Acqua, «sorgente di vita» a canone (quasi) zero
Due centesimi di euro per un litro d’acqua. Venti euro ogni mille litri, che chi imbottiglia le minerali dovrebbe riconoscere alle amministrazioni regionali: è la proposta di Legambiente e Altreconomia, che celebrano la Giornata mondiale dell’acqua ricordando a tutti che quella che finisce in bottiglia è l’acqua più privata che c’è, un bene pubblico dato in concessione a società come Nestlé o San Benedetto in cambio di canoni irrisori. Oggi, infatti, sono nell’ordine dei due millesimi di euro per litro, e in alcuni casi anche inferiori.
Il dossier «Acque in bottiglia. Un’anomalia tutta italiana» evidenzia come a fronte di un giro d’affari stimato sui 10 miliardi euro l’anno, con un fatturato per le sole aziende imbottigliatrici che i rapporti di settore stimano in 2,8 miliardi di euro, appena lo 0,6% arriva nelle casse pubbliche.
L’anomalia, in un Paese dotato di una buona rete acquedottistica, è che il consumo pro-capite di minerali in bottiglia in Italia è pari a 206 litri l’anno, che fanno degli italiani i primatisti europei e le medaglie d’argento a livello mondiale della specialità, secondi solo al Messico, come spiegano i dati Censis riportati nel rapporto. In Italia sono in commercio oltre 260 marchi, prodotti in circa 140 stabilimenti che imbottigliano complessivamente oltre 14 miliardi di litri di acque minerali.
Secondo Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, «alla base del record c’è il falso mito che la minerale sia migliore e più controllata dell’acqua del nostro rubinetto, e soprattutto un costo della materia prima (l’acqua), per chi imbottiglia, praticamente nullo: una media di appena 1 millesimo di euro per ciascun litro imbottigliato».
È per questo, spiega Zampetti, che l’associazione e la rivista Altreconomia propongono «di applicare un canone minimo a livello nazionale di almeno 20 euro al metro cubo, cioè 2 centesimi di euro al litro imbottigliato. Un canone comunque irrisorio, ma già dieci volte superiore a quello attuale e che permetterebbe alle Regioni di incrementare gli introiti di almeno 280 milioni di euro l’anno, da reinvestire in politiche e interventi in favore dell’acqua di rubinetto e per la tutela di della risorsa idrica, oggi messa a dura prova anche dai cambiamenti climatici e dalle continue emergenze siccità».
L’obiettivo di incrementare l’uso dell’acqua di rubinetto e ridurre l’eccessivo uso di bottiglie di plastica è anche al centro dei cambiamenti in atto nella legislazione europea, dalla Plastic Strategy alla nuova proposta di revisione della direttiva sulle acque potabili presentata il 1 febbraio, con una riduzione del 17% dei consumi di acqua in bottiglia di plastica e un risparmio conseguente per le famiglie europee pari a 600 milioni di euro l’anno.
Se è vero che in Europa (EU28) si consumano annualmente 46 miliardi di bottiglie in plastica, in Italia – in base alle risposte che le Regioni hanno inviato a Legambiente, dopo aver ricevuto il questionario alla base del rapporto diffuso il 21 marzo – il 90-95% delle minerali viene imbottigliato in contenitori di plastica, e appena il 5-10% in contenitori in vetro. Se guardiamo quindi alla produzione complessiva del settore, negli ultimi anni tra i 12 e i 14 miliardi di litri, nel nostro Paese ogni anno vengono utilizzate tra i 7,2 e gli 8,4 miliardi di bottiglie di plastica.
Il dossier, pubblicato per la prima volta nel 2008, nasce per affrontare il problema dei canoni di concessione, che nel 2006 la Conferenza Stato-Regioni aveva chiesto (inascoltata) di uniformare. A inizio 2018, il quadro è questo: l’85% delle Regioni applica un canone in funzione degli ettari dati in concessione (in totale 25mila); il 29% applica anche un canone in funzione dei volumi emunti mentre l’86% applica il canone relativo ai volumi di acqua imbottigliati dalle compagnie detentrici del titolo.
Nel 62% dei casi le Regioni applicano un doppio canone alla concessione, mentre il 19% applica tutti e tre i criteri previsti per i canoni. Quelli applicati per le acque emunte e imbottigliate hanno un valore medio di 1,15 euro per metro cubo (mille litri): si parte dalla tariffa di 0,30 euro applicata in Abruzzo («che non solo è la cifra più bassa del panorama nazionale ma è anche l’unico canone che viene applicato dalla Regione», scrivono Legambiente e Altreconomia), ai 0,50 della Toscana (che possono variare fino a 2,00 euro/mc), ai 2,0 euro/metro cubo applicato dalla Provincia autonoma di Bolzano (cifra minima di partenza, che va a salire fino a 2,70 euro per metro cubo se l’imbottigliamento avviene in contenitori con vuoto a perdere).
Anche nel Lazio e in Sicilia la cifra massima che si paga è rispettivamente di 2,28 e 2,00 euro per metro cubo, che diminuisce (fino a 0,69 euro/mc nel Lazio e 1,40 in Sicilia) in funzione del tipo di contenitore usato. Nelle tre Regioni sul podio in quanto a volumi emunti ed imbottigliati nel 2017, che sono Lombardia (3,7 miliardi di litri), Piemonte (2,7 miliardi di litri) e Campania (1,85 miliardi di litri), il canone medio è ancora pari a un euro per mille litri, o di poco superiore.
FONTE: Luca Martinelli, IL MANIFESTO
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