«Il fascismo è morto per sempre». Marco Minniti come Facta nel 1922

«Il fascismo è morto per sempre». Marco Minniti come Facta nel 1922

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I fatti di Reggio Calabria del 1972 videro la risposta coraggiosa dei sindacati metalmeccanici di Trentin, Carniti e Benvenuto in piazza contro le bombe nere

«Il fascismo è morto per sempre» sostiene il ministro degli interni. Mercoledì scorso, per Marco Minniti, ci avrebbe pensato il suo ministero dell’interno a impedire che la manifestazione antifascista di Macerata si facesse. Per fortuna alla fine il governo Gentiloni ha autorizzato tale manifestazione.

Minniti avrebbe dovuto ricordare che il 22 ottobre 1972, un suo predecessore, Mariano Rumor, l’allora ministro democristiano degli interni, consentì la più grande manifestazione antifascista nella nera Reggio Calabria: Minniti è nato proprio a Reggio Calabria, allora aveva 16 anni e si sarebbe iscritto alla Fgci.

Purtroppo oggi non si è ispirato a Rumor. E tantomeno si è ispirato al Pci del 1972. Minniti sembra incorrere nell’errore del presidente del consiglio Luigi Facta nell’ottobre 1922.

Il neofascismo oggi si ripropone per due ragioni.

In primo luogo lo Stato non garantisce il pieno rispetto della legalità costituzionale; il governo Monti e i successivi governi del Pd varano politiche di austerità alle quali si oppongono solo le destre razziste. E così l’operaio impoverito, l’esodato, lo sfrattato o il disoccupato votano a destra perché considerano il centrosinistra complice dell’austerità.

La memoria del 1900 dovrebbe aiutare su tre nodi.

1) DOPO IL 1945, la determinazione antifascista di Pci, Psi e Pri e il rispetto della Costituzione da parte della Dc hanno fermato il neofascismo. Non l’ignavia, bensì il coraggio ha fermato il neofascismo.

Ecco un celebre esempio. Dopo le prime elezioni regionali del 1970 il governo nazionale avrebbe voluto nominare Catanzaro capoluogo della regione Calabria. Al contrario i reggini volevano la loro città capoluogo.

Dall’agosto 1972 il sindacalista della Cisnal, Ciccio Franco, guidò a Reggio Calabria la rivolta neofascista del “boia chi molla”, rivolta che ambiva a rappresentare gli emarginati da destra. Squadristi fascisti assaltarono sezioni del Pci, del Psi e la Camera del Lavoro. Nel contempo il Fronte Nazionale, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale presero parte ai cosiddetti “moti di Reggio Calabria”: il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro una bomba fece deragliare il treno “Freccia del Sud” e morirono 6 persone.

Il 4 febbraio 1971 venne lanciata una bomba contro un corteo antifascista a Catanzaro. Malgrado le bombe e il terrore fascista fossero ben più pericolosi del nazista Luca Traini oggi, Claudio Truffi, leader degli edili Cgil, Bruno Trentin, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto, alla guida dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil, organizzarono due cose a Reggio Calabria: una Conferenza sul Mezzogiorno e una grande manifestazione di solidarietà al fianco dei lavoratori calabresi il 22 ottobre del 1972.

I neofascisti provarono ad impedire ai manifestanti di arrivare a Reggio Calabria: nella sola notte tra il 21 e il 22 ottobre 1972 otto bombe furono poste sui treni che portavano i metalmeccanici da tutta Italia a Reggio Calabria.

Cgil, Cisl e Uil non ebbero paura. Oltre 40000 manifestarono a Reggio Calabria. Giovanna Marini immortalò il coraggio degli operai e degli edili nella sua celebre canzone “I treni per Reggio Calabria”. Oggi cosa rimane di quel coraggio?

2) NEL 1922 UN’IGNAVIA analoga a quella attuale e la complicità della monarchia portarono il fascismo al potere. Di fronte a Mussolini che organizzava la marcia su Roma, il presidente del consiglio Luigi Facta molto tardivamente nella notte del 27-28 ottobre 1922 stilò e proclamò lo Stato d’assedio.

Secondo lo storico Aldo Mola, autore del saggio Mussolini a pieni voti? Da Facta al Duce, la mattina del 28 ottobre, Facta, a colloquio con il re Vittorio Emanuele III, esordì con le seguenti parole: «Mi creda, maestà, basterebbero quattro cannonate a farli scappare come lepri».

Il re si rifiutò di firmare lo Stato d’assedio e chiese al Generale Diaz, Capo di Stato Maggiore, se l’esercito sarebbe rimasto fedele alla corona in caso di repressione delle camicie nere. Diaz rispose al re così: «L’esercito farà il suo dovere, come sempre, ma è meglio non metterlo alla prova».

Al contrario, qualora l’esercito avesse bloccato la Marcia su Roma ci saremmo risparmiati vent’anni di dittatura.

3) IL CONSENSO AL NEOFASCISMO e alle destre razziste ha origine nel neoliberismo.

Oggi l’austerità europea è l’ostetrica di nuovi fascismi come il Trattato di Versailles del 1919: esso, vessando economicamente la Germania dopo la prima guerra mondiale, favorì l’ascesa di Hitler durante la Repubblica di Weimar.

I nazisti prevalsero non tanto per l’esplosione dell’inflazione bensì per l’alta disoccupazione.

Oggi l’austerità dei vincoli Ue di bilancio in Italia produce esodati (riforma Fornero) disoccupati e precari dei voucher: costoro, i colpiti dalla crisi, ritenendo il centrosinistra corresponsabile dell’austerità, voteranno Salvini e Meloni.

L’austerità morde anche in Germania.

Analogamente, chi guadagna 450 euro al mese con i minijobs non vota più la Spd di Schultz perché ricorda che i minijobs sono stati ideati dall’ex manager Wolkswagen Peter Hartz e varati dall’ex cancelliere socialdemocratico Schroeder.

Nel 2018 la situazione si incrudelirà per poche semplici ragioni.

L’addendum della Bce di ottobre impone indirettamente alle banche italiane la svendita dei loro crediti deteriorati ai fondi avvoltoio; essi compreranno aziende in crisi e faranno licenziamenti; rileveranno mutui non pagati, acquisiranno le case su cui insistevano i mutui e sfratteranno i morosi. Quindi aumenteranno sfratti e licenziamenti.

Nel contempo il Presidente della Bundesbank Weidmann chiede alle banche italiane di svendere i loro Btp, i titoli di Stato italiani, e comprare Bund, i titoli di Stato tedeschi.

Tale operazione farà aumentare lo spread Btp-Bund e i tassi di interesse sul nostro debito e imporrà nuovi tagli alla spesa pubblica. Infine i tedeschi vogliono trasformare il Meccanismo Europeo di Stabilità, l’ultimo strumento Salva-Stati, in Fondo monetario europeo affidandolo ad un teutone.

Non si fidano della Commissione europea considerata troppo flessibile.

Il Fondo monetario europeo sarà il definitivo cavallo di Troia della Troika in Italia.

Le manovre di finanza pubblica saranno risibili e l’intervento dello Stato azzerato. Se le classi dirigenti di sinistra accettano tutto ciò e lasciano la lotta contro l’austerità alle destre si candidano alla scomparsa.

E spalancano le porte al neofascismo.

FONTE: Carlo Freccero, Andrea Del Monaco, IL MANIFESTO



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