Anche la Honeywell di Atessa delocalizza in Slovacchia

by Serena Giannico | 21 Febbraio 2018 10:52

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ATESSA (CHIETI). Segnato il destino dei lavoratori della Honeywell di Atessa (Ch). La multinazionale americana dei turbo ha deciso definitivamente per la delocalizzazione. Clonando i codici delle produzioni effettuate in Abruzzo, ha, in questi anni, realizzato una fabbrica fotocopia in Slovacchia. Ed è stata irremovibile: a nulla sono valsi mesi di trattative al ministero dello Sviluppo economico e di proteste.

L’AZIENDA, qualche giorno fa, nell’ultimo incontro al Mise, ha confermato che lo stabilimento della Val di Sangro sarà smantellato anche se ne ha posticipato la chiusura. Honeywell, al tavolo a Roma, imponendo le proprie condizioni, ha anche sottoscritto un accordo che riguarda incentivi e avvio di un percorso che porti alla riconversione del sito. «Siamo riusciti a trovare una soluzione – attacca il segretario nazionale Fim, Ferdinando Uliano – che porterà ad affrontare positivamente sul piano sociale questa pesante e drammatica vertenza». Che va avanti da 8 mesi e che ha visto i circa 400 lavoratori attuare 60 giorni di sciopero consecutivi.

«NELLO SPECIFICO – viene evidenziato da Uilm, Fiom e Fim – abbiamo impegnato l’azienda ad evitare i licenziamenti fissati per il prossimo 2 aprile, predisponendo il mantenimento di parte dell’attività e l’utilizzo della cassa integrazione straordinaria fino al febbraio 2019. Durante questo periodo e anche successivamente, Honeywell, attraverso un advisor, sarà coinvolta nel piano di reindustrializzazione e metterà a disposizione gratuitamente lo stabilimento, di 13mila metri quadrati, per iniziative imprenditoriali che tornino ad impiegare almeno il 30% degli attuali dipendenti». Inoltre verrà riconosciuto un incentivo ai lavoratori. «Esprimiamo un parere moderatamente positivo per un’intesa che, seppur difficile e sofferta, – dichiara Davide Labbrozzi, Fiom Chieti – prevede elementi favorevoli per i lavoratori e per i possibili processi di reinsediamento. Si parla comunque di cessazione dell’attività, ma abbiamo limitato i danni».

«SPERIAMO – affermano Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, responsabile del settore auto, e Nicola Manzi, segretario Uilm Chieti-Pescara – che la disponibilità a concedere a titolo gratuito l’immobile a soggetti che vorranno riconvertirlo, possa davvero costituire una opportunità per il futuro. Tuttavia – sottolineano – resta l’amarezza per una chiusura che non si è riusciti ad evitare e che ha dimostrato quanto debole sia diventata l’Italia, giacché nulla hanno potuto le prese di posizione del Governo». «Accordo che è uno specchietto per le allodole vista la vicinanza delle elezioni. Un emerito schiaffo in faccia – commenta Davide Di Giulio, uno dei dipendenti -. Alla fine ci ritroveremo comunque a spasso. Passato il voto del 4 marzo, finiremo nel dimenticatoio, come tutte le industrie che non esistono più. Morale della favola, i soldi che noi versiamo all’Europa servono per finanziare aziende che spariscono dal nostro Paese per riaprire, grazie a quei fondi, altrove, ma sempre dentro l’Ue». Mentre smembra il sito di Atessa, che per anni è stato il fiore all’occhiello del gruppo, Honeywell infatti annuncia un investimento di 32,3 milioni di euro con 130 nuovi occupati a Presov, nella Slovacchia orientale, che diventa così il secondo polo produttivo mondiale di turbosoffianti per motori diesel. Honeywell inoltre prevede che la percentuale dei motori con il turbo passerà dal 36 al 47 per cento entro il 2010.

NESSUNA CRISI all’orizzonte, quindi, anzi. L’anno scorso i ricavi della fabbrica di Presov sono cresciuti del 53 per cento, arrivando al 13,3 milioni e l’utile netto conseguito è stato pari a 0,8 milioni. «Una parte di questo investimento – denuncia il deputato di Articolo 1 – Mdp Gianni Melilla – è a carico dello Stato slovacco e può configurarsi anche come “aiuto di Stato” espressamente vietato dalla normativa europea. La fabbrica di Presov attualmente occupa 1.100 lavoratori, pagati con salari molto più bassi di quelli italiani. Nacque nel 2012 con un sostegno del Governo di 19 milioni. La Slovacchia per il suo sviluppo industriale riceve ingenti finanziamenti dalla Unione Europea, messi a disposizione dai grandi Paesi e l’Italia è uno dei più importanti donatori. Siamo alla beffa. Questa vicenda – aggiunge – è emblematica delle storture delle politiche industriali dell’Unione europea e della ignavia del governo italiano».

FONTE: Serena Giannico, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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