by Guido Caldiron | 27 Aprile 2018 10:19
«Abbiamo bisogno di una vera riconciliazione nazionale tra la Repubblica e le sue banlieue. Non è più tempo per gli studi degli esperti, è venuto il momento dell’azione». Parole dure, che lasciano poco spazio all’interpretazione quelle scelte da Jean-Louis Borloo per introdurre il «rapporto sulla politica urbana» che ha presentato ieri al primo ministro Edouard Philippe.
FRUTTO DI UNA RICERCA che ha coinvolto organismi pubblici e realtà territoriali che operano nelle periferie del paese, ascoltati da Borloo negli ultimi tre mesi dopo aver ricevuto un incarico in tal senso dal presidente Emmanuel Macron, il piano per la «politique de la ville» prevede una serie di misure straordinarie che muterebbero significativamente la politica seguita fin qui dalle istituzioni.
Che si tratti, almeno sulla carta, di un evidente cambio di tono rispetto al modo in cui l’argomento, una delle priorità del paese, viene affrontato, si è incaricato di segnalarlo lo stesso Borloo, per altro non certo un debuttante, già ministro di destra, più volte proprio alle politiche urbane, approdato al centrismo, prima di ritirarsi dalla politica nel 2014.
«A Macron lo avevo già detto accettando l’incarico: la situazione è la stessa di 15 anni fa, prima dell’esplosione della rivolta del 2005», ha spiegato l’ex ministro ed ex sindaco di Valenciennes in un’intervista a Le Monde. «Ma non avevo idea – ha aggiunto Borloo – di quanto il sistema mentisse a se stesso. Non solo le risorse utilizzate nei quartieri difficili sono al di sotto del minimo repubblicano, ma, in molti casi ogni correttivo è stato interrotto del tutto». In altre parole, nelle banlieue, aree che nei documenti ufficiali vengono definite come «prioritarie» dal punto di vista degli interventi pubblici e degli investimenti, si è fatto poco e si è speso ancora meno.
È dall’amara constatazione che quelli che i media hanno spesso descritto come «territori perduti» della Repubblica, assomigliano piuttosto a delle zone che i poteri pubblici hanno in realtà «abbandonato», malgrado vi abitino oltre 6 milioni di francesi, circa un decimo della popolazione complessiva, che muovono le proposte shock contenute nel «piano Borloo».
ARTICOLATO IN 19 PUNTI, che corrispondono ad altrettante priorità evidenziate dagli attori locali dei quartieri (sindaci, prefetti, associazioni e sindacati) che vanno dall’istruzione al lavoro, dai trasporti pubblici alla presenza delle imprese, dal rapporto con le forze dell’ordine al funzionamento della giustizia, dall’integrazione sociale alla condizione femminile, il documento sottolinea in particolare la necessità di colmare il deficit formativo che si è accumulato nel tempo e che è spesso alla base del senso di frustrazione che sembra dominare tra gli abitanti più giovani di queste zone.
Molte le proposte che vanno in questa direzione. Come la creazione di 300 «cittadelle educative» e «campus numerici» destinati agli studenti delle superiori, la ricostruzione o il rinnovamento di centinaia di edifici scolastici, ma, soprattutto, il varo di una «nuova grande scuola», pensata sull’esempio dell’Ena, dove si forma da mezzo secolo l’èlite dello stato, ma destinata in questo caso ai giovani cresciuti oltre il boulevard périphérique di Parigi.
A vigilare sull’operato degli amministratori locali, il primo livello dell’intervento pubblico, sarebbe un’altra struttura pensata ad hoc: una «corte di equità territoriale», in grado di verificare «se, cifre alla mano, costoro hanno effettivamente messo in atto misure in grado di contribuire a ridurre le diseguaglianze in materia di accesso ai servizi pubblici».
Per Borloo, questo vasto programma di interventi dovrebbe però essere sostenuto anche da un adeguato piano di finanziamento, in particolare dalla costituzione di un fondo di 5 miliardi provenienti dal piano di privatizzazioni varato dal ministero dell’Economia. Il problema è che sia il governo che Macron hanno già annunciato che l’intero ammontare di quelle risorse sarà destinato a quella che il presidente ha ribattezzato come «l’innovazione di rottura», vale a dire l’applicazione dell’intelligenza artificiale a diversi aspetti della produzione e dei trasporti, sorta di fiore all’occhiello della sua vincente campagna elettorale.
PIÙ CHE UN’OPZIONE di budget, quella che dovrà operare Macron, che dirà la sua a metà maggio pronunciando il suo discorso sulla politica urbana, sarà, come gli hanno ricordato associazioni e sindaci di banlieue riuniti nei loro Stati generali a Parigi, «una scelta di campo».
FONTE: Guido Caldiron, IL MANIFESTO[1]
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