by Rachele Gonnelli | 8 Maggio 2018 8:31
L’Arabia saudita si conferma il paradiso delle vendite di armi, anche di quelle prodotte in Italia. Ma se Riyad è il terzo paese al mondo per spesa in armamenti nella classifica del Sipri – l’istituto di monitoraggio del riarmo con sede a Stoccolma -, in Italia deve vedersela con i rivali del Qatar. A certificare questo ruolo ambivalente dell’industria armiera italiana, pubblica, nel delicato equilibrio dei paesi del Golfo, è la Relazione del governo Gentiloni – affidata alla sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi – presentata al Parlamento, così come prescrive la legge 185.
Nel 2017 è stato toccato il record di spesa in armi nel mondo dalla fine della guerra fredda – 1.730 miliardi di dollari, per metà riversati in soli tre paesi: Stati Uniti, Cina e Arabia Saudita – mentre in Italia le autorizzazioni all’export hanno raggiunto i 10 miliardi di euro, al 48% indirizzate verso Medioriente e Nord Africa.
La Rete per il Disarmo invita il governo e il nuovo Parlamento a migliorare gli standard di trasparenza sui dati. E avverte che il calo del 35% dei volumi complessivi di export rispetto al 2016 sono «pareggiati» dalla mega commessa, da 4,2 miliardi di euro, per le sette navi Fincantieri vendute al Qatar corredate dai sistemi di Leonardo e Mbda (partecipata dall’ingrese Bae, dalla francese Airbus e dalla stessa Leonardo-Finmeccanica). Una spesa del genere, autorizzata nel 2016, non si ripete ogni anno, evidentemente, com’è anche il caso delle 20 mila bombe Mk fornite da Rwm Italia ai sauditi per la guerra in Yemen contro gli Houthi: un licenza del valore di 411 milioni già acquisita dalla filiale sarda della multinazionale tedesca.
Per oliare l’affare delle corvette al Qatar sono stati spesi 40 milioni di «intermediazione». A questa voce, dietro la quale si nasconde ogni tipo di «facilitazione», si nota una esplosione dei costi: ha raggiunto i 531 milioni di euro (+ 1.300 %). Dalle tabelle governative Rete Disarmo desume anche che Mbda Italia abbia pagato in questo modo 178 milioni per vendere i missili Aster al Qatar e 171 milioni per i caccia Eurofighter al Kuwait.
Le «banche armate» – Unicredit, Deutsche Bank, Bnp Paribas, Barclays, Banca popolare di Sondrio e Intesa San Paolo – su cui transitano i soldi del mercato della armi, intanto, raggiungono i 4,8 miliardi di euro di transazioni senza obbligo di autorizzazione. A queste si aggiunge Banca Valsabbina a cui si appoggia Rwm Italia.
FONTE: Rachele Gonnell, IL MANIFESTO[1]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2018/05/98673/
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