L’attentatore di Parigi: un ceceno schedato, era stato interrogato un mese fa

L’attentatore di Parigi: un ceceno schedato, era stato interrogato un mese fa

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PARIGI Nel video diffuso in rete ieri sera Khamzat Azimov, il terrorista ventenne nato in Cecenia e naturalizzato francese nel 2010, dichiara la sua «fedeltà al califfo Al-Baghdadi», il capo dell’Isis. Chiede ai fratelli di colpire nella terra dei kuffar, i miscredenti: «Ci hanno chiuso in faccia le porte della hijrah (il Paese dell’Islam), allora dobbiamo colpirli nella loro madrepatria». Ammissione della sconfitta militare dello Stato islamico in Siria e Iraq, con il conseguente spostamento delle operazioni in Europa. Dopo la registrazione di questo video, Khamzat Azimov sabato sera è entrato in azione tra i bar e i ristoranti del quartiere Opéra di Parigi, accoltellando a morte un passante di 29 anni originario di Le Mans e facendo quattro feriti: un turista cinese 34enne colpito alla schiena, una donna di 54 anni accoltellata al volto, un cittadino lussemburghese di 31 anni e una ragazza di 26.

I tre poliziotti accorsi immediatamente hanno cercato di immobilizzarlo con il taser (la pistola elettrica) che però non ha funzionato, allora gli hanno sparato due colpi uccidendolo. L’arma del terrorista era un coltello da cucina con una lama di 10 centimetri. Dalla chiamata di soccorso alla fine dell’emergenza sono passati solo 9 minuti.

Dopo i genitori di Azimov la sera stessa serata di sabato, ieri gli agenti francesi hanno arrestato anche un suo compagno di liceo a Strasburgo. Il terrorista islamico ha vissuto fino al 2017 nella città alsaziana, in una famiglia di rifugiati ceceni. Nell’aprile di quell’anno Azimov si è trasferito a Parigi, ed è stato interrogato dai servizi perché aveva manifestato l’intenzione di andare a combattere in Siria.

L’intelligence francese aveva inserito Khamzat Azimov tra gli schedati «S», ovvero lo considerava una potenziale minaccia per la Sicurezza dello Stato. Dei 32 terroristi che hanno colpito la Francia dal 2012 a oggi, 21 erano schedati «S», come anche Radouane Lakdim che ha colpito il 23 marzo a Carcassonne. Come a ogni attentato, anche stavolta sono quindi ricominciate le polemiche: a che cosa serve schedare potenziali assassini, se non si è in grado di impedire che entrino in azione? Marine Le Pen, il suo ex alleato Nicolas Dupont-Aignan e il segretario dei Républicains (la destra gollista) Laurent Wauquiez criticano «l’inazione del governo» e chiedono la restrizione delle libertà per le persone radicalizzate.

Ma gli schedati «S» in Francia sono circa 20 mila tra estremisti di destra, estremisti di sinistra, possibili agenti di governi stranieri, hooligan e islamisti. Questi ultimi sono circa 10 mila, tra i quali quattromila giudicati «di prima fascia», cioè potenzialmente più pericolosi. Controllarli tutti è irrealizzabile. Per il momento solo 10 sono pedinati 24 ore su 24, e per ognuno sono mobilitati una ventina tra poliziotti e gendarmi. Il portavoce del governo Benjamin Griveaux ha ricordato ieri che «il rischio zero non esiste». Incarcerare 10 mila persone sulla base di un sospetto è inammissibile da un punto di vista giuridico e costituzionale. La schedatura «S» e gli altri strumenti di lotta al terrorismo sono comunque serviti a sventare 20 attentati nel 2017 e due nei primi mesi del 2018.

FONTE: Stefano Montefiori, CORRIERE DELLA SERA



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