by Comune-info, dal 15° Rapporto sui diritti globali | 16 Aprile 2018 17:07
Nessuno avrebbe mai immaginato che a Roma un gruppo di cittadini e cittadine riuscisse ad accogliere in un anno quarantamila “migranti transitanti”, a due passi da una delle stazioni più grandi e moderne d’Italia, la stazione Tiburtina di Roma. Invece è accaduto e martedì 19 luglio 2016 molti romani hanno conosciuto la straordinaria esperienza di autogestione di Baobab in una serata particolare. Nessuno avrebbe mai immaginato neanche che una cena e una proiezione di un film in strada insieme a registi, migranti, persone comuni e diverse famiglie rom che vivono a ridosso del cimitero Verano, quel 19 luglio diventassero un momento al tempo stesso di convivialità e protesta. Eppure è accaduto.
L’idea – nata da due registi come Christian Carmosino e Paolo Petrucci – di spegnere per una notte gli schermi dell’Estate Romana e chiedere ai romani di spostarsi al Baobab dove è stato proiettato il film Lamerica di Gianni Amelio, “per e con i migranti”, è stata apprezzata da centinaia di cittadini e molti registi e attori (hanno aderito, tra gli altri, Andrea Segre, Daniele Vicari, Gianfranco Rosi, Valerio Mastandrea, Claudio Santamaria, Francesca Comencini, Stefano Rulli, Sabina Guzzanti, Luca Zingaretti…). Nei mesi successivi – siamo nel periodo in cui Roma vede alternarsi due Giunte e Commissario straordinario –, le istituzioni non hanno saputo predisporre nessuna dignitosa accoglienza per i migranti che transitano in città, a cominciare dagli eritrei in fuga da una feroce dittatura, ma nonostante tutto è emersa la capacità spontanea di autorganizzarsi di tanti cittadini, una capacità sorprendente e sottovalutata, una ricchezza straordinaria e poco visibile, tanto più in una metropoli complessa e ferita come Roma, al tempo dell’“aiutiamoli a casa loro”.
Al principio fu uno sgombero
La storia di Baobab experience nasce dopo lo sgombero nel maggio 2015 dell’insediamento di migranti, in gran parte provenienti dal Corno d’Africa, ma anche rom, tra i quartieri di Pietralata e Ponte Mammolo; insediamento noto per l’improvvisa visita di papa Bergoglio nel febbraio 2015. Nelle settimane successive quei migranti vengono accolti dal Centro Baobab di via Cupa, a due passi dalla Stazione Tiburtina, con una mensa in grado di preparare oltre duecento pasti. In modo spontaneo Baobab diventa nel giro di pochi giorni l’unico centro in Europa autogestito da migranti e non, capace di accogliere ogni giorno circa quattrocento persone, tra cui diversi bambini. La risposta del quartiere e, più in generale di Roma, è sorprendente: tantissimi passano ogni giorno per via Cupa per offrire il loro contributo, chi portando vestiti, giochi o qualcosa da mangiare, chi per donare tempo.
A fine 2015, mentre arriva il primo freddo, cominciano gli sgomberi. Per continuare ad alimentare quell’esperienza di autogestione e solidarietà dal basso che si è diffusa per tutta la città nasce l’associazione Baobab experience, che nel 2016 si trova a gestire migliaia di “migranti transitanti” (cioè destinati per lo più in Paesi del nord Europa, in Germania o comunque in città diverse da Roma), all’interno del centro di via Cupa. Il gruppo di volontari di Baobab, diversi tra loro per età e sensibilità politiche e culturali, nonostante la mancanza di una sede e di fondi, continua a dare un’accoglienza degna, supportato da associazioni mediche e legali e dalla rete costituita con diverse realtà sociali e singoli cittadini. L’autogestione dal basso riguarda il sostegno psicologico, le cure sanitarie, l’assistenza legale, gli abiti, il cibo, ma anche i momenti di cultura e svago.
Sporcarsi le mani
Negli appelli che rimbalzano in rete diffusi da Baobab experience si parla prima di tutto di “sporcarsi le mani”: ogni giorno bisogna riempire le taniche d’acqua e buttare l’immondizia, andare a prendere il pranzo e distribuirlo, organizzare collette per i sacchi a pelo, accompagnare i ragazzi alle visite mediche e trovare scuole di italiano, ascoltare le storie di chi vive il campo, ma anche svegliarsi presto per andare a pensare alla colazione e, naturalmente, partecipare alle assemblee e scrivere messaggi e comunicati per raccontare la vita e i bisogni quotidiani di questa comunità. Purtroppo occorre anche essere presenti (prima a via Cupa e poi nel piazzale Spadolini, dietro la Stazione Tiburtina, ribattezzato dai volontari “piazzale Maslax”, per ricordare il ragazzo somalo che si è tolto la vita dopo essere stato strappato alla sorella in Belgio per essere riportato in Italia) nei giorni degli sgomberi, oltre venti nella prima metà del 2017.
«Anche se nessuno riconosce lo sforzo che stiamo facendo come volontari, noi cerchiamo di realizzare un’accoglienza dignitosa – dice Andrea Costa di Baobab –, diversa dall’accoglienza fredda che fanno altre organizzazioni, come la Croce Rossa ad esempio, nella tendopoli allestita a Tiburtina. Questo non è un campo militare, qui ci sono persone. Noi le trattiamo come tali, per questo mangiamo con loro e facciamo in modo che il cibo sia buono. Ci parliamo, ci scherziamo, cerchiamo di rendere lieti questi pochi giorni che passano a Roma. Noi crediamo di aver tracciato un modello, anche se le istituzioni non ce lo riconoscono. Il Comune di Roma ci sta aiutando pochissimo e dice addirittura di voler chiudere la struttura. Ma io non credo che siano in grado di dare a queste persone un’accoglienza migliore…» (Costa, 2015).
I biscotti di Bergoglio
Con una certa frequenza arriva a Baobab anche un pacco con generi alimentati portato da padre Konrad, collaboratore di papa Bergoglio. Le derrate servono a coprire i pasti principali ma anche per confezionare i kit di arrivo e partenza. «Quando i migranti entrano nel centro gli forniamo un piccolo pacchetto con i prodotti igienici e con i beni di prima necessità – spiega Lucilla, un’altra volontaria – Mentre a quanti decidono di partire forniamo un kit per il viaggio: di solito un succo, una bottiglia d’acqua, cracker e biscotti» (Redattore Sociale, 2015).
Un approfondimento lo merita in particolare il lavoro della Rete di Supporto Legale. In una nota diffusa via web da Baobab, tra l’altro, si legge: «Quello che ha fatto e sta facendo la Rete di Supporto Legale ai Migranti del Baobab, è qualcosa di incredibile che vale la pena essere spiegato. Operatrici ed operatori legali, mediatrici e mediatori, volontariamente, hanno offerto il loro tempo e le loro energie per garantire i diritti fondamentali a donne e uomini lasciati completamente in balia di loro stessi, in un Paese straniero. Queste persone che compongono la Rete, si sono fatte carico di tutto ciò in assenza di una struttura fisica, girando in lungo e il largo il presidio di piazzale Spadolini, andando a intercettare i casi più disparati, raccogliendo testimonianze di violenze e stupri, di torture psicologiche e di burocrazia – tutta italiana ed europea – che si ritorce contro le vite dei più indifesi. E non si sono limitate a dare un’assistenza legale asettica, hanno stretto rapporti, scambiato cultura, hanno ridato fiducia nella solidarietà ai migranti vittime di vessazioni in Africa come nel nostro continente. Come se non bastasse, hanno sentito l’esigenza di condividere tutte le storie che hanno ascoltato, hanno raccolto i dati e compreso il valore sociale del loro impegno: “dire la verità è un atto d’amore”, soprattutto in questi tempi di populismo e demagogia, dove chi soffia sul fuoco della paura e parla agli istinti più bassi della società, lo fa senza alcun tipo di legittimazione data dallo stato reale delle cose…» (Baobab experience, 2017 a; Rete legale per i migranti in transito, 2017).
Facciamo il pane insieme
Ma quello che davvero impressiona è il numero e soprattutto la qualità delle iniziative promosse da Baobab. Uno sforzo che coinvolge centinaia di cittadini romani e che mostra non solo una grande capacità di ricomporre le relazioni sociali in una città sempre più grigia, segnata dal diffondersi del razzismo popolare e di quello istituzionale, ma anche di ridare significato al fare politica, non limitandosi a un atteggiamento rivendicativo e al ricorso a strumenti tradizionali come i cortei e i presidi, ma agendo con creatività e determinazione sulla concretezza della vita quotidiana.
Nel maggio 2016, ad esempio, i ragazzi migranti imparano a fare il pane presso il forno popolare dello spazio sociale Casetta Rossa e visitano con un tour guidato lo storico quartiere di Garbatella. Il circuito Biblioteche di Roma-Servizi Intercultura del Comune di Roma, nonostante da parte dell’amministrazione comunale non esista alcun riconoscimento dell’esperienza di Baobab, intanto invita i ragazzi a partecipare a cinque appuntamenti del ciclo di incontri “Muri e frontiere. Un’umanità in fuga”.
Centri sociali e parrocchie
Quasi ogni settimana si organizzano gruppi di volontari per la raccolta cibo nei supermercati o presso le sedi di associazioni, centri sociali e parrocchie che in questi mesi hanno lavorato in rete con Baobab.
Nel febbraio 2016 un gruppo di artisti di diversa provenienza, non solo migranti, si armano di pennelli e incontrano alcuni fotografi professionisti e alle prime armi nel cortile di una scuola romana, in una domenica di sole e di arte alla portata di tutti. A proposito di arte: qualche settimana prima un gruppo misto di ragazzi e volontari del Baobab, in compagnia dei ragazzi del Centro diurno Montesanto (che promuove percorsi di inclusione sociale per persone con disturbi psichici), sono invitati invece a una visita guidata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Interessante anche la giornata organizzata con un altro gruppo di sette fotografi professionisti: insieme ai migranti, con tanto di macchine fotografiche digitali, fanno proprie la leggerezza e la curiosità del turista, tra il Circo Massimo, il Foro Romano, il Campidoglio e il Rione Monti, per scoprire e raccontare la città con uno sguardo differente. Del resto, il destino di turisti e migranti nelle metropoli, secondo Zygmunt Bauman, è più intrecciato e simile di quanto non sembri.
Pasto sospeso
Un altro linguaggio che facilmente mette in discussione la visione tradizionale, “verticale”, fredda e burocratica dell’accoglienza in questo pezzo di Roma è quello della musica: dai laboratorio di “clownpoeira” (circo più capoeira, l’antica lotta/danza creata dai discendenti di schiavi africani in Brasile) alle serate di “Tarantella clandestina” e quelle con la Titubanda (banda musicale di strada, nota per il suo clima festaiolo, con quasi vent’anni di storia), promosse per protestare contro i metodi repressivi dell’Amministrazione capitolina, della questura e della prefettura.
Ma è probabilmente soprattutto intorno al cibo che Baobab fa emergere una socialità profonda e senza confini e riempie di senso una parola abusata e maltrattata come solidarietà. Gli incontri più noti, a riguardo, sono quelli del “Pasto sospeso”, cominciati a Casetta Rossa: la nuova declinazione dell’antica tradizione napoletana del “caffè sospeso” è inaugurata con Erri De Luca e Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini, che si cimentano in cucina. L’idea è semplice: lasciare un pasto pagato in più, con un’offerta minima di cinque euro. Due volte efficace: in primis, concretamente, per l’offerta del pasto, e, più in generale, perché ripropone una buona pratica di sostegno e inclusione che fa parte della storia popolare, e che, come l’esperienza degli ultimi anni insegna, ci vuole molto poco a dissotterrare e a rendere di nuovo attuale e diffusa. Il “Pasto sospeso” è stato affiancato anche dalle “Tavole solidali”, pranzi e cene di autofinanziamento e convivialità organizzati nelle sedi di alcune realtà sociali di diversi quartieri (in cui si partecipa portando un piatto) o da eventi più occasionali come il pranzo vegano presso lo spazio sociale 100celle Aperte, arricchito da musica, balli e racconti.
17.311 nomi
Piuttosto riuscita e partecipata è anche l’iniziativa dei tre giorni di incontri e festa “Pensare migrante” promossa da Baobab nel maggio 2017. L’evento più atteso è quello con Cedric Herrou, il contadino che ha disobbedito alle leggi francesi ospitando centinaia di profughi nella sua casa, subito dopo il confine con Ventimiglia: con Baobab ragiona di criminalizzazione della solidarietà e disobbedienza civile. Numerose anche le attività educative per le scuole e le proiezioni sul tema delle migrazioni in Italia e in Europa.
Nell’estate 2017, in poche settimane, Baobab raccoglie anche 17.311 firme per un appello portato alle Ferrovie dello Stato (Baobab experience, 2017 b).
17.311 nomi, tanti quante le persone morte in mare dal 2015 a oggi, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni: donne, uomini e bambini a cui l’Europa non garantisce di fatto salvezza e diritti.
Di fronte a quei numeri, a quei volti, a quelle storie a Roma c’è un presidio umanitario autogestito in piazzale Malsax che continua a rappresentare un porto sicuro per migliaia di persone che hanno affrontato un viaggio lunghissimo e terribile, fatto di torture fisiche e psicologiche, il viaggio nel Mediterraneo. Baobab è il posto che permette loro di avere ancora speranza in una vita migliore. A piazzale Maslax convivono “culture” e nazionalità diverse accomunate dallo stesso dolore e dalla stessa voglia di andare avanti. L’appello alle Ferrovie dello Stato chiede di concedere a Baobab l’utilizzo del parcheggio per bus abbandonato dietro la Stazione Tiburtina, per assicurare condizioni minime di assistenza, sicurezza, pulizia, e decoro, e per sperimentare una nuova idea di accoglienza.
Tutto cominciò in Africa
Secondo l’UNHCR sono 65 milioni e 600 mila le persone che sono costrette a lasciare il Paese di appartenenza per sfuggire a una delle varie emergenze in corso e trovare salvezza o speranza di una vita dignitosa e sicura lontano dal proprio territorio di origine (UNHCR, 2017). Esiste allora un’emergenza migrazioni? Certamente: esiste in Siria, in Turchia, in Libano, nello Yemen, in molti Paesi dell’area subsahariana, in Pakistan, in Afghanistan. Persino in Ucraina. Paesi nei quali migranti e profughi sono milioni. Non in Europa occidentale, non nella periferia est di Roma, dove soltanto grazie a un albero particolare, il Baobab experience (baobab è il nome di un albero tropicale dall’eccezionale diametro del tronco e dai frutti commestibili, un grande donatore di ombra), tanti trovano ristoro.
Scrive Eduardo Galeano: «Il viaggio umano nel mondo cominciò in Africa. Da lì i nostri avi intrapresero la conquista del pianeta. I diversi cammini fondarono i diversi destini, e il sole ebbe il compito di assegnare i colori. Adesso noi donne e noi uomini, arcobaleni della terra, abbiamo più colori dell’arcobaleno del cielo; ma siamo tutti africani immigrati. Perfino i bianchi più bianchi vengono dall’Africa. Forse ci rifiutiamo di ricordare la nostra origine comune perché il razzismo produce amnesia, o perché ci risulta impossibile credere che in quei tempi remoti il mondo intero fosse il nostro regno, immensa cartina senza frontiere, e le nostre gambe fossero l’unico passaporto richiesto» (Galeano, 2008).
BIBLIOGRAFIA
Baobab experience (2017 a), La Rete di Supporto Legale ai Migranti del Baobab, in https://www.facebook.com/BaobabExperience/posts/1311322808944468, 22 aprile.
Baobab experience (2017 b), Baobab Experience chiama Ferrovie dello Stato, in https://www.change.org/p/baobab-experience-chiama-ferrovie-dello-stato-fsnews-it?utm_source=action_alert_sign&utm_medium=email&utm_campaign=769543&alert_id=WkBGseVeKY_oGyf%2F1BlA6V2fdzQSEDRVzZYOhaNH9apeu%2F28kru3GIjvqY%2B0jpb0Cg1Q94ixU8t
Costa Andrea (2015), Un modello di accoglienza dignitosa”. L’orgoglio dei volontari del Baobab, intervistato da “Redattore Sociale”, in http://www.redattoresociale.it, 4 settembre.
Galeano Eduardo (2008), Specchi. La vera storia del mondo, Sperling & Kupfer, Segrate (Mi).
Redattore Sociale (2015), Un modello di accoglienza dignitosa”. L’orgoglio dei volontari del Baobab, in http://www.redattoresociale.it, 4 settembre.
Rete legale per i migranti in transito (2017), Migranti per strada a Roma: ancora nessun intervento strutturale, Nota stampa, in http://www.cir-onlus.org/images/Nota_Rete_Legale_.pdf, 21 aprile.
UNHCR – United Nations High Commissioner for Refugees (2017), Global Trends – Forced Displacement in 2016, in http://www.unhcr.org/dach/wp-content/uploads/sites/27/2017/06/2016_Global_Trends_WEB-embargoed.pdf, 19 giugno.
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Questo brano che racconta l’esperienza di Baobab fa parte del capitolo “In comune”, pubblicato nel 15° Rapporto sui diritti globali, cui ha collaborato Comune-info[1]
IL 15° RAPPORTO SUI DIRITTI GLOBALI PUO’ ESSERE ACQUISTATO O ORDINATO IN LIBRERIA, OPPURE DIRETTAMENTE ONLINE DALL’EDITORE[2]
Riportare i diritti nel lavoro. Leggi qui la prefazione di Susanna Camusso[4] al 15° Rapporto
Il vecchio che avanza. Leggi e scarica qui l’introduzione di Sergio Segio[5] al 15° Rapporto
La presentazione alla CGIL di Roma[6]
Qui la registrazione integrale della presentazione[7] alla CGIL di Roma del 27 novembre 2017
Qui le interviste[8] a Sergio Segio, Patrizio Gonnella, Marco De Ponte, Francesco Martone
Qui notizie e lanci dell’ANSA[9] sulla presentazione del 15° Rapporto
Qui il post di Comune-Info[10]
Qui si può ascoltare il servizio di Radio Articolo1 curato da Simona Ciaramitaro[11]
Qui un articolo sul Rapporto, a pag. 4 di ARCI-Report n. 37[12]
Qui un articolo sul Rapporto, da pag. 13 di Sinistra Sindacale n. 21[13]
Qui la registrazione di Radio Radicale della presentazione del 15° Rapporto a Torino, il 31 gennaio 2018[14]
Qui un’intervista video a Sergio Segio e Susanna Ronconi sui temi del nuovo Rapporto[15]
Qui l’articolo di Sergio Segio “L’apocalisse e il cambiamento possibile”, da Appunti n. 23, 1/2018[16]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2018/04/98273/
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