La biodiversità minacciata in Europa, dalle steppe ai fondali marini

by Dani. Giga. * | 15 Marzo 2018 17:14

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La Lista rossa europea degli habitat marini ha identificato 2 habitat criticamente minacciati, 22 minacciati, 23 vulnerabili e 30 quasi minacciati. In ambiente terrestre invece sono state individuate ben 4 tipologie di habitat criticamente minacciati, 24 minacciati, 55 vulnerabili e 27 quasi minacciati. Ecco di seguito i casi più critici ed emblematici.

PALSA MIRE Si tratta di ambienti subartici particolarissimi nei quali notevoli spessori di torba vengono interessati dalla formazione occasionale di permafrost. Sono costituiti da un mosaico di piccoli rilievi di 2-4 metri di altezza colonizzati da muschi, erbe e arbusti nani, con zone centrali prominenti a causa della presenza della lente di permafrost, e tappeti di torba generata da diverse specie di Sphagnum, al di sotto dei quali è presente un nucleo perennemente congelato di torba, limo e ghiaccio. Si sviluppano in condizioni climatiche estreme, con precipitazioni scarse e temperatura media annuale inferiore a -1°C. Sono presenti in Finlandia, Svezia, Islanda e Norvegia e sono note anche per il territorio russo. Le palsa mire hanno subito un sostanziale deterioramento negli ultimi anni e le stime indicano un’alta probabilità di scomparsa a causa del riscaldamento globale.

STEPPA SABBIOSA Le praterie steppiche presenti nelle pianure delle regioni pannoniche, pontiche e del Baltico meridionale risultano criticamente minacciate in Europa. Questo habitat si sviluppa su terreni sabbiosi in ambienti a clima fortemente continentale con inverni freddi, lunghe gelate ed estati calde e siccitose. Si tratta di praterie dominate da erbe perenni, con frequenti annuali e crittogame, un tempo tradizionalmente utilizzate per il pascolo estensivo, soprattutto di ovini; in epoche recenti l’abbandono ha provocato la diffusione di arbusteti e boscaglie, talora con presenza di pecie aliene. L’habitat ha subito enormi perdite in Europa e i piccoli frammenti ancora presenti ai margini delle principali estensioni residue in Ungheria sono oggi estremamente minacciati, non solo dall’abbandono ma anche dalle deposizioni atmosferiche. Presente solo nei paesi dell’Europa orientale.

PRATERIE ARIDE Questo habitat ricco di endemismi ha una distribuzione esclusiva limitata alle alte montagne di Madeira, isola portoghese dell’Oceano Atlantico, al di sopra dei 1500 m di altitudine. È costituito da comunità vegetali altamente specializzate che si insediano sulle superfici rocciose affioranti di origine vulcanica. Il declino del pascolo caprino, in passato molto più diffuso e oggi in rarefazione, ha favorito la sua espansione, ma oggi rischia di rappresentare esso stesso una minaccia in quanto l’abbandono provoca l’invasione di arbusti e alberi. Altra minaccia degna di attenzione è rappresentata dalla comparsa di specie aliene.

PRATERIE MARINE Questo habitat comprende le praterie sommerse a dominanza di Zostera, Ruppia e Cymodocea, presenti lungo le coste dell’Atlantico nord-orientale. Le praterie marine svolgono un ruolo importante per lo stato trofico delle acque marine e degli estuari e contribuiscono alla stabilizzazione dei sedimenti, oltre a offrire habitat idonei per la riproduzione di numerose specie ittiche. La principale minaccia è rappresentata dai fenomeni di deperimento diffuso osservati a partire dagli anni ’30, che hanno provocato ovunque una grave riduzione della distribuzione di questo habitat e la sua completa scomparsa in Olanda e Germania. Altre cause di degrado derivano da sviluppo costiero, attività di dragaggio, pesca dei molluschi, eutrofizzazione e anche dall’utilizzo commerciale di alcune di queste specie come materiale isolante.

FONDALI MARINI BIOGENICI Questo habitat comprende le distese di alghe rosse che tollerano la scarsa disponibilità di luce. L’habitat è presente unicamente nel Mar Nero nord-occidentale. La minaccia più significativa è rappresentata dall’eutrofizzazione, ma forti danni sono stati indotti in passato anche dalla raccolta di alcune alghe come Phyllophora crispa per la produzione di agar (attività vietata dal 1996).

PRATERIE DUNALI COSTIERE L’habitat è presente sia lungo le coste dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo (compresa l’Italia) che sulle isole Macaronesiche (Azzorre, Madeira, Canarie e Capo Verde). La sua attuale diffusione è molto frammentaria, a causa delle imponenti alterazioni provocate dall’urbanizzazione e dal turismo. Ulteriori minacce sono rappresentate dalle deposizioni di azoto e dall’invasione di specie non native.

TORBIERE ALTE Le torbiere alte sono delicatissimi e complessi sistemi di vegetazione, sviluppati su substrato acido e povero di nutrienti minerali, alimentati prevalentemente da acque meteoriche, nei quali avviene il processo di naturale formazione e accumulo della torba. Sono ampiamente diffusi in tutta Europa, caratteristici soprattutto delle zone emiboreale e sud-boreale, ma nei paesi dell’Europa meridionale sopravvivono in forma molto frammentaria e isolata e rappresentano quindi preziosi ecosistemi da salvaguardare. La principale minaccia è rappresentata dall’estrazione della torba, intensa soprattutto in passato, e dalle alterazioni del regime idrologico, provocate ad esempio dalle attività di drenaggio. L’inquinamento atmosferico e l’arricchimento in azoto provocano cambiamenti nell’equilibrio dei nutrienti e alterano quindi profondamente la vegetazione.

COLTURE AGRICOLE Le colture agricole non intensive rappresentano un habitat peculiare per numerose specie di piante comunemente ritenute “infestanti” che, contrariamente all’opinione diffusa, sono invece una preziosa testimonianza di antiche modalità di coltivazione tradizionale (non intensive). Molte di esse, come i fiordalisi, sono ormai divenute rare e in via di scomparsa, minacciate dal massiccio utilizzo di erbicidi. Questo habitat, che porta in sé non solo un forte valore ambientale ma anche una chiara eredità culturale, si è drasticamente ridotto soprattutto in concomitanza con la meccanizzazione delle pratiche agricole, accompagnata dal crescente utilizzo di fertilizzanti e biocidi di sintesi. I luoghi in cui l’agricoltura tradizionale sopravvive sono ormai pochissimi e tra questi c’è l’Italia, con i suoi territori montani appenninici, alpini e delle isole.

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La «Lista rossa degli habitat» a rischio nell’Ue

300 esperti hanno stilato una mappa della biodiversità. Rischiano la scomparsa tre quarti delle paludi e delle torbiere e quasi la metà di laghi, fiumi e coste

La perdita di biodiversità è riconosciuta a livello mondiale come una concreta minaccia alla salvaguardia della vita sul pianeta Terra e alla possibilità di accesso alle sue risorse e ai servizi ecosistemici da essa forniti, con serie ricadute sulla sopravvivenza dell’intera umanità. Questa crescente consapevolezza ha portato a numerosi accordi, trattati e direttive nazionali e internazionali volti a contrastare il degrado delle risorse naturali e arrestare la perdita di biodiversità, dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites) del 1973, alle Direttive Uccelli e Habitat emanate dalla Comunità europea rispettivamente nel 1979 e nel 1992, fino alla Convenzione sulla diversità biologica ad oggi ratificata da 196 paesi (tra cui l’Italia, www.cbd.int/information/parties.shtml[1]).

L’Unione europea ha tra i suoi principali obiettivi quello di arrestare la perdita di biodiversità e il degrado dei servizi ecosistemici entro il 2020. Con il termine biodiversità tuttavia si comprendono tutti i vari livelli di organizzazione della diversità dei viventi: dai geni alle specie, alle comunità e agli ecosistemi. In campo scientifico sono stati sviluppati strumenti di valutazione del rischio di estinzione delle specie animali e vegetali, basati sull’analisi del loro stato di conservazione, delle tendenze in atto e delle prospettive future, tenendo conto delle svariate pressioni di diversa origine cui sono sottoposti. Tra i vari metodi di valutazione si è storicamente affermato quello proposto dall’Unione internazionale per la conservazione della natura, la più antica e vasta organizzazione ambientale (Iucn – www.iucn.org[2]), basato sulla compilazione di «liste rosse» delle entità più minacciate. Queste liste hanno lo scopo di indirizzare le priorità negli sforzi di conservazione e anche di evidenziare le responsabilità dei governi e delle società.

In questo scenario, la Commissione Europea ha recentemente esteso per la prima volta anche agli habitat l’approccio di red-listing sviluppato dalla Iucn: non più quindi solo specie ma anche comunità ed ecosistemi sono stati sottoposti a una valutazione del rischio di degrado e scomparsa. Con il termine habitat ci si riferisce sostanzialmente alla comunità vegetale (a diversa scala), come fa la Direttiva 92/43/CEE Habitat: quindi al livello di organizzazione della biodiversità che corrisponde all’insieme delle specie di piante che convivono in un ambiente omogeneo. Gli habitat nel loro insieme formano il variegato patchwork dei paesaggi europei: ospitano innumerevoli piante e animali e ci forniscono importanti servizi ecosistemici, dalla protezione del suolo al sequestro del carbonio, al contrasto al riscaldamento globale. Contribuiscono inoltre a produrre colture di pregio, a sostenere l’allevamento e la pesca, a dare valore aggiunto al turismo e a rendere più piacevoli le attività ricreative, costituendo un patrimonio prezioso e insostituibile per le generazioni presenti e future. Con l’intento di valorizzare la biodiversità anche al livello di comunità, nel 2016 è stata quindi pubblicata la prima Lista rossa europea degli habitat. Si tratta del risultato del lavoro di più di 300 esperti, i quali hanno contribuito con le loro conoscenze a produrre per la prima volta una quantificazione del livello di minaccia degli habitat naturali e seminaturali terrestri, d’acqua dolce e marini in Europa, sulla base della valutazione del loro tendenze attuali e storiche, qualitative e quantitative. Il documento fornisce un quadro attuale dello stato di 490 habitat, 233 terrestri e 257 marini, in 35 paesi europei, dal Circolo Polare Artico fino al Mar Mediterraneo e al Mar Nero.
La realizzazione della Lista rossa europea degli habitat è stata finanziata dalla Commissione europea. Il lavoro è stato coordinato da un partenariato comprendente l’istituto di ricerca ambientale Wageningen Environmental Research dei Paesi Bassi, la Iucn, la società di consulenza NatureBureau del Regno Unito. L’Italia ha partecipato con un ampio gruppo di esperti.

Gli habitat presi in considerazione dalla Lista Rossa si rifanno alle tipologie Eunis (European nature information system, https://eunis.eea.europa.eu[3]), parzialmente modificate. Si tratta di un sistema di descrizione e classificazione degli habitat su base vegetazionale, sviluppato nei primi anni del 2000 e valido per l’intera Europa. Gli habitat legati agli ambienti fortemente antropizzati non sono stati presi in considerazione, con l’unica eccezione dei sistemi agricoli non intensivi che rivestono un grande interesse per la tutela della biodiversità.

I risultati del lavoro, alla luce delle analisi condotte dal team italiano, ci dicono in primo luogo che l’Italia ospita più di due terzi della totalità degli habitat terrestri e di acqua dolce censiti per l’intera Europa. Viene quindi confermata la grande ricchezza di biodiversità che caratterizza il paesaggio italiano e si evidenzia una notevole responsabilità per le istituzioni: quella di porre in atto corrette modalità di gestione del territorio, che ne garantiscano la conservazione sul lungo periodo.
Impresa non semplice, visto che complessivamente i risultati riportati nella Lista rossa europea degli habitat non sono confortanti: oltre un terzo degli habitat terrestri risultano in pericolo di scomparsa: più di tre quarti delle paludi e delle torbiere, più della metà degli habitat erbacei e quasi la metà di laghi, fiumi e coste. Particolare allarme destano in Italia le praterie secondarie e gli ecosistemi umidi, dove sono concentrati gli habitat ritenuti «in pericolo critico» che presentano un rischio elevatissimo di collasso. Tra gli habitat di particolare rilievo per il territorio italiano può essere ricordato, in quanto endemico e quindi esclusivo, quello delle «Praterie submediterranee xeriche su suoli calcarei ricchi di scheletro e su suoli ultramafici», che include i pascoli dei territori interni della penisola italiana, localizzati soprattutto sui massicci appenninici, dove caratterizzano un tipico paesaggio pastorale il cui utilizzo tradizionale non intensivo ha permesso la conservazione di una variegatissima flora ricca di peculiarità ed endemismi. Per queste tipologie, la minaccia principale è rappresentata dai fenomeni di incespugliamento innescati dall’abbandono del pascolo.

Tra gli habitat marini, i banchi di molluschi, le praterie di fanerogame marine e gli estuari sono risultati quelli maggiormente minacciati pressoché ovunque. Quasi un terzo degli habitat del Mar Mediterraneo è a rischio di collasso, mentre la situazione è leggermente migliore nell’Atlantico nord-orientale dove è a rischio circa un quarto del totale. Elevatissimo è il numero di habitat marini per i quali le informazioni disponibili sono ancora troppo scarse per poter effettuare una valutazione attendibile (circa la metà del totale); questa carenza informativa è particolarmente accentuata nel Mar Nero.

Tra le principali cause del declino degli habitat sono state identificate diverse tipologie di pressioni derivanti dalle conseguenze dirette o indirette delle attività umane. Tra le più preoccupanti a livello europeo ci sono l’intensificazione delle attività agricole, l’urbanizzazione e il consumo di suolo, l’abbandono delle attività tradizionali, le alterazioni dei sistemi naturali e il cambiamento climatico. A livello italiano lo scenario è abbastanza simile: alle pressioni citate vanno aggiunti l’inquinamento diffuso delle acque superficiali, l’alterazione degli equilibri idrogeologici e l’invasione di specie aliene sia vegetali che animali. Nell’ambiente marino, tra le pressioni maggiormente responsabili del declino degli habitat sono stati indicati l’inquinamento, l’eccesso di nutrienti, le pratiche di pesca distruttiva, lo sviluppo incontrollato delle coste, il cambiamento climatico.

 

FONTE: Dani. Giga., IL MANIFESTO[4]

* Università degli Studi di Perugia, Dip. Chimica, Biologia e Biotecnologie

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Endnotes:
  1. www.cbd.int/information/parties.shtml: http://www.cbd.int/information/parties.shtml
  2. www.iucn.org: http://www.iucn.org/
  3. https://eunis.eea.europa.eu: https://eunis.eea.europa.eu/
  4. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2018/03/97568/