by Massimo Franchi | 9 Marzo 2018 10:19
Il passo è allo stesso tempo storico e ancora troppo breve. Ryanair per la prima volta dalla sua fondazione – databile con l’arrivo di Micheal O’Leary nel 1991 – riconosce i sindacati dei soli piloti, compresa l’Anpac italiano, e si impegna ad aumentarne gli stipendi. Mentre prosegue la doppia apartheid nei confronti degli assistenti di volo e dei sindacati confederali – Fit Cisl, Filt Cgil, Uilt – nonostante la sentenza per comportamento antisindacale del 5 febbraio glielo imporrebbero.
Dopo aver trovato un accordo con i piloti irlandesi, la compagnia low cost ieri ha annunciato «il riconoscimento degli organi sindacali in due importanti mercati, Regno Unito e Italia, che insieme rappresentano il 45 per cento del nostro corpo piloti», come spiegato in una nota da Eddie Wilson, Chief People Officer di Ryanair, l’uomo a cui O’Leary ha demandato la patata bollente.
La svolta infatti è figlia dei problemi avuti a settembre. Le cancellazioni di migliaia di voli furono dovute semplicemente al fatto che molti piloti Ryanair decisero di cambiare compagnia per avere condizioni e stipendi molto migliori. Per fermare l’emorragia O’Leary fu costretto a rivedere una delle regole auree del suo modello low cost: aprire alla contrattazione e agli odiati sindacati. Prima provò ad elargire bonus e ferie in modo unilaterale, poi la minaccia di scioperi nella base di Dublino lo costrinse ad arrendersi alla trattativa col sindacato piloti a gennaio.
Nel frattempo la protesta si è diffusa in tutta Europa, compresa l’Italia, paese fondamentale per Ryanair visto che qui da noi la compagnia ha quasi 80 dei 400 aeromobili della flotta e impiega il 20 per cento del corpo piloti, quasi 600.
Va comunque sottolineato che non siamo davanti ad un contratto. L’impegno è unilaterale, non c’è alcun testo scritto e nemmeno tempi definiti per una trattativa. Quanto poi agli aumenti promessi, rimane totalmente in gioco la questione fondamentale della doppia tassazione: i piloti italiani pagano sia in Irlanda che in Italia. In più c’è il tema della legislazione del lavoro: ora Ryanair fa totalmente riferimento all’Irlanda, risparmiando tasse e potendo sfruttare la deregulation totale prevista nell’isola.
I commenti più entusiasti sono naturalmente di Anpac, il sindacato autonomo dei piloti. «È un accordo storico e la prova che con un approccio costruttivo e propositivo si può riuscire a costruire da zero un sistema di relazioni efficace ed improntato al mutuo rispetto dopo solo quattro tavoli fatti con l’azienda – spiega il segretario Riccardo Canestrari – . Superato lo scoglio della tassazione, contiamo di chiudere nel giro di un mese un contratto collettivo che prevederà il pagamento dei contributi in Italia». Quanto agli assistenti di volo, Canestrari spiega: «L’azienda vuole chiudere prima l’accordo sui piloti, ma ha già aperto il tavolo sugli assistenti con noi e l’Anpav», l’altro sindacato autonomo.
Tutt’altri toni dai confederali. «Questo riconoscimento rende ancora più grottesca la posizione che Ryanair», attacca Emiliano Fiorentino, segretario nazionale della Fit-Cisl che sostiene di avere 200 iscritti in Ryanair, in gran parte assistenti di volo. «Sembra che a lei sia concesso tutto, generando introiti per le proprie casse, dumping sociale e destabilizzazione del sistema a scapito del nostro Paese». «Inaccettabile il comportamento di Ryanair che sceglie gli interlocutori – dichiara Fabrizio Cuscito della Filt Cgil – . Alle istituzioni chiediamo un maggiore impegno a far rispettare la legge italiana sul lavoro e le sentenze dei tribunali».
FONTE: Massimo Franchi, IL MANIFESTO[1]
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