Per la sinistra di tutto il mondo è stato a lungo un’icona, ma oggi Daniel Ortega conserva ben poco del leader rivoluzionario di un tempo. Ci sono ancora molti che lo difendono a spada tratta, riconducendo le proteste che hanno travolto il Paese in seguito alla riforma del sistema previdenziale alla controffensiva della destra in atto nell’intero continente. Ma il numero dei suoi – agguerritissimi – critici di sinistra, tra cui la maggior parte dei leader storici del sandinismo, è senz’altro degno di nota. E non è certo un caso che già nel 2009, al Forum Sociale Mondiale di Belém, i movimenti popolari non avevano voluto invitarlo al loro storico incontro con i presidenti progressisti latinoamericani.
A pronunciare parole durissime nei suoi confronti è anche la scrittrice María López Vigil, caporedattrice di Envío (rivista pubblicata dall’Università Centroamericana di Managua fondata dai gesuiti), a cui abbiamo chiesto un’opinione sulle ultime violenze in Nicaragua.
Come si è arrivati alle massicce proteste di questi giorni contro il governo? È possibile che a scatenarle sia stata solo la riforma delle pensioni?
È da così tanto tempo che il Nicaragua non fa notizia sulla stampa internazionale che da fuori è difficile avere un’idea di quello che abbiamo vissuto. La riforma delle pensioni è stata solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso che si è andato riempiendo da molti anni. Quello che c’è stato è una rivolta delle coscienze motivata da un malessere che si è accumulato nel tempo. Daniel Ortega ha installato una dittatura in Nicaragua: controlla tutte le istituzioni e ha posto esercito e polizia al suo servizio. E ora Managua si è risvegliata. Daniel Ortega e Rosario Murillo si sono tolti la maschera: 37 vittime accertate, centinaia di feriti, persone che erano scomparse ritrovate negli obitori… Ora sappiamo che ci troviamo dinanzi a una dittatura criminale, senza alcuno scrupolo.
Sono solo gli studenti a essere scesi in piazza o anche altri settori popolari? Non esiste il pericolo di una manipolazione delle proteste da parte di gruppi di destra come avvenuto in altre regioni dell’America Latina?
Ci sono state proteste in tutto il Paese e in ogni classe sociale. Tutto è stato tanto inatteso quanto travolgente. I vulcani non avvisano. Non c’è stata alcuna manipolazione. È la realtà oppressiva di questo Paese che ha provocato l’esasperazione dei giovani in relazione a questo modello di governo. Un mese fa Murillo ha minacciato di introdurre un controllo sulle reti sociali, invocando l’avvio di un grande dibattito nazionale per definire «quei temi che dobbiamo rivedere alla luce delle situazioni attuali in cui tutti, quasi tutti siamo connessi a Internet», motivandolo con il fatto che «possiamo essere influenzati negativamente dalle reti sociali». Poi, dal 3 al 13 aprile è andata a fuoco l’importantissima Riserva della Biosfera Indio-Maíz e per tre giorni il governo non ha fatto nulla: c’è voluta una denuncia internazionale per indurlo a intervenire in difesa di questo tesoro dell’umanità. Infine, il 16 aprile è stata la volta della riforma del sistema previdenziale. Questi sono stati solo gli eventi più recenti, ma la lista degli abusi sopportati in silenzio è assai più lunga.
Cosa può succedere adesso?
Non lo sappiamo. La sorpresa è pari all’incertezza e il timore è forte quanto la speranza. Nessuno si attendeva tutto questo, neppure il governo. In ogni caso, la superbia della famiglia presidenziale è stata colpita a morte.
Come definiresti il modello economico applicato dal governo?
Ortega ha puntato sulla grande impresa privata. Sono gli imprenditori i suoi alleati più solidi, nonché i suoi soci in affari in diversi campi. Mentre ai poveri sono destinati i «programmi sociali», dalla fornitura mensile di generi alimentari fino alla concessione di crediti senza interesse per le micro-attività urbane. Tali programmi, è ovvio, alleviano la povertà e risultano assai graditi ai più poveri. Ma non risolvono la situazione. L’unica via per sradicare la povertà è un impiego fisso con un salario dignitoso. Al contrario, in Nicaragua i salari sono i più bassi di tutto il Centroamerica. È questa la ragione per cui le multinazionali investono tanto nel Paese: perché la manodopera è così a buon mercato da reggere la concorrenza dei Paesi asiatici. È così che si spiega la presenza di zone franche coreane, taiwanesi, statunitensi.
È rimasto qualcosa di sinistra nel governo Ortega?
Non si può essere di sinistra se si uccide e si ruba. Sapevamo già quanto Ortega e sua moglie fossero capaci di rubare: sono diventati milionari grazie ai soldi del Venezuela. Ora sappiamo che sono anche in grado di uccidere. Chi pensa che questo sia un governo di sinistra deve aprire gli occhi.
Il progetto del grande canale interoceanico è stato aspramente contestato da ambientalisti e contadini, ma vedrà mai la luce?
Sappiamo da tempo che non si farà mai. Ma la legge che rilascia una concessione cinquantennale all’impresa cinese Hknd esiste e deve essere revocata quanto prima, perché svende il Nicaragua consentendo l’espropriazione delle terre necessarie per la costruzione dell’opera. Dal 2013 sono stati i contadini del Movimento anti-canale a sfidare il governo in tutto il Paese, offrendo un esempio di dignità. Oggi sono soprattutto gli studenti.
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«63 morti negli scontri» in Nicaragua. La procura indaga
Le più grandi proteste mai registrate in Nicaragua da quando, nel 2007, Ortega ha preso il potere non si sono fermate con la revoca della riforma della previdenza sociale. Al centro delle contestazioni, ora, c’è l’uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine, la libertà di espressione negata e le accuse di corruzione rivolte al governo. E ovviamente il lutto per il pesantissimo bilancio degli scontri, giunto, secondo la Commissione permanente dei diritti umani, a 63 morti, 15 dispersi e almeno 160 feriti d’arma da fuoco.
E mentre l’Associazione Nicaraguense per i diritti umani ha denunciato Ortega, Rosario Murillo e il capo della polizia Aminta Granera per i «crimini commessi» contro i manifestanti, la procuratrice Inés Miranda ha annunciato l’avvio delle indagini «sulle morti di studenti, agenti di polizia e civili», assicurando l’impegno affinché «i reati commessi non restino nell’impunità».
Siamo entrati nel cantiere di Ground Zero a poco più di un mese dalla commemorazione dell’attentato che ha cambiato la storia. Cinquemila operai al lavoro a New York ma per completare il progetto ci vorrà ancora tempo. Un giorno, però, quel luogo diventerà un giardino di meditazione. Svetta ancora a metà la Freedom. Sarà alta 1776 piedi come la data dell’indipendenza. Dell’antico scenario resta solo il Survivor Tree, l’albero sopravvissuto agli attacchi
USA Obama: «Basta boicottaggio». Il primo ottobre i consorzi assicurativi. A tre anni dalla norma il ricatto: via la legge o niente ok sul tetto di bilancio
«Come possono i media turchi dichiarare che le vittime sono state giustiziate per motivi interni prima che le autorità francesi abbiano fornito una spiegazione ufficiale?» Erdelan Baran, del Congresso nazionale del Kurdistan in Italia, parla dell’omicidio delle tre militanti, una delle quali svolgeva una funzione analoga alla sua