Alla Honeywell di Atessa niente ammortizzatori: beffati e licenziati 400 operai
L’ultima beffa del Jobsact. I 400 operai della Honeywell di Atessa (Chieti) dallo scorso settembre sono dentro un incubo che sembra non avere fine. La proprietà statunitense dell’azienda che produce motori turbo ha deciso di delocalizzare la fabbrica in Slovacchia. Ora però il ministero del Lavoro ha appena negato loro la possibilità di avere la cassa integrazione straordinaria e con essa la possibilità di una re-industrializzazione del sito.
UNA VICENDA SIMILE A EMBRACO, che però avrà quasi certamente un finale peggiore: quasi salvi gli operai piemontesi, spacciati i loro omologhi abruzzesi che saranno tutti licenziati dal primo giugno. Nel primo caso – in piena campagna elettorale – il ministro Carlo Calenda ha preso a cuore il caso usando procedure al limite e impegnandosi personalmente per trovare gli imprenditori che si sono impegnati a riassumere tutti i dipendenti ora in Cigs. Nel secondo il ministero dello sviluppo ha trattato la vicenda di Atesssa senza particolare interesse.
Nell’accordo sottoscritto al Mise il 16 febbraio l’azienda si era impegnata a evitare i licenziamenti, predisponendo il mantenimento di un’attività e l’utilizzo di cassa integrazione straordinaria fino a febbraio 2019. Tra i punti positivi del testo c’era infatti la concessione a titolo gratuito del capannone a chi fosse interessato a far ripartire una qualunque attività. La Cig, quindi, rappresentava, oltre che una certezza salariale apriva la strada ad una possibile re-industrializzazione del sito.
LA BOCCIATURA DELLA RICHIESTA di cassa integrazione è del 21 maggio ed è firmata direttamente dal direttore generale del ministero Ugo Menziani.
Si tratta di una interpretazione restrittiva ma legittima del Jobs act. La riforma del lavoro ha infatti abrogato la cassa integrazione con cessazione di attività, la causale più utilizzata nel caso di cassa integrazione straordinaria dalle migliaia di imprese che hanno chiuso negli anni della crisi.
LA MOTIVAZIONE della bocciatura è questa: «Il programma di cassa integrazione straordinaria presentato dalla società è sostanzialmente finalizzato alla cessazione dell’attività di produzione di turbocompressori, che rappresenta l’attività principale dell’unità di Atessa, come si evince dalla circostanza che la maggior parte dei lavoratori in esubero (331 dipendenti) sono proprio quelli addetti all’attività da cessare».
La bocciatura è arrivata come una mazzata ad Atessa e in tutta la Val di Sangro che da mesi stava appoggiando compattamente la battaglia dei lavoratori della Honeywell anche perché in questi anni l’azienda americana si era portata a casa circa un miliardo di fondi pubblici.
«UN FATTO GRAVISSIMO – ha commentato il segretario provinciale Fiom di Chieti Davide Labbrozzi – che contrasteremo con forza. Con Fim e Uilm manifesteremo davanti al ministero lunedì», annuncia.
«La bocciatura della richiesta di Cig per i 400 lavoratori della Honeywell è una scelta grave – commenta Gianni Melilla, onorevole di Leu – . Non solo i lavoratori perdono il posto di lavoro, ma si vedono anche respingere un minimo ammortizzatore sociale come la Cig. Occorre che l’azienda, con il supporto della Regione e dei sindacati, ricorra contro questo provvedimento armonizzandosi pienamente alla normativa. Resta la profonda amarezza nei confronti di un comportamento padronale vergognoso favorito da leggi nazionali e normative europee che consentono delocalizzazioni nei paesi dell’Est con incentivi miliardari», conclude Melilla.
FONTE: Massimo Franchi, IL MANIFESTO
Related Articles
Tsipras: le nostre condizioni
Intervista al premier: «Accordo possibile ma non taglio pensioni e sussidi». «Se l’Europa non riesce a gestire noi che siamo così piccoli, come si farà con Spagna e Italia? Abbiamo sofferto più di tutti»
Tesoro e Cdp varano il Fondo anti-Opa
Un decreto permette alla Cassa di entrare nel capitale di Parmalat. La Finanza in Galbani Il risparmio postale sarà utilizzato per ricreare una sorta di Iri per le aziende strategiche
Bpm a tappe forzate verso il duale con Arpe l’aumento a fine ottobre
MILANO – Il tentativo di blitz sulla riforma di statuto da parte delle minoranze di Bpm (i consiglieri che fanno capo ai soci non dipendenti e alla lista dei pensionati, cui si è aggiunto ieri il voto del Crédit Mutuelle) non è riuscito.