L’ONG Oxfam sotto attacco, il presidente rimette il mandato

L’ONG Oxfam sotto attacco, il presidente rimette il mandato

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LONDRA. Il tracollo di Oxfam, da faro della beneficienza occidentale a bieco sfruttatore di quei deboli che dovrebbe tutelare e difendere, continua inesorabile, trascinando nel fango l’intero settore. Dopo le dimissioni della vice presidente Penny Lawrence, accettate lunedì, a poco è servita la contrizione mediatica del numero uno Mark Goldring, a sua volta sull’orlo delle dimissioni. È appena emerso che fosse perfettamente al corrente della pratica, da parte di dirigenti e funzionari dell’organizzazione non governativa, di estorcere/comprare sesso ad Haiti nel post-terremoto del 2010. Se effettivamente sapeva e ha scelto di non far nulla, come il resto dei vertici, il suo futuro come amministratore delegato appare segnato. Goldring, che per ora si è limitato a rimettere il proprio mandato nelle mani del consiglio di amministrazione, dovrà comparire presto davanti a una commissione parlamentare per giustificare il proprio operato. Ma in luoghi prostrati dalla miseria e dalle catastrofi le ong dovrebbero combattere la prostituzione, non esserne utenti, e la reputazione di Oxfam appare ormai irreparabilmente compromessa.

Mentre continuano a emergere rivelazioni di episodi analoghi, diventa sempre più chiaro che la direzione avrebbe avuto tutto il tempo e i modi per intervenire: la responsabile per la tutela Helen Evans, davanti ai microfoni di Channel 4, ha ammesso ieri di aver sollevato la questione ripetutamente perché fosse affrontata, ma senza esito. Evans ha parlato inoltre di «Una donna costretta a fare sesso in una situazione di emergenza umanitaria da un soccorritore, un altro caso in cui una donna è stata costretta a concedersi in cambio di aiuti e un terzo caso in cui un membro dello staff era stato radiato per abusi sessuali senza nasconderlo». Emerge gradualmente un quadro di lassismo nei confronti di un problema tanto dilagante da essere quasi considerato prassi, diffuso anche nello staff interno e perfino nei numerosi – e ben noti – negozi Oxfam di usato britannici, dove alcuni giovani volontari hanno denunciato di aver subito molestie.

I fondi, pubblici e privati, che Oxfam ha sempre ricevuto copiosi, sono più che mai in bilico. La Charity Commission, organismo governativo responsabile dei rapporti con le Ong e a sua volta sotto accusa per non aver indagato con il necessario rigore l’endemico flusso di abusi, ha aperto (tardivamente) un’inchiesta sulle rivelazioni che inchioderebbero il direttore delle operazioni di Haiti, Roland van Hauwermeiren e membri del suo staff, che mitigavano abitualmente il peso della propria missione con festini sessual-ricreativi. L’esito dell’inchiesta potrebbe anche portare alla sospensione di alcuni membri del trust come al congelamento di conti bancari.

Benché abbia dichiarato di aver già in passato rivisto drasticamente le procedure di controllo al fine di estirpare del tutto episodi simili, sarà difficile risalire la china. Ne approfittano nobilmente figure come Jacob Rees-Mogg, caricaturale signorotto di campagna e capofila della destra nazionalista come successore di Theresa May, che si è fatto latore di una petizione a Westminster per l’eliminazione dal budget di spesa dell’intera voce aiuti umanitari. Il governo ha annunciato che imporrà alle ong una maggiore trasparenza sulle proprie procedure interne e si aspetta assicurazioni formali in questo senso entro la fine della settimana. La decisione di tagliare i fondi non sarà presa con leggerezza, ma è facile aspettarsi che, qualora emergano altre rivelazioni simili, sarà presa senza colpo ferire. I Tories al governo non sono mai stati entusiasti del samaritanesimo internazionale delle ong – territorio tradizionalmente di targa Labour – e questa è una ghiotta occasione per porvi fine. Quando poi l’unione Europea chiudesse i propri rubinetti – Bruxelles dà a Oxford una trentina di milioni di Euro, appena sotto il contributo del governo britannico – la lunga storia di Oxfam potrebbe arrivare al capolinea.

FONTE: Leonardo Clausi, IL MANIFESTO



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