by Enrico Marro | 8 Febbraio 2018 16:40
Un accordo sindacale siglato dall’Acea, l’ex municipalizzata romana dell’acqua e dell’energia, riapre la polemica sul Jobs act. Complice la campagna elettorale, l’intesa sottoscritta ieri da Acea e dai sindacati di settore di Cgil, Cisl e Uil diventa un caso, poiché in un punto (il 22esimo su 40) prevede che nei confronti del personale in servizio col contratto a tutele crescenti o che verrà assunto «saranno garantite le tutele previste dall’articolo 18 della legge 300 del 1970, come modificato dalla legge 92 del 2012» cioè la riforma Fornero. La Cgil con Susanna Camusso esulta per l’accordo che «abolisce le norme del Jobs act». Applausi anche da Liberi e uguali mentre Confindustria va su tutte le furie. Il vicepresidente Maurizio Stirpe definisce il testo «proditorio» e vede «una ingerenza indebita della politica», essendo il comune guidato dalla sindaca Virginia Raggi, esponente del Movimento 5 Stelle il quale ha nel programma il ritorno all’articolo 18. Confindustria non esclude di deferire l’azienda ai probiviri. Intanto Unindustria Lazio ha chiesto un incontro all’ad, Stefano Donnarumma, per chiarimenti. Acea è un contribuente importante, versando al sistema Confindustria circa 100 mila euro l’anno.
Polemiche a parte, l’accordo serve soprattutto a definire gli importi massimi dei premi di risultato: 2.350 euro lordi che verranno erogati a luglio 2019, 2400 euro a luglio 2020 e 2.490 a luglio 2021. Si prevede inoltre la possibilità per il lavoratore di sostituire in parte il premio con prestazioni del welfare aziendale. C’è poi un capitolo sulle «politiche occupazionali» dove appunto si esclude l’applicazione delle norme del Jobs act sui licenziamenti senza giusta causa, in pratica la possibilità di licenziare pagando un indennizzo economico in tutti i casi, tranne i licenziamenti discriminatori dove c’è ancora il diritto al reintegro nel posto di lavoro. Il punto dell’accordo, dice Acea, riguarda circa 400 dipendenti su 7.800, quelli assunti dopo il Jobs act varato dal governo Renzi nel 2015. Anche sulle future assunzioni, stabilisce l’intesa, non si applicheranno le nuove norme, ma le precedenti, cioè la legge Fornero del 2012 che introdusse una prima stretta sul diritto al reintegro, sostituendolo con l’indennizzo nei licenziamenti economici e in una parte di quelli disciplinari. In Acea si osserva che in cambio di questa concessione l’azienda ha ottenuto più flessibilità per utilizzare il personale durante le emergenze (tipo la siccità della scorsa estate) invece di ricorrere ad appalti esterni. Il testo dice che una apposita intesa sarà raggiunta entro aprile. Inoltre, si prevede che le future assunzioni avverranno con un sottoinquadramento di due livelli per i primi due anni e di uno per il terzo anno. Infine l’azienda ricorrerà all’isopensione prevista dalla Fornero, cioè la possibilità di mandare a proprie spese e su base volontaria i dipendenti in pensione fino a 7 anni prima. L’intesa dice una nota Acea «è funzionale allo sviluppo del piano industriale».
FONTE: Enrico Marro, CORRIERE DELLA SERA[1]
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