Dopo i missili. Lo scontro tra Israele e Iran lungo il fronte più caldo

Dopo i missili. Lo scontro tra Israele e Iran lungo il fronte più caldo

Loading

MOUNT BENTAL ( alture del Golan). È sempre più uno scontro diretto fra Iran e Israele. Per questo salire al monte Bental, sulle alture del Golan, aiuta a capire quanto i due nemici siano arrivati pericolosamente vicini. Dal punto di osservazione più alto si vedono i verdi campi della pianura siriana, la cittadina di Quneitra, i villaggi occupati dai ribelli e poi le strade che portano verso Damasco o il Sud. Il posto di ascolto di intelligence della “ montagna dell’elefante”, lì dove ci sono i soldati iraniani.

Al bar del Bental arrivano gruppetti di studenti, ospiti di riguardo scortati dalla protezione israeliana, diplomatici e militari dell’Onu che controllano la separazione con la Siria. Tutti a guardare dall’altra parte della “ linea Alfa”. « Non è cambiato tutto, ma sta cambiando molto » , dice un ufficiale dell’esercito di Israele. Ufficialmente i portavoce di Idf sono molto cauti in queste ore: dopo l’attacco americano contro i depositi chimici di Assad, Israele deve capire ancora fino in fondo come gestire i prossimi passi.
Per ora i due nemici continuano a scambiarsi parole, anatemi e maledizioni. Citazione storica nella dichiarazione dell’ayatollah Khamenei, che parlando degli attacchi aerei americani, francesi e britannici di sabato scorso li chiama «l’aggressione tripartita». Rievoca l’invasione dell’Egitto che Francia, Gran Bretagna e Israele fecero nel 1956 per controllare il canale di Suez. In Israele il più duro ieri era Gilad Erdan, il ministro dell’Interno, un giovane leone del Likud: «Gli attacchi aerei in Siria dovrebbero continuare. Non ci faremo schiacciare dall’Iran ».
Il problema è che oltre le parole, Iran e Israele fanno fatti: i bombardamenti segreti di Israele, i rifornimenti di armi iraniane ad Hezbollah e Assad, un fiume che parte dall’Iran, attraversa l’Iraq e arriva fin sulle sponde del Mediterraneo. Sabato notte nella regione di Aleppo c’è stato un altro misterioso bombardamento. È stata colpita una base in cui i pasdaran iraniani conservavano materiali militari. Israele questa volta è stato molto discreto, i corrispondenti dei giornali e delle tv non sono stati autorizzati a raccontare il bombardamento. Ai giornalisti Idf affida però le sue riflessioni. La prima: la superiorità aerea israeliana in Libano e in Siria ormai è in serio pericolo. Quando sabato americani, francesi e inglesi hanno colpito in Siria, la difesa aerea russa è rimasta spenta, hanno reagito soltanto i siriani. Zvi Barel, l’esperto strategico di Haaretz, spiega che per Israele a questo punto è tutto nelle mani di Putin: «Se davvero vendono o regalano ai siriani i missili S- 300 per noi i problemi saranno assai seri».
L’S- 300 ( per non parlare dell’S- 400) è un incubo per gli israeliani. Spiega un ufficiale: « Un convoglio tipo di questi missili antiaerei si muove con radar, centro di controllo e poi 6 rimorchi con 4 tubi lanciatori: in tutto 24 missili. Ogni sistema radar può gestire contemporaneamente 12 missili, per cui diciamo che possono lanciare 2 missili contro ognuno di 6 aerei » . Sarebbe la fine della possibilità di volare in sicurezza per Israele.
Cosa dicono invece i militari dell’attacco americano di sabato? «È stato un attacco limitato, preciso, diciamo responsabile. Per colpire gli impianti chimici, per scoraggiare Assad dall’adoperare di nuovo armi chimiche. Senza far reagire i russi. Ma tutto il resto è rimasto uguale, e anzi adesso russi, siriani e iraniani sono ancora più compatti » . Per Israele il bombardamento di non ha indebolito per nulla Assad, che si è fatto riprendere mentre entrava a piedi in ufficio fra gli uccellini che cantavano. Non ha minacciato il regime, che verrà difeso a spada tratta da Putin.
Paradossalmente adesso il vero problema per Israele si chiama Donald Trump, che è l’unico su cui davvero si potrebbe provare a fare pressioni. « Che cosa osa vuole Trump? Cosa faranno gli americani in Siria? Davvero si ritireranno presto come chiedeva il presidente » , dice un tenente colonnello: « Oppure rimarranno, per giocare un ruolo più importante, che per noi è vitale? » . Dal monte Bental si vedono i ribelli siriani e gli iraniani, ma l’America è troppo lontana.

Fonte: Vincenzo Nigro, LA REPUBBLICA



Related Articles

Libia, le vittime civili della guerra

Loading

Dal vicariato apostolico di Tripoli, monsignor Martinelli: le bombe non porteranno la pace, Gheddafi non cederà 

Intervista a monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario episcopale di Tripoli, in Libia da quarant’anni.

Obama ai musulmani: dissociatevi «Ma non è una guerra all’Islam»

Loading

Il presidente all’Onu: nessun negoziato, distruggeremo il network della morte

Iraq, i numeri del massacro “In tre anni 655mila vittime”

Loading

Sconvolgenti risultati di una ricerca della Johns Hopkins Gli studiosi hanno lavorato sui dati forniti da 1849 famiglie irachene che

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment