by Eleonora Martini | 20 Aprile 2018 10:27
Colpo di scena: il governo ha deciso che procederà in ogni caso all’approvazione del primo decreto attuativo della riforma dell’ordinamento penitenziario. Fatta chiarezza sulle competenze della Commissione speciale, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha inviato il testo del provvedimento alle Camere, senza attendere ulteriormente che la capigruppo di Montecitorio rifletta maggiormente sulla questione, accogliendo l’appello sollevato dallo stesso presidente Roberto Fico, e si convinca così ad incardinare il provvedimento all’ordine del giorno dell’organismo temporaneo istituito in attesa di una maggioranza.
A quanto si apprende da Via Arenula, il Guardasigilli Orlando avrebbe inviato una seconda lettera (dopo quella dell’11 aprile scorso) ai presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Fico. Questa volta però, insieme alla richiesta di usare tutta la loro autorevolezza per convincere i capigruppo ad aprire le porte della Commissione speciale al decreto legislativo giunto all’ultimo passo prima dell’approvazione definitiva, c’è anche un’informazione in più. Ricorda infatti Orlando che i dieci giorni di tempo che il Parlamento ha per rendere il parere decorrono dal momento in cui il decreto è stato trasmesso dal governo alle Camere. Passati questi dieci giorni – che ora possono cominciare ad essere contati – in qualunque caso, il Consiglio dei ministri potrà dare il via libera definitivo alla prima parte della riforma, quella sulle misure alternative, la più importante e incisiva nell’azione di contrasto al sovraffollamento carcerario e alla recidiva dei reati.
È su questo cavillo “tecnico” che si erano appigliati i gruppi parlamentari ideologicamente contrari alla riforma. Il centrodestra quasi per intero e il Movimento 5 Stelle, per intenderci, che per mesi hanno gridato contro lo «svuota-carceri» e il «salva-ladri». Sono loro che al Senato, nella Commissione giustizia presieduta dal centrista D’Ascola, hanno richiesto tante e tali correzioni all’articolo 4 bis (selezione dei reati per i quali vanno esclusi i benefici), da stravolgere completamente il senso del decreto legislativo. E siccome di Commissioni speciali temporaneamente istituite in attesa di quelle permanenti, in Parlamento, non è che ce ne siano state poi così tante, non è stato semplice neppure per il governo appurare quali fossero le competenze e per quali provvedimenti può – e soprattutto deve – lavorare l’organismo temporaneo.
Sono state le indicazioni del Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, a convincere il presidente della Camera Fico (che con il suo appello ha spezzato l’asse Lega-M5S ) e ad aprire la via anche per l’esecutivo. Mercoledì, poi, è stata la volta del Consiglio superiore della magistratura che ha si è affiancata ai reiterati appelli degli avvocati penalisti e di tutto il mondo della giustizia che ha partecipato agli Stati generali dell’esecuzione penale.
Il ministro Orlando però nella lettera ai presidenti Casellati e Fico ha sottolineato comunque «l’importanza che un provvedimento di tale portata abbia in ogni caso la seconda valutazione da parte della Commissione speciale».
FONTE: Eleonora Martini, IL MANIFESTO[1]
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