by Marina Turi | 17 Maggio 2018 10:04
MADRID. Sono femministe, sono tante e furenti, felici di manifestare il proprio dissenso, sfacciate e inarrestabili, che sotto lo slogan «Compromiso = Presupuesto. La lucha sigue, Nos vemos en las calles. ¡Ni una menos!» (Impegno = Finanziamento. La lotta continua. Ci vediamo in strada. Non una di meno!) – si sono convocate in 70 città spagnole per chiedere che il bilancio 2018 dello stato, in discussione al parlamento, deliberi quell’aumento previsto di 200 milioni di euro, 0,04% del bilancio complessivo, concordato nel Patto di Stato contro la violenza machista.
QUASI UN ANNO DI NEGOZIAZIONE e dibattiti per 214 misure già approvate che però, senza i finanziamenti adeguati, rimarranno solo buone intenzioni sulla carta, inutili come sono spesso le promesse. Allora di nuovo in piazza a chiedere il dovuto, anche se quel Patto di Stato non soddisfa proprio tutte le richieste, ma in gran parte si limita a ribadire l’impegno di attuare la vecchia legge di uguglianza del 2004.
A guardare bene non è che non ci siano i soldi, è che le priorità del governo delle destre sono altre, sono aumentare il budget del ministero della Difesa di 819 milioni (il 10,7% in più rispetto al 2017) o continuare a finanziare i salvataggi delle banche e la realizzazione di nuove autostrade, non certo il rispetto della vita del 51% della popolazione, a cui il governo ha deciso di destinare solo 80 milioni, rubandone ben 120 di quelli pattuiti.
E I COLLETTIVI FEMMINISTI spagnoli si sentono ingannati, ma non si fanno intimidire, loro che da anni chiedono che la violenza maschile contro le donne venga considerata una questione di stato e che venga trattata come il reato di terrorismo, il che richiederebbe il massimo coinvolgimento istituzionale, sociale e politico.
I numeri danno ragione alle femministe, si tratta di terrorismo di stampo machista. Da quando si dispone di dati ufficiali, in particolare per gli ultimi quattordici anni, 917 donne e 23 bambine/i sono stati uccisi dalla violenza sessista, nel corso del 2017 sono state uccise 47 donne.
In Spagna, ogni anno vengono segnalati oltre 150.000 casi di violenza di genere, tenendo conto che l’ultima macro indagine sulla violenza maschile contro le donne, condotta dalla delegazione governativa per la violenza di genere, ha concluso che solo il 20% circa di tutte le violenze contro le donne viene denunciato, allora le femministe non esagerano quando affermano che questo è uno dei più gravi e importanti problemi sociali da affrontare, che riguarda tutte e tutti.
DI FRONTE A UN GOVERNO capace solo di esprimere costernazione e condanna nei casi di un omicidio sessista, ma che poi non si assume la responsabilità di sradicare quella violenza, le femministe stanche di chiacchiere reclamano politiche reali. Delle 214 misure previste dal patto, almeno 119 richiedono un finanziamento, con i soli 80 milioni stanziati si riesce a metterne in pratica quasi nessuna. Questo significa che l’istruzione pubblica non potrà realizzare alcun programma di prevenzione, i servizi sociali, legali e di supporto psicologico lasciati senza soldi non potranno realizzare il nuovo sistema condiviso di accertamento sulle condizioni di chi subisce violenze sessiste. Così come i centri sanitari presenti sul territorio e gli ospedali non potranno fornire assistenza adeguata al milione di donne, circa il 7,2% della popolazione femminile maggiore di 16 anni, che ha subito almeno una volta una qualche forma di violenza sessista.
IL PRESIDENTE DEL GOVERNO Rajoy, quando la Spagna si è fermata lo scorso 8 marzo per lo sciopero globale delle donne, si è fatto bello e ha sfoggiato, come gentile omaggio, una cravatta violetta, il colore preferito dei collettivi femministi, ma il suo è e resta un governo maschilista. Un governo che negli otto mesi in cui il Patto di Stato è stato in vigore, non ha attuato alcuna delle misure concordate. La ministra dell’Uguaglianza, Dolors Montserrat, che twitta che la violenza machista è priorità del governo e poi non riesce a difendere i finanziamenti al Patto di Stato, è meglio che rassegni le dimissioni. La commissione che, dopo la scandalosa sentenza che ha derubricato uno stupro a un abuso sessuale, è chiamata a delineare la riforma del codice penale per i delitti sessuali non ha nessuna donna tra gli esimi professori che la compongono e, dopo essersi accorti dello sproposito, non sono riusciti a trovare un’accademica disposta a partecipare, perché convocate non in modo permanente, ma sporadico.
Quindi non una commissione paritaria, ma un imbroglio che svela una giustizia patriarcale, senza prospettiva di genere, impreparata, con pregiudizi e stereotipi machisti che si riflettono nell’interpretazione e nell’applicazione delle leggi. Una giustizia che mette sotto accusa chi subisce la violenza più di chi la agisce.
A MADRID, ZARAGOZA, BILBAO, Valencia, Barcellona, Siviglia, Malaga e decine di altre città è #AlertaFeminista16Mayo, l’invasione per strada di oltre 300 organizzazioni femministe che dimostrano come la società spagnola sia diversi passi avanti rispetto a Rajoy e e al suo esecutivo e che una cravatta viola non basta, servono impegni reali e un’altra cultura per sradicare la violenza sessista.
FONTE: Marina Turi, IL MANIFESTO[1]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2018/05/98878/
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