di fronte alle probabili parole di Moon circa le richiesta nordcoreane, «The Donald» è andato in tilt: prima il «forse» sull’incontro, poi ieri il definito addio.
Che la distensione dovesse passare attraverso una fase negoziale complicata non era stato sottovalutato da nessuno: lo straordinario incontro tra i due leader coreani aveva lasciato intuire un futuro trattato di pace, ma non aveva disegnato alcuna parabola certa riguardo un vero e proprio accordo tra Pyongyang e Washington.
A preoccupare dovrebbe essere l’atteggiamento degli Usa anche nei confronti della Cina, che il presidente americano ha accusato di essere «suggeritore» di Kim. Con il rischio di una guerra commerciale tutt’altro che risolta, la posizione americana rischia di essere molto pericolosa in Asia: la Corea rimarrà in balia delle comunicazioni – e degli atti – di Kim; la Cina rimane sospesa su una sorta di tregua sui dazi che a questo punto non si capisce che affidabilità possa avere.
Dopo essere uscito dall’Irandeal, Trump si dimostra ancora una volta poco credibile e affidabile (specie considerando che non ha avuto l’accortezza di avvisare della lettera Seul) e la Cina – che era parsa approfittare di questa politica ondivaga della prima potenza mondiale – ora forse comincerà a temerne gli effetti nefasti.
FONTE: Simone Pieranni, IL MANIFESTO[1]
photo: By Bwag [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], from Wikimedia Commons
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