by Eleonora Martini | 16 Marzo 2018 9:09
A elezioni superate e messo da parte ogni tatticismo, quando ormai mancano pochi giorni all’insediamento del nuovo Parlamento, il governo Gentiloni sembra convinto finalmente a rispettare la delega legislativa ricevuta e a portare a termine almeno una parte di quella riforma dell’ordinamento penitenziario tanto voluta dal ministro di Giustizia Andrea Orlando e alla quale hanno lavorato per due anni circa duecento tra i maggiori esperti italiani del mondo penale e penitenziario.
E così oggi il Consiglio dei ministri si appresta ad un ulteriore passo verso il varo definitivo del decreto attuativo delle nuove misure alternative, l’unico dei quattro che ha qualche possibilità di concludere l’iter prima dell’inizio della nuova legislatura.
Ma è bastato che la riforma entrasse nell’ordine del giorno del Cdm di questa mattina per far inalberare il leghista Matteo Salvini. «Un governo sconfitto e senza la fiducia degli italiani si prepara ad approvare il salva-ladri – ha detto sobriamente il possibile presidente del Consiglio – Facciamo appello al Presidente della Repubblica affinché eviti questa vergogna. Noi siamo pronti a qualsiasi cosa per impedire a migliaia di delinquenti di uscire di galera».
Il «salva-ladri» o «svuota-carceri», come lo hanno ribattezzato strumentalmente i leghisti e i leader pentastellati, in realtà riforma le modalità con cui si concedono ai detenuti le misure alternative al carcere, superando alcuni automatismi, in favore invece di una maggiore discrezionalità accordata alla magistratura di sorveglianza. Che dovrà decidere caso per caso, nella logica di soppesare meglio il percorso punitivo/rieducativo di ciascun condannato, come da dettato costituzionale.
Con la stessa ambizione di favorire il reinserimento sociale dei detenuti, il decreto prevede l’equiparazione tra infermità psichica e fisica per l’accesso alle cure, maggiore attenzione alla formazione, all’uso delle tecnologie, al lavoro e anche ai diritti. Come quello di non essere discriminati per l’orientamento sessuale o l’identità di genere, o quello di essere reclusi nel carcere più vicino al proprio territorio.
Si amplia inoltre il parterre di reati che rientrano nella possibile concessione di benefici e di misure alternative. Su questo punto, in particolare sulla riforma dell’articolo 4 bis, era intervenuta pesantemente la censura della commissione Giustizia del Senato che vorrebbe maggiori limitazioni. Ma il governo uscente sembrerebbe orientato ad accogliere solo in minima parte le obiezioni di Camera e Senato. Questa mattina il testo sostanzialmente immutato potrebbe essere rinviato alle commissioni Giustizia per avere l’ultimo parere, in ogni caso non vincolante, prima dell’ok definitivo.
Per sostenere l’approvazione della riforma, il cui iter era iniziato il 22 dicembre, la radicale Rita Bernardini, che è stata per settimane in sciopero della fame insieme a migliaia di detenuti, ieri con Roberto Saviano si è recata in visita al padiglione Genova di Poggioreale, recentemente inaugurato da Orlando. All’inizio della settimana, invece, l’Unione delle camere penali ha indetto due giorni di astensione dalle udienze, nella convinzione che non sia più rinviabile riportare «l’esecuzione penale entro una cornice di legalità costituzionale e sovranazionale dopo le umilianti condanne europee».
FONTE: Eleonora Martini, IL MANIFESTO[1]
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