IL CAPITALE E IL LAVORO AL TEMPO DEGLI ALGORITMI
Questo brano proviene dal Focus del primo capitolo del 15° Rapporto sui diritti globali, Ediesse editore
Tra monopoli, oligopoli e “unicorni”
Tra le aziende della Silicon Valley, Google è leader delle ricerche online. Facebook è il social network più diffuso al mondo con ampi margini di sviluppo. Amazon non è più solo un’azienda che si occupa di e-commerce. È diventata la più grande rivenditrice di scarpe online, di pannolini online, di fumetti online. Ha acquisito per 400 milioni di dollari Whole Foods Market, uno dei marchi più famosi del settore, e ha aperto il servizio di consegna di cibo a domicilio Amazon Fresh. Negli Stati Uniti fa concorrenza a Walmart, Target e Bed, Bath & Beyond come rivenditore online di prodotti per la pulizia e accessori domestici. Come rivenditore di scarpe e vestiti fa concorrenza a Dsw, Foot Locker e Gap. Come distributore di musica, libri e televisione è un concorrente di Apple, Netflix e HBO. Nel 2016 ha venduto online sei volte più di Walmart, Target, Best Buy, Nordstrom, Home Depot, Macy’s, Kohl’s e Costco messi insieme. Ad Amazon è dovuto inoltre il 30% della crescita nelle vendite al dettaglio degli Stati Uniti, sia online sia fisiche. Jeff Bezos ha inoltre acquisito il “Washington Post” e si è lanciato nel campo dell’editoria, settore auto-pubblicazioni su piattaforma digitale (Mayer, 2017).
Nel luglio 2017 la News Media Alliance, un’associazione nonprofit che rappresenta duemila testate giornalistiche statunitensi, ha chiesto al Congresso USA di permettere agli editori di negoziare collettivamente con le piattaforme online dominanti (News Media Alliance, 2017). Google e Facebook possiedono il monopolio sull’accesso e la circolazione delle notizie in rete. Il duopolio digitale costringe gli editori ad adottare le loro regole per quanto riguarda il modo in cui le notizie sono visualizzate, gerarchizzate e monetizzate. Il tentativo dei media locali, supportati in questo caso da testate come il “New York Times” e il “Washington Post” (Amazon ha tutto l’interesse a modificare le regole imposte da Facebook e Google), è unificare ciò che il duopolio divide, soprattutto sulle modalità di raccolta pubblicitaria online, il settore dove Facebook e Google regnano incontrastati.
Secondo l’Ufficio federale delle statistiche, il settore del giornalismo ha perso metà degli addetti tra il 2001 e il 2016 (United States Department of Labor – Bureau of Labor Statistics, 2017). Miliardi di dollari sono stati riallocati nel settore della creazione dei contenuti posseduto dai proprietari delle piattaforme monopolistiche. Dopo 15 anni, i “creatori di contenuti” dipendono dalla pubblicità online e devono negoziare con Google e Facebook, che svolgono il ruolo di aggregatori di notizie e video, l’unica interfaccia tra l’editoria e la “nuvola” di Internet. Solo in Francia, ad esempio, nel primo semestre del 2017 il duopolio Facebook e Google deteneva il 96% della pubblicità online, il 71% di quello delle ricerche e il 68% dei social network. Agli altri attori restano le briciole (Delcambre, 2017).
La posizione monopolistica non permette agli attori tradizionali della stampa di opporsi: il potere delle piattaforme è tale da oscurare qualsiasi altra iniziativa editoriale e tecnologica. L’atteggiamento è quello della resilienza: Google e Facebook sono “frenemies”, ovvero amici-nemici. Da un lato, cercano di concedere un maggiore traffico dati ai quotidiani; dall’altro, li tengono saldamente in pugno. Senza le piattaforme, i media tradizionali non potrebbero veicolare contenuti né valorizzare la loro pubblicità online (Piquard, 2017).
Gli “unicorni” sono le multinazionali del digitale con un valore superiore al miliardo di dollari, impropriamente definite start up: Airbnb era valutata 25,5 miliardi di dollari nel 2016, Uber 62,5 miliardi. Questi giganti “disarticolano” “distruggono” (disrupt) il modo in cui lavoriamo, il modo in cui il lavoro è distribuito e organizzato, i mercati tradizionali dei beni, dei servizi, dei media, della distribuzione, della logistica, del trasporto privato urbano e di quello turismo. L’aspirazione all’oligopolio tende a trasformarsi in monopolio. Airbnb sta rivolgendo le sue attività verso il mercato degli affitti dopo avere modificato a fondo quello alberghiero con un’offerta di ospitalità a breve termine, Snapchat è diventato un attore maggiore nella messaggistica istantanea ed è insidiato dalla mega-macchina informazionale di Facebook che ha acquisito WhatsApp e Instagram. Uber è il leader incontrastato del settore per quanto riguarda il valore. Anche se il suo dominio è difficile da intaccare, altri “unicorni” come Lyft cercano di insidiarlo.
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photo: By Jonny White (G20 April 1st) [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)], via Wikimedia Commons
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Qui l’articolo di Sergio Segio “L’apocalisse e il cambiamento possibile”, da Appunti n. 23, 1/2018
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