Tutti contro Mosca. Il Caso Skripal, innesca una guerra fredda
Il caso Skripal, l’ex spia russa che secondo Londra sarebbe stata avvelenata da Mosca con il gas nervino, ha finito per rimandare, come spesso accade quando c’è di mezzo la Russia, ai tempi della guerra fredda. Toni perentori e d’altri tempi, avviluppatisi su un caso gravissimo – Skripal e la figlia sono al momento ancora in ospedale in condizioni critiche – del quale però si sa pochissimo.
LONDRA SOSTIENE che l’avvelenamento sarebbe avvenuto con il gas nervino: si tratterebbe, se fosse vero e se le responsabilità fossero di Mosca, di un vero e proprio attacco chimico contro il Regno unito. Theresa May nei giorni scorsi aveva chiesto a Mosca – con una scadenza temporale ben precisa – di fornire elementi a proprio discapito. La risposta della Russia, con tanto di trollate su Twitter da parte dell’ambasciata russa a Londra, è stata di accuse contro May, specificando che eventualmente era il turno di Londra fornire le prove sul gas utilizzato e altre caratteristiche dell’«azione».
La verità, dunque, è che nessuno dei due paesi ha fornito materiale utile a capire cosa sia realmente successo a Salisbury: il governo britannico non ha in alcun modo chiarito le caratteristiche dell’avvelenamento, Mosca a sua volta non ha fornito informazioni capaci di manlevarla da responsabilità nel caso (ad esempio dimostrando di non «manovrare» quel genere di arma chimica o denunciando un furto, ipotesi per altro «suggerita» dalle autorità inglesi).
PARTENDO DUNQUE da queste basi fragili e complicate per comprendere dove possano annidarsi le responsabilità, a meno di non avere una sorta di congegno di Lessinger, quello con cui ne I simulacri Dick immaginava di poter andare avanti e indietro nel tempo, dobbiamo accontentarci di quanto sappiamo, osservando come questo evento abbia finito per sviluppare toni pesantissimi da un punto di vista internazionale. Alle accuse e alle azioni del governo inglese, compresa l’espulsione di 23 diplomatici russi da Londra, ieri sono seguite le prese di posizione congiunte da parte di Parigi, Berlino e Washington con accuse precise contro Putin e la Russia.
DI ANALOGO TONO la presa di posizione della Nato, tesa a sottolineare il rischio «per la sicurezza mondiale» posto dalla potenza russa. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg ha specificato che Skirpal e la figlia sarebbero stati avvelenati «con un agente nervino di livello militare di una tipologia sviluppata dalla Russia».
Sul fronte moscovita sono arrivate le parole del vice ministro degli esteri Sergei Ryabkov – «Voglio affermare con tutta certezza che l’Unione sovietica o la Russia non avevano programmi per sviluppare un agente tossico chiamato Novichok» – e la richiesta formale all’Onu di aprire «un’inchiesta urgente per individuare le cause che hanno determinato l’avvelenamento dell’ex colonnello dell’intelligence russa, Sergej Skripal».
QUESTA RICHIESTA, però, è stata bloccata da Londra. Sullo stesso tenore è arrivata la proposta di Corbyn, il leader dei Labour preso di mira nei giorni scorsi per la sua posizione considerata troppo «morbida» contro Mosca (con annesse le accuse recenti di essere stato una spia comunista emerse qualche settimana fa): anche lui ha chiesto un’indagine dell’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ammettendo che ora come ora le responsabilità russe su quanto avvenuto non possono essere escluse. Di certo c’è il clima che si è creato: Mosca di sicuro, non tanto per le elezioni di domenica sulle quali ci sono pochi dubbi, quanto per i Mondiali di calcio, non aveva alcun interesse a scatenare questo terribile scontro diplomatico.
VA POI REGISTRATA un’immediata prontezza da parte del fronte occidentale a condannare la Russia, riportandola all’angolo. Se si esamina la pura e semplice cronologia delle reazioni, ad esempio, si potrà notare come uno dei primi a esprimersi contro Mosca sia stato il ministro degli esteri ucraino Klimkin: sul tabloid inglese Daily Mail ha invitato tutti a boicottare i mondiali in Russia (ai quali l’Ucraina non si è qualificata).
FONTE: Simone Pieranni, IL MANIFESTO
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