by Maurizio Pagliassotti | 28 Marzo 2018 9:38
TORINO. Sono passati circa tre mesi da quando tutto sembrava perduto: alla fine del lungo conto alla rovescia, il giorno prima del licenziamento collettivo, presso la sede dell’Associazione aziende metal meccaniche il tavolo relativo alla vertenza Embraco ha trovato una «via di fuga» per i quasi cinquecento lavoratori giunti sull’orlo del baratro.
L’ossatura dell’accordo era stata imbastita lo scorso due marzo, ieri sono state strappate delle cifre maggiori per chi accetterà le dimissioni volontarie.
L’intesa prevede che i licenziamenti rimangano congelati fino al termine dell’anno, periodo durante il quale i lavoratori potranno scegliere se fruire degli incentivi all’esodo: sessantamila euro per chi lascerà l’azienda entro aprile, chi andrà via a maggio ne prenderà cinquantamila, trentacinquemila andranno a chi va via nel periodo giugno-agosto. Coloro che cesseranno volontariamente il rapporto di lavoro negli ultimi tre mesi dell’anno avranno dall’azienda trentamila euro. Tutte le cifre sono lorde. La Whirpool, tenta quindi di incentivare l’uscita immediata delle maestranze, e probabilmente auspica che il denaro offerto possa far breccia soprattutto tra numerose coppie che lavorano in azienda. Uno dei due coniugi rimane, l’altro prova a far fruttare il gruzzolo.
L’accordo prevede che l’azienda favorisca un processo di re industrializzazione dell’area – quindi investendo denaro – con il coinvolgimento di Invitalia, la società di attrazione degli investimenti del ministero dello Sviluppo.
Un passaggio importante che, come ricorda Federico Bellono della Fiom di Torino, che «apparentemente segna una nuova fase nella gestione delle crisi aziendali». Bellono si riferisce ad un impegno preso da Calenda, vis à vis con i lavoratori lo scorso sei marzo, molto netto: «Se non ci sarà una re industrializzazione dell’area, Invitalia diventerà il vostro nuovo datore di lavoro». Parole che gli valsero un applauso sentito da parte degli operai, pronunciate mentre aveva di fianco l’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri: «Ho voluto portare questo signore – disse il ministro – perché lui non se ne andrà con il nuovo governo. Sarà mia cura darvi i suoi contatti. Gli ricorderemo insieme che dal primo gennaio sarà il vostro datore di lavoro». Il ministro, probabilmente, pensa(va) di creare attraverso Invitalia una New Company di diritto privato: ma cosa farebbero i lavoratori in essa non è chiaro.
Bellono, che si dice soddisfatto della trattativa, puntualizza: «Oggi è stato ottenuto sicuramente un buon risultato, ma non eccederei nei trionfalismi. Si dovrà vedere cosa accadrà il prossimo primo gennaio». La speranza di tutti ovviamente è che nuovi investimenti produttivi possano assorbire i lavoratori Embraco che non accetteranno l’offerta economica: ma non è chiaro cosa potrà assicurare Invitalia qualora questo auspicio non dovesse realizzarsi. «Indubbiamente – continua Bellono – la vertenza Embraco è stata esemplare sotto molti punti di vista: la grande pressione mediatica, la determinazione dei lavoratori, nonché il lavoro del ministro hanno portato ad un risultato importante. Ma non finisce oggi: le promesse fatte sono importanti, si dovrà dar loro seguito».
«Il 9 aprile – aggiungono per la Fiom Lino La Mendola e Ugo Bolognesi – siamo convocati al Mise dove ci aspettiamo che si entri nel merito dei progetti industriali e che finalmente si materializzino i potenziali investitori per capire chi sono, che cosa vogliono fare, con quali risorse economiche e quanti addetti saranno coinvolti, fermo restando la tutela dei diritti acquisiti dai lavoratori».
FONTE: Maurizio Pagliassotti, IL MANIFESTO[1]
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